Formula 1

Andretti in F1? Una bella suggestione che presenta molte difficoltà

Un tempo l’asse strategico della F1 attraversava l’Europa. Poche erano le gare che si disputavano lontano dal Vecchio Continente che catalizzava a sé attenzioni, sponsorizzazioni e risorse finanziarie. Non che gli altri Paesi non fossero coinvolti nel grande carrozzone, ma il fulcro della categoria aveva confini ben precisi. Negli anni abbiamo assistito ad un riassetto geografico e geopolitico che ha dissolto il vecchio blocco per creare altri centri di gravità sparsi qua e là per il globo.

Negli ultimi decenni del secolo scorso alcune nazioni asiatiche, grazie ad un progressivo sviluppo produttivo, hanno fatto da magnete smuovendo il fulcro del capitalismo industriale verso est. Realtà come Taiwan, Corea del Sud, Singapore, Hong Kong (poi assorbita dalla Cina), MalesiaIndonesiaThailandia e Cina stessa sono divenuti poli d’attrazione per produzioni di massa, a costi contenuti e con specializzazione via via più grande (leggi qui). A queste si stanno recentemente unendo le nazioni riferibili ai detentori dell’oro nero che stanno innaffiando coi loro petroldollari l’intera categoria.

La Mercedes ringrazia la Malesia nel GP del 2017

Non solo. Gli Stati Uniti, che da sempre hanno avuto interessi economici nella serie, hanno preso sempre più potere. E spazio. Inutile dire che l’accelerazione decisiva è arrivata quando Liberty Media ha acquisito il pacchetto azionario della F1 dalla mani di Bernie Ecclestone. Alla presenza della Haas si è dunque unita quella del colosso dell’intrattenimento che ha iniziato a far sentire il suo peso specifico cambiando radicalmente la comunicazione e introducendo elementi tipici del motorsport di marca USA.

Uno sviluppo ancora in corso di svolgimento che, tra le altre cose, ha portato ad avere due gare sul suolo della confederazione americana (Miami ed Austin) e che presto diverranno tre, quando sarà ratificato l’accordo con l’ente che organizza il GP di Las Vegas.

Charles Leclerc in azione ad Austin sulla sua SF21, Gp Austin 2021

Elementi che non fanno altro che confermare due evidenze: che Liberty Media intende spostare il pivot nella terra in cui giacciono le sue attività e che il pubblico americano è sempre più attratto dalle vicende che un tempo appassionavano maggiormente gli spettatori europei.

Viene da sé che in questo contesto altri team “made in USA” vogliano affacciarsi alla F1. Ieri sera, come un fulmine a ciel sereno, Mario Andretti, campione del mondo 1978 a bordo della Lotus 79, ha twittato quanto segue: “Michael (il figlio, ex pilota McLaren, nda) ha fatto domanda alla FIA per schierare un nuovo team di F1 a partire dal 2024. La sua squadra, la Andretti Global, ha le risorse e controlla ogni casella. Sta aspettando la determinazione della FIA“.

l’italo statunitense Mario Andretti, campione del mondo di Formula Uno nella stagione 1978

L’ex compagno di squadra di Ayrton Senna aveva già tentato, un anno di fa, di fare capolino in Formula Uno acquisendo la Sauber. La trattativa andò avanti per mesi e, quando il closing sembrava vicino, l’accordo fallì a causa di quelli che Andretti chiamava problemi di controllo.

In definitiva non si trovò la sintesi su chi, tra il subentrante gruppo americano e la vecchia proprietà riconducibile a Peter Sauber, dovesse fattualmente dirigere la squadra. La “rovina” di una contrattazione estenuante non ha però raffreddato l’interesse di Andretti Jr. che ora ci riprova intraprendendo un altro sentiero se vogliamo più ostico. Ossia chiedendo di accedere come nuova scuderia. Cosa che sposterebbe diversi equilibri.

