Frank Williams se n’è andato, la notizia è stata diffusa ieri dalla sua famiglia ed unanime è giunto il cordoglio di tutto il mondo della F1. Il suo curriculum sportivo è stato già sviscerato ovunque e, di certo, lo conoscete. Il fulcro e la motivazione di questo suo ricordo vuole essere la sua cifra di uomo, non comunque separabile dalla sua avventura nel motorsport.
Sir Frank è stato una fusione armoniosa e letale di forza e grazia. Quel giovane magro, atletico, dai luminosi occhi cerulei e i modi gentili e garbati portava dentro un feroce fuoco di determinazione e caparbietà. Sarà ciò che lo condurrà a ripetuti trionfi nella massima serie, consolidando uno strapotere della propria scuderia che marchierà indelebilmente un’era. Le immagini delle vittorie e del dominio, figlio di un cruciale sodalizio tecnico con Patrick Head, sono ammantate di eternità e care ad ogni appassionato di F1.
Eppure, dietro c’erano anni di pesanti sconfitte e travagli economici, attraversati con la furia di una cieca fede in un sogno che, per molto tempo, apparve follia visionaria. Dal niente è partito Frank, valicando guadi velenosi per poi arrivare a prendersi tutto. Mai ha rinnegato o sminuito la storia dei propri iniziali insuccessi e delle umili condizioni in cui sono stati vissuti, anzi: l’orgoglio e la vera immortale vittoria è stata arrivare all’apice iniziando dal gradino più basso.
Una parabola di vita che il suo opposto ha torturato più di una volta e in maniera profonda. La morte, sì. Quella che Frank ha dovuto affrontare in modo indiretto, subendo il lutto per due suoi piloti. Prima l’amico Piers Courage nel 1970 a Zandvoort (Olanda) e poi, 24 anni dopo, con Ayrton Senna ad Imola durante il GP di San Marino. Due incubi, due prove terribili che lo segnarono nel profondo. Ancora oggi, quando parlava di Ayrton la sua sofferenza era evidente: le parole più trascinate, l’eloquio spezzato, l’espressione dolente come colto da un dolore tangibile.
Nel mezzo delle due tragedie, l’assalto diretto della nera signora che prova a carpirlo nel marzo del 1976 in Francia con un terribile incidente stradale nel tratto fra il Paul Ricard e l’aeroporto di Nizza. Frank ce la farà miracolosamente ma pagando un prezzo immane, la tetraplegia. Immobile e totalmente dipendente a vita, lui: amante della corsa e vero atleta con il valore della forma fisica da sempre.
Ma niente di tutto ciò lo ha fermato: piegato e piagato, ha serbato dentro il peso tristemente non rimediabile delle proprie croci, avendo l’incredibile ardire di alzare lo sguardo azzurro e gentile per guardare oltre.
I veri grandi della F1, i suoi padri fondatori, sono stati così: padroni di una visione esclusiva e incrollabile, di un credo per gli altri illogico e dissennato, da nutrire, curare e rimettere in piedi ogni volta, costi quel che costi. Sì, perché il venturo successo per loro, anche nei frangenti più disperati, era una certezza: limite di stolti e pavidi non vederlo, la questione era solo quando sarebbe sopraggiunto, il discrimine non mollare.
Ed è questo che deve restare di Sir Frank Williams più dei 16 titoli mondiali vinti (7 piloti, 9 costruttori): la spinta di un amore così fagocitante ed assoluto, da essere linfa più forte di un corpo rotto che costringe ad una cruda e crudele routine quotidiana e di drammi, prove e lutti. Il dono di guardare oltre. Con grazia e forza, appunto.
Foto: Williams F1 Team