Formula 1

Un asse americano per sostituire i capitali russi in F1?

Le tensioni internazionali non possono non riverberarsi sul mondo della F1. Specie se questo ha interessi in quella Russia che con un atto condannabile e sprezzante dei più elementari principi del diritto internazionale ha spezzato la sovranità di uno stato terzo ledendo la sua legittima domestic jurisdidiction. Il primo atto formale del teatro della crisi, nel nostro sport, è stata la “cancellazione” (attenzione alle virgolette) del GP di Russia che si sarebbe dovuto tenere a settembre. Anche in questa circostanza, però, il Circus non è sembrato molto chiaro poiché il comunicato ufficiale allude al momento attuale e sembra una sorta di maldestro tentativo di prendere tempo per attendere il succedersi degli eventi.

Posizione netta che invece ha preso Sebastian Vettel affermando che lui, nel Paese di Putin, non metterà piede per correre. Visione da uomo con schiena dritta che chi scrive condivide pienamente. Per necessità si è dovuta schierare anche la Haas che grazie i capitali russi, pur essendo di proprietà americana, mette le ruote in pista. Il colosso delle risorse minerarie Uralkali è infatti il principale finanziatore della scuderia. Il magnate che detiene il colosso delle risorse minerarie di cognome fa Mazepin. Ed è il padre di Nikita che, cosa che non scandalizza nessuno, il sedile della vettura bianca se l’è letteralmente comprato.

I Mazepin a colloquio con Vladimir Putin

Dmitry Mazepin, non più di due giorni fa, era in riunione con Vladimir Puntin e con altri oligarchi russi pesantemente colpiti dalle ritorsioni occidentali. Attacchi non fisici ma ai beni, alle proprietà, ai flussi finanziari… Ai portafogli insomma. Una situazione che ha immediatamente messo in allarme la compagine di Gene Hass che, nella notte tra giovedì e venerdì, ha staccato dai torpedoni, dalle vetture e dalle divise ogni riferimento allo sponsor Uralkali che al momento potrebbe non più essere in grado di elargire la pecunia pattuita.

Un colpo pesantissimo per gli americani che ieri hanno affrontato una giornata sterile sul fronte test. Mazepin non ha praticamente girato, Mick Schumacher è andato a singhiozzo. Problemi tecnici che si mescolano con quelli politico-finanziari. Una monoposto per ora non nata benissimo che deve migliorare in un contesto di caos organizzativo senza precedenti. La domanda che ieri aleggiava nel paddock catalano era piuttosto scontata: ce la farà Haas a sostenere le spese per partecipare al campionato 2022? E Nikita Mazepin, la cui posizione è assai traballante, farà salvo il posto di lavoro?

Gene Haas, patron dell’omonimo team

Quesiti ad ora inevasi ma che aprono a più riflessioni. E ad una suggestione che riconduce al nome di Michael Andretti che sta cercando, disperatamente, un varco per accedere a quel salone delle feste che è la F1. Prima della trattativa saltata con la Sauber e prima che facesse richiesta per entrare nel “carrozzone” come undicesimo team, il figlio del campione del mondo 1978 aveva provato la scalata proprio a quella Haas ora nel mezzo del fuoco incrociato. E ci sia perdonata l’immagine bellica che non vuole essere irriverente in questi drammatici giorni per l’Ucraina, l’Europa ed il mondo intero.

L’ex pilota della McLaren ha riferito che prima che provasse ad imbastire una trattativa con Peter Sauber ha fatto “milioni” di tentativi per acquistare la Haas dalle mani del patron Gene che, non più tardi di un paio di anni fa, aveva espresso dubbi sul futuro a lungo termine della sua squadra di F1. Problematiche derivanti non solo da risultati tutt’altro che brillanti, ma anche da una difficoltà a racimolare fondi utili per dare un futuro radioso ad una realtà che annaspa in maniera preoccupante – e con poche prospettive – nei bassifondi della classifica.

