C’è stato un momento in cui Liberty Media ha deciso di vendere davvero sua la F1. E non ci riferiamo alla fase in cui il colosso dell’intrattenimento guidato da Greg Maffei per conte del proprietario John C. Malone ha deciso di scendere in campo con un’offerta irrinunciabile fatta al vecchio patron, Mr. Bernie Ecclestone. Alludiamo a quel momento in cui la proprietà americana ha stabilito di spezzare la tradizione tecnica consolidatasi negli ultimi anni introducendo un regolamento che renderà – o dovrebbe rendere – il tutto meno prevedibile, più aperto, con una scala valoriale non definita e soprattutto cangiante durante lo stesso campionato.
Operazione assai ardua, un tentativo in corso che potrebbe funzionare ma che potrebbe anche rivelarsi una gran bella bolla di sapone: colorata quando investita dalla luce, sinuosa, ipnotica… e fragile. Maledettamente fragile, destinata a durare troppo poco per godere appieno della sua bellezza. Ciò non vuol dire che gli sforzi profusi dai tecnici che hanno lavorato al testo di riferimento siano già da bocciare. Ma inizia a serpeggiare anche all’intero di alcuni team la preoccupazione che tanto sia fatto per non far nulla di nuovo.
La F1 sta per (ri)entrare nell’era delle vetture ad effetto suolo. Sebbene i regolamenti siano sostanzialmente stati concepiti per avvicinare sensibilmente i valori in campo, questi dovrebbero (?) produrre il positivo effetto secondario che si realizza nella facilitazione dei sorpassi. Cosa che deve offrire la possibilità ai piloti di seguire i loro rivali molto più da vicino di prima.
Un obiettivo di non semplice realizzazione per conseguire il quale la F1 dovrà necessariamente abbandonare la dipendenza dal carico aerodinamico creato dalle ali anteriori e posteriori. Lo scopo dichiarato è quello di permettere alle monoposto di generare più prestazioni incanalando l’aria attraverso i tunnel di Venturi sotto l’auto. Una vettura meno sensibile alle scie genera dei benefici correlati come la riduzione dello slittamento laterale e la susseguente riduzione del surriscaldamento degli pneumatici.
Si è fatto un gran parlare su quelli che saranno gli effetti di questi cambiamenti sui tempi sul giro. Quando furono svelati i primi render in una videoconferenza in cui presenziarono l’allora n°1 di Liberty Media Chase Carey, Ross Brawn e l’ex presidente della FIA, Jean Todt, si stimò che i tempi potessero aumentare parecchio, individuando una media di 5-7 secondi tenendo ovviamente in considerazione le lunghezze e le specifiche dei singoli circuiti.
Ma le squadre imparano molto in fretta e progrediscono altrettanto rapidamente massimizzando i singoli dettagli regolamentari. Un processo evolutivo che ha consentito agli ingegneri di fare passi da gigante fino a produrre simulazioni che parlano di un distacco medio ridotto a circa mezzo secondo rispetto ai tempi prodotti dalla F1 2021.
Se i tempi sul giro saranno simili o quasi (ipotesi da verificare in pista), diverso sarà il modo con cui si otterranno. Vetture a effetto suolo basate su ruote da diciotto pollici rilasceranno feeling di guida diametralmente opposti a quelli offerti da macchine con un’aerodinamica superiore più sviluppata che poggiava su gomme a spalla più alta che avevano una capacità ammortizzante intrinseca più elevata.
Alcuni piloti hanno fatto sapere, dopo intense sessioni al simulatore, che le sensazioni di guida non sono poi così eccitanti. La monoposto sembra essere costantemente fuori assetto e si riscontra una certa difficoltà nell’handling reso del tutto peculiare dalle nuove caratteristiche. Probabilmente è questione di abitudine e di adattamento ad una situazione inedita dopo anni in cui le vettura avevano fatto tali progressi da sembrare che girassero sui binari.
Queste negative sensazioni emergerebbero soprattutto quando si simula il comportamento dinamico di una vettura in scia. Ecco che risorgono i timori su un corpus normativo inefficace. Se la macchina che segue continua risentire degli scarti aerodinamici come è possibile restare incollati anche nelle curve medio-veloci? Chi ha scritto le norme ha “venduto” un’idea: monoposto incollate le une alle altre anche in tratti iconici come lo snake di Silverstone piuttosto che di Suzuka. Così potrebbe non essere.
La difficoltà nel condurre una monoposto in configurazione 2022 è stata ammessa anche da Nicholas Tombazis, uno dei responsabili tecnici della FIA e tra gli ideatori della rivoluzione che entrerà in vigore in questa stagione sportiva.
“I team avevano sviluppato le prestazioni delle macchine concentrandosi nelle curva puntando sulla guidabilità e della stabilità. Hanno fatto ciò lavorando molto intensamente al simulatore. Hanno anche operato parecchio sul versante dell’aerodinamica per assicurarsi che la vettura non subisse rapidi cambi di caratteristiche in curva rispetto all’anno precedente. Cosa che avrebbero turbato il pilota nell’approcciarsi alla guida. Secondo me le nuove regole rendono un po’ più difficile il pilotaggio. Quindi penso che le vetture saranno un po’ più complesse da guidare. Il che, credo, sia una buona cosa”.
