E’ tutto pronto al Montmelò. Ancora 24 ore di attesa e poi vedremo i bolidi della nuova era della F1 sfrecciare in pista. Le dieci monoposto si sono svelate orami tutte ed è stato possibile riscontrare che ogni staff ha adottato delle trovate aerodinamiche molto singolari tali da render le loro creature riconoscibili al primo sguardo. Ora bisogna capire quale sarà la filosofia vincente e quale team avrà percorso il sentiero tecnico che porta alla piena efficacia.
I nostri occhi e i nostri teleobiettivi saranno ovviamente puntati sulle monoposto, ma ad essere più curiosi saranno gli stessi protagonisti del Circus che si studieranno in maniera reciproca. Barcellona sarà il set di un enorme film di spionaggio in cui ognuno analizzerà l’altro. Le nuove regole tecniche impongono un cambio strategico immediato. Chi avrà “indovinato” la giusta filosofia diverrà automaticamente il punto di riferimento e verrà letteralmente copiato dai rivali.
Se un progetto non si rivelerà efficace non vedremo i team di F1 proseguire in quella linea di sviluppo per correggerne le problematiche. E’ più plausibile immaginare, di contro, che si cambi radicalmente indirizzo tecnico per spostarsi, laddove consentito, su quei pacchetti che il cronometro va a premiare. Naturalmente non è qualcosa che accadrà nella prima tornata di test. Forse i primi adeguamenti si osserveranno in Bahrain. E’ comunque più verosimile che il processo di adattamento si dipani durante l’arco del mondiale. Ma non con calma.
