Formula 1

Hamilton come Senna: la storia che si ripete

Questo articolo prende spunto da una certa narrazione che nelle ultime settimane ha contraddistinto il dibattito sulla F1. Soprattutto nel mondo dei social networtk. Lo scritto in questione non ha alcuna pretesa: non vuole accusare chi ha certe legittime idee né vuole scagionare o difendere chi ha avuto quegli atteggiamenti che hanno fatto storcere il naso a molti. Questa riflessione, criticabile o apprezzabile come lo è un qualsiasi parere personale senza rivendicazioni oggettivanti, ha lo scopo di mostrare un altro punto di vista. O almeno vuole provare a farlo. Si tenterà di render manifesto ciò che dovrebbe già esserlo: l’uomo ha modi esclusivi e peculiari di reagire a date avversità. Non tutti, insomma, rispondono alla medesima maniera ad uno stimolo. Positivo o negativo che esso sia.

Il mondo Mercedes non ha assorbito in maniera serena le decisioni prese nelle ultime, calde, fasi del GP di Abu Dhabi dal direttore di gara Michael Masi che si è rintanato in un mutismo forse più discutibile del suo operato. La sensazione, nel team anglo-tedesco, che una mano ben visibile abbia riscritto le sorti di un campionato archiviato, sigillato ed infiocchettato è stata netta. Tanto da minacciare un ricorso poi abortito per una possibile (e non confermata) mediazione con i vertici della F1. Tanto da giungere a non presentarsi alla cerimonia che ha insignito Max Verstappen del titolo di campione del mondo 2021.

La scuderia di Brackely si è limitata a spedire James Allison a ritirare la coppa dell’ottavo Titolo Costruttori consecutivo mentre ha concordato con Lewis Hamilton l’assenza dello stesso nelle rituale premiazione che spetta a chi ha ottenuto l’iride. Una mossa discussa e andata di traverso a FIA e Liberty Media che potrebbe riservare ulteriori e sgradevoli soprese (leggi qui l’approfondimento regolamentare) e che è seguita a giorni di silenzio da parte del vicecampione del mondo. Una riflessione che dura ancora e la cui fine non è stata comunicata.

Lewis Hamilton (Mercedes AMG F1 Team)

Ed è su questi punti che la critica si è scatenata accusando il mondo Mercedes di comportamento antisportivo e di un’altra serie di “carinerie” difficilmente ripetibili e riportabili in un’agorà rispettabile quale è Formula Uno Analisi Tecnica. Ma l’atteggiamento avuto dalla scuderia, prima, e del pilota, poi, è davvero un inedito nel mondo della F1? Il comportamento ora biasimato è stato in altre circostanze compreso data l’anomalia decisionale percepita dai protagonisti?

E’ la storia a venirci incontro. Il nastro si riavvolge fino al 22 Ottobre 1989. Il teatro è il circuito di Suzuka. I protagonisti sono Alain Prost e Ayrton Senna. “Magic“, già al sabato, mette le cose in chiaro con una pole position da urlo: il distacco sul francese, che si accomoda in prima fila, è di 1,730 secondi. Un abisso. Ma nella notte italiana le cose si ribaltano repentinamente: Ayrton parte male (non una novità in quel campionato) e il transalpino lo brucia prendendosi la testa della corsa.

E’ dopo la sosta ai box che scatta qualcosa nel brasiliano che inscenò un recupero poderoso che lo portò a ringhiare nell’estrattore delle vettura gemella. Il resto è storia: Senna mosse il suo attacco alla Casio Triangle. I due si toccarono, con Prost che non fece nulla per lasciarsi sfilare in sicurezza. La McLaren del francese si piantò: gara finita. Quella del paulista fu invece in grado di proseguire sfruttando una spinta dei commissari e soprattutto attraversando la via di fuga della chicane. Senna, che in quel momento vedeva il titolo svanire, si precipitò ai box per sostituire il muso danneggiato e si gettò alla disperata rincorsa di Alessandro Nannini che nel frattempo si mise a comandare le operazioni.

Ayrton Senna e Alain Prost (McLaren Honda) subito dopo lo scontro alla Casio Triangle nel GP del Giappone 1989

Al passaggio 51 il sorpasso agevole nello stesso punto in cui c’era stato l’incidente con Prost. Il pilota italiano, correttissimo nell’occasione, nulla potette nei confronti di una McLaren inarrivabile nel passo gara. Senna transitò per primo sul traguardo laureandosi campione del mondo. Per molto poco perché fu squalificato per aver tratto vantaggio dalla spinta dei commissari e per essere rientrato in pista dalla via di fuga della chicane senza percorrerla. Un’interpretazione che apparve forzata sin da subito e che generò una ridda di polemiche ed accuse che a distanza di oltre 30 anni sono ancora vive ed irrisolte. Il trionfo, quindi, fu concesso a Nannini che colse a tavolino il primo e unico successo in carriera. Ma cosa più importante, Prost si laureò campione del mondo.

