L’epilogo del Mondiale di F1 2021 ha lasciato una sensazione che potrebbe essere fallace. L’idea imperante è che anche nel campionato che prenderà il via nel mese di marzo con il GP del Bahrain saranno Red Bull e Mercedes a spartirsi la torta. Non che la cosa sia improbabile. Si tratta, infatti, di due scuderie ricche, piene zeppe di risorse e che hanno dominato negli ultimi dodici anni lasciando alla concorrenza poco più che briciole.
Chi vince, è una vecchia legge non scritta del sport, parte sempre con i favori del pronostico. Ma, da qualche tempo, il regolamento tecnico della F1 prevede una sorta di balance of performance che premia chi in classifica costruttori è più attardato.
I migliori, insomma, vedranno ridursi sensibilmente le ore disponibili per lavorare sia al CFD che in galleria del vento. Una condizione di per sé limitante ma che potrebbe rappresentare un vero e proprio ostacolo quando ci troviamo in una fase di riscrittura complessiva dei principi che guidano le scelte aerodinamiche che i progettisti dovranno prendere.
La novità regolamentari hanno iniziato a produrre i propri effetti nella stagione archiviatasi con la vittoria di Max Verstappen. La Federazione Internazionale ha giustificato il “BOP” spiegando che si è reso necessario per controllare ulteriormente le spese in era di budget cap. Il vero – e mal celato – motivo di questa introduzione è da ricondurre alla volontà di appiattire quanto più possibile i valori delle vetture in griglia.
Dal primo giugno – ossia da quando la prescrizione regolamentare è entrata in corso di validità – al 31 dicembre Red Bull ha subito i maggiori effetti negativi derivanti dall’essere prima in classifica costruttori in quel momento. Le ore di lavoro a disposizione per gli ingegneri di Milton Keynes sono state, infatti, 360. Esattamente dieci in meno della Mercedes che dopo il Paul Ricard era seconda in graduatoria. Ferrari, che era quarta alle spalle della McLaren, ha potuto contare su ben 390 ore, il 97,5% del totale. Questo stato di cose si ripeterà nel 2022 in base ai conseguimenti sportivi ottenuti l’anno scorso.
Una condizione, questa, che genera qualche preoccupazione nei top team. Mercedes, nello specifico, teme il ritorno di fiamma di Maranello che avrà più tempo per approntare il modello 2022. Dopo aver subito un indiretto colpo dal prolungamento dell’accordo tra Red Bull e Honda che dà più forza e stabilità ai rivali degli ultimi lustri (leggi qui l’approfondimento), a Brackley credono che la Ferrari possa seriamente tornare in cima alla categoria.
“Dobbiamo necessariamente pensare che saranno nel gruppo dei migliori il prossimo anno. Questo perché – ha riferito Toto Wolff a RacingNews365 – hanno avuto la possibilità di poter lavorare per più tempo allo sviluppo aerodinamico. Maranello è una grande realtà, hanno tutte le risorse necessarie per primeggiare e, di conseguenza, restano nel nostro mirino. Così come anche altri team“.
La Ferrari, dunque, avrà più tempo, in un contesto di mutazione regolamentare, per poter intervenire soprattutto sullo sviluppo in corsa della vettura. Un aspetto sottolineato anche dal direttore sportivo Laurent Mekies (leggi qui). Questo è un vantaggio innegabile nell’economia di un campionato, specie nell’ipotesi in cui qualche team dovesse partire con un handicap derivante da una cattiva interpretazioni del novello testo regolamentare.
Ogni scuderia, in questa fase, è sicura di aver lavorato al meglio delle proprie possibilità. Ma non sapere quale possa essere il livello di crescita delle squadre avversarie non fa dormire sonni tranquilli a nessuno. Nemmeno a chi, come Mercedes, è stata in grado di vincere otto titoli costruttori consecutivi proprio dopo un massiccio mutamento normativo.
F1-Autore: Diego Catalano– @diegocat1977
Foto: F1, Ferrari
Vedi commenti
Ci ha penserà Binotto a favorire gli avversari.