Diciamolo subito: l’operazione non è semplice e non è detto che vada in porto. Perché? Ci sono i soldi di mezzo. Come sempre. Il regolamento sportivo della F1 prevede che si possa arrivare ad un massimo di 13 team iscritti. Ma non è così automatico superare l’attuale numero di 20 auto in griglia. Le dieci realtà che oggi compongono lo scacchiere del Circus iridato ritengono di aver creato un modello di business molto stabile e decisamente fruttuoso. Per se stessi.

il messaggio dedicato a Kimi Raikkonen dalla scuderia Alfa Romeo Racing

Risulta pertanto complicato immaginare che le altre compagini vedano di buon occhio l’ingresso di un altro attore che deve ingurgitare una cospicua fetta di dividendi regolati da un Patto della Concordia la cui stesura ha rischiato, non più di un anno fa, di far saltare l’intero carrozzone.

Proprio questo documento decisivo per il funzionamento burocratico della F1 stabilisce che ogni nuovo team che voglia affacciarsi alla categoria deve pagare una vera e propria gabella di 200 milioni di dollari. Una bella cifra. Ma si tratta pur sempre di una soluzione unica che nel lungo periodo non copre affatto le risorse che la presenza di un’altra scuderia assorbe.

Ancora, non è detto che questa tassa sia facilmente pagabile dalla Andretti Global che, ad ogni modo, non è riuscita a subentrare in Sauber anche per ragioni meramente fiscali. Ci sarebbero anche motivazioni di carattere logistico da superare. La F1, al di là dei riassetti geografici di cui abbiamo detto, è e resta uno sport con basi produttive radicate in Europa. Quindi è inverosimile che Andretti possa puntare su strutture statunitensi. Sarebbe un altro sbarramento da superare.

Oltre ad un ennesimo di non poco conto: su quale motore contare? Al momento in F1 lo scacchiere è definito: Mercedes fornisce quattro team, Ferrari tre, Honda, tramite Red Bull powertrains, due e Renault che dà i suoi V6 alla controllata Alpine. Proprio la casa della Losanga, per questioni logiche, potrebbe essere il gruppo su cui far affidamento per una fornitura di propulsori. Siamo ovviamente nel campo delle congetture perché al momento non v’è nessuna evidenza.

La bandiera della Volkswagen sventola fuori gli stabilimenti di Wolfsburg

Continuando nelle ipotesi c’è sempre l’opzione Volkswagen che è sempre più prossima ad annunciare la sua discesa in campo con uno dei suoi due marchi sportivi: Porsche o Audi. Ma l’ingresso del colosso tedesco non arriverà prima del 2026, ossia quando le power unit subiranno una semplificazione tecnico-regolamentare che farà superare il contesto normativo attuale che è congelato per quattro anni.

Andretti, dunque, dovrebbe affidarsi ad una motorizzazione-ponte. Sembra comunque inverosimile che una casa ambiziosa come la Volkswagen possa puntare su un team nascente e senza storia e non su una realtà più solida come è Red Bull che, dal 2026, sarà libera dai lacci che ancora la legano alla Honda.

AndrettiF1 è più di una suggestione, è un matrimonio che si sta provando a consumare. Ma sussistono diverse difficoltà che potrebbero pesare sulla buona riuscita. Il progetto è stato presentato alle autorità preposte che lo stanno vagliando con attenzione. Questo è il primo scoglio di un percorso irto di ostacoli che, se arrivasse a buon fine, regalerebbe alla categoria un po’ di varietà dopo anni di grande stabilità. Liberty Media, per ora, è alla finestra. Ma, per interessi geostrategici, potrebbe presto rompere gli indugi facendosi sponsor della trattativa.


F1-Autore: Diego Catalano@diegocat1977

Foto: F1, McLaren, Volkswagen, Mercedes AMG F1, Alfa Romeo

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Pubblicato da
Diego Catalano