Le reazioni di Senna e della McLaren che rimase orfana del pilota transalpino – che nel frattempo andò ad accasarsi in Ferrari – furono dure. Per certi versi assimilabili, con i dovuti distinguo, al caso di stretta attualità che vede protagonisti Hamilton e Mercedes. L’incidente fratricida tra Prost e Senna e la successiva squalifica del brasiliano crearono uno strascico di polemiche ed un clima di accesissima tensione che si protrasse per tutto l’inverno che precedette il campionato 1990.

“Magic” si chiuse in un silenzio tombale rintanandosi nella sua San Paolo del Brasile; McLaren fece ricorso contro le decisioni prese dai commissari e che regalarono l’alloro iridato a Prost. L’appello fu rigettato dalla FIA presieduta da Jean-Marie Balestre che era ritenuto un grande amico de “Il Professore“. L’ente di Place de la Concorde, ancora, definì Senna Pericoloso per la sicurezza degli altri piloti“. La nota alludeva ad altri episodi controversi che avevano visto come protagonista il brasiliano.

Ayrton Senna, McLaren

Ulteriore beffa arrivò da una multa di 100.000 dollari che l’autorità sportiva comminò al paulista. La reazione fu virulenta: Senna accusò la Federazione Internazionale di aver manipolato l’esito del campionato (parole non nuove che ricordano molto quelle che Hamilton ha proferito in un team radio che ha preceduto il restart di Abu Dhabi, nda). La cosa ebbe una conseguenza clamorosa: il ritiro della Superlicenza poi riassegnata poco prima dell’inizio della stagione 1990.

La storia, apparentemente, si ripete in una sorta di anaciclosi di polibiana memoria. Il team che protesta e si agita. Toto Wolff che accusa i gestori, al pari di Ron Dennis che non distese il clima durante l’intera pausa invernale. Il campione che si ritira dalle scene pubbliche senza pronunziar verbo, le istituzioni del motorsport messe in stato d’accusa da chi avrebbe subito il torto. Tifosi ed osservatori che dicotomizzano le rispettive posizioni creando un clima di scontro e di reciproche invettive.

Cliché che si alimentano e si ripresentano dopo anni con dinamiche molto simili. Hamilton e Senna uniti nella stessa reazione ad una percepita ingiustizia. Hamilton e Senna che non hanno visto vincere le proprie ragioni. Il brasiliano che tornò all’attività nonostante il disgusto provato. Hamilton che, al di là di certe opinioni (leggi qui), farà altrettanto dopo aver assorbito il colpo. Analogie, similitudini, somiglianze che spiegano che quanto successo due settimane fa non è un inedito assoluto nella storia della F1.

Lewis Hamilton (Mercedes AMG F1) appena uscito sconfitto dal duello con Max Verstappen al GP di Abu Dhabi 2021

Il passato ci viene in soccorso e ci spiega come certe prese di posizione categoriche di questi giorni andrebbero quanto meno ammorbidite. L’accettazione di un verdetto controverso non è mai semplice. E’ necessario un processo più lungo, un cammino di consapevolezza e maturazione che afferisce all’umana incapacità di gestire determinate dinamiche. Questo non significa che le scelte di Toto Wolff e di Lewis Hamilton siano “il” modello“. Questa vicenda, semplicemente, narra che non si dovrebbe mai condannare un comportamento valutandolo in base alle passioni o alle pulsioni personali.

Dopo quel discusso 1989, i fatti sono arcinoti, Senna ritornò in pista che più convinto che mai. Vinse due titoli di fila e si prese la sua vendetta sportiva su Alain Prost. Stesso teatro nipponico, stessa curva, epilogo diverso: Ayrton in cima al mondo, Alain a recriminare. La nemesi che presenta il conto nella maniera più feroce.

Non chiediamo o invochiamo scontri rusticani o fuori dall’alveo regolamentare, ci basterà che il pilota più vincente di sempre ritorni a calare la visiera ed a fare ciò che gli riesce meglio: correre, duellare e provare a vincere rinnovando un duello entusiasmante con Verstappen o con qualsiasi altro professionista delle quattro ruote che avrà il mezzo tecnico per rivendicare il Mondiale.

F1-Autore: Diego Catalano – @diegocat1977

Foto: Mercedes AMG F1, F1, McLaren

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  • A differenza di Senna, ad Hamilton non si può imputare alcun errore o irregolarità, ha fatto tutto con perfezione chirurgica, la partenza l ha sbagliata Vestarppen. L unica irregolarità l ha commessa la direzione di gara che non ha fatto sfilare le vetture doppiate e fatto rientrare al safety il giro successivo allo sdoppiamento. Ma questo ne Hamilton né la Mercedes potevano prevederlo.

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Pubblicato da
Diego Catalano