Lo sponsor Urlakali che campeggiava sulla Haas VF22 nel filmig day di Misano

Il legame con la Ferrari, ad ora, non ha portato benefici di sorta sul fronte tecnico. Difficoltà che hanno seguito quelle della Rossa e alle quali si sono sommate quelle finanziarie derivanti anche dal naufragato accordo con Rich Energy che, nel bel mezzo della stagione, fece mancare la liquidità promessa. Da qui la necessità di aprirsi al magnate Mazepin e di trasformare la vettura in una sorta di bandiera russa ambulante.

Viene da sé che, data la crisi improvvisamente acuitasi e stante le riluttanze della FIA e di alcuni team, capeggiati da Toto Wolff, che non vogliono l’ingresso di una nuova realtà che andrebbe parzialmente ad inaridire la fonte di danaro bene distribuita da quell’accordo interno che è il Patto della Concordia, l’affare Andretti-Haas diventi nuovamente una questione all’ordine del giorno. Ma vi sono possibilità che la trattativa abbia qualche sbocco concreto?

Michael Andretti e Ayrton Senna ai tempi della Mclaren

Michael Andretti non ha escluso la riapertura, ma nemmeno si è mostrato troppo ottimista. Si è limitato a spiegare che si potrebbe aspettare una telefonata dall’imprenditore statunitense da sempre nel motorsport. Forse più un desiderio che una notizia. Forse l’unica strada che in questo momento percepisce possa percorrere dopo gli sbarramenti della F1 e il silenzio di Liberty Media che se sta alla finestra in attesa di sviluppi.

Michael è convito che l’ingresso della sua equipe in nella serie porterebbe un incremento sensibile delle entrate e dei profitti. Questo poiché si fa sponsor si un mercato, quello statunitense, che si sta diffondendo a macchia d’olio nella categoria: proprietà americana, sponsor della medesima area geografica e ben tre GP da disputarsi, a breve, sotto l’ombra della bandiera a Stelle e Strisce.

Andretti ha le idee molto chiare sulla cosa e lo ha lasciato intendere con queste parole: “Credo che il mercato degli Stati Uniti non è stato ancora molto sfruttato e penso che ci sia molto da guadagnare qui. Avere un vero team e piloti americani, non uno russo (che bordata!), possa portare molte molte risorse“. Ecco che, in quest’ottica, gli altri contendenti non dovrebbero vedere limitate le risorse da dividersi. Un concetto che non fa una piega ma che al momento è più campato in aria che concreto. E sui soldi la F1 sa essere pragmatica come nient’altro al mondo.

L’ex pilota, quindi, vorrebbe ulteriormente americanizzare la categoria cogliendo la possibilità di estromettere parte della componente russa approfittando anche delle tensioni geopolitiche in corso. Scenari da “risiko” che oggettivamente sembrano un po’ troppo grandi per un manager sportivo. E che non incontrano i favori di un modo, quello della F1, sempre molto attendista e ponderato nel muoversi quando in ballo ci sono i potentati di turno.

Prima di superare quelle che sembrano più che delle semplici staccionate, Andretti dovrebbe risolvere problemi più cogenti: trovare un motorista, ad esempio. E pare che quelli attuali non facciano salti di gioia. Né la Volkswagen, in predicato di scendere in campo, sarebbe entusiasta di associarsi ad un team che ha tante idee ma poca sostanza al momento. Per ora la F1 andrà avanti così com’è ed è possibile che Haas cercherà di uscire dalle sabbie mobili con altre sponsorizzazioni o con il supporto di Liberty Media che potrebbe fare da intermediario nella ricerca di nuovi fondi. La scenario è mutevole ma l’idea che Andretti possa affacciarsi nel paddock a breve o con estrema facilità ci sembra piuttosto remota.


F1-Autore: Diego Catalano – @diegocat1977

Foto: F1, Haas, FIA

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Diego Catalano