Non lo sarà per chi fisicamente deve portare il veicolo al limite. E la difficoltà suddetta potrebbe appunto offrire vetture nervose e poco avvezze allo star vicine tra esse. Cosa che sconfesserebbe i programmi di FIA e di Liberty Media. Le squadre, di colpo, si sono trovate a fronteggiare una condizione che ha fatto loro mancare i punti di forza che avevano sviluppato per anni, quegli espedienti aerodinamici che in sostanza avevano affinato maggiormente: flusso d’aria dall’ala anteriore ai bargeboard e flusso che passa sotto il fondo scocca.
Ancora Tombazis: “In precedenza, i tecnici avevano spinto al massimo dello sviluppo sull’ala anteriore e sull’area del bargeboard modulando con molta attenzione i vari vortici e il modo in cui l’aria si muoveva in quelle zone. Tutto ciò, ora, è più limitato“.
Questo giro di vite, secondo l’ingegnere ex Benetton e Ferrari, si riverbererà positivamente sullo spettacolo: “Penso che sia una buona cosa per l’abilità dei piloti che la macchina non sia così prevedibile. Credo che sarà potenzialmente più difficile da guidare perché potrebbero non essere così raffinati in alcune delle caratteristiche“.
Le parole di Tombazis non fugano i dubbi sull’efficacia del nuovo testo normativo. Da elementi raccolti dalla nostra redazione presso alcuni team di F1 risulta che per l’anno prossimo ci siano grandi dubbi sul fatto che le regole possano effettivamente funzionare. Sono i dati che emergono dai CFD a spiegarlo. Tutte le scuderie, è parere condiviso da vari ingegneri aerodinamici, avranno una curva di sviluppo molto pronunciata ed è concreto il rischio che potrebbe verificarsi quella condizione dalla quale i decisori volevano rifuggire: avere un dislivello prestazione molto ampio tra i competitor.
I regolamenti danno ben poco spazio alla fantasia dei progettisti. Leggendoli ci si avvede che sono molto molto restrittivi, che circostanziano nello specifico dove e come operare in diverse aree di sviluppo della vettura. Questo elemento, secondo la nostra fonte interna, potrebbe creare quello scenario nel quale uno o più team si avvantaggiano rispetto agli altri che invece potrebbero faticare a recuperare prestazione in un così piccolo spazio di manovra che il testo consente.
E’ il regolamento stesso ad essere stato impostato non benissimo. Ci risulta che, diverse scuderie, lo ritengano confusionario già nella stesura perché ha continui rimandi alla parte finale dello stesso in cui risiedono precisazioni ulteriori probabilmente figlie di integrazioni successive. E’ un corpus di difficile consultazione, per essere sbrigativi. Ma è un problema che gli esperti dei team supereranno di certo.
Si desume, ed è bene ribadirlo, che i margini operativi per i progettisti saranno veramente molto limitati. In ogni caso la verità è che l’aerodinamica dipende molto dai dettagli. Quindi, per quanto le vetture saranno molti simili tra esse (e questo è quasi un dogma), anche differenze apparentemente di poco conto avranno effetti sensibili sui tempi. Da qui i timori di grandi gap di performance cui alludevamo poc’anzi.
Dal punto di vista meccanico le divergenze dovrebbero essere meno accentuate rispetto a quanto osservato fino al 2021. Molto del grip dipende dalle gomme e quelle sono uguali per tutti. Quindi avrà vantaggio chi ne capirà meglio utilizzo e finestra termica.
Ovviamente sarà importante il discorso del molleggio delle macchine perché gli pneumatici da 18 pollici saranno più rigidi e offriranno meno flessione. La cosa comporterà che gli ammortizzatori lavoreranno diversamente e più massicciamente rispetto all’anno scorso poiché dovranno sostituire l’effetto assorbimento che una gomma dalla spalla più alta normalmente garantisce. Le sospensioni diventeranno ancora più centrali nella ricerca del giusto set-up e nella definizione del corretto carico aerodinamico a seconda dell’assetto scelto.
Attraverso il quadro presentato possiamo ritenere come aleggino seri dubbi che la “Nuova F1” possa realmente andare incontro ai desideri e alle necessità di spettacolarizzazione pretese da Liberty Media. Il mondiale 2021, seppur chiusosi tra mille polemiche, è stata una stagione dal tasso adrenalinico elevatissimo, una della più combattute si sempre. Con qualche aggiustamento tecnico si poteva pensare di limitare ulteriormente i distacchi tra i protagonisti. Un processo che probabilmente si sarebbe sviluppato con naturalezza anche grazie ai tetti di spesa e al balance of performance già operativi.
La riscrittura totale delle regole tecniche potrebbe, almeno stando alle nostre fonti, riacutizzare le distanze tra i vari protagonisti in un contesto di guida che fa tutt’altro che sublimare i sorpassi. Tant’è che la FIA è dovuta ricorrere nuovamente al DRS. Che tutto ci sembra fuorché uno strumento innovativo.
Foto: Formula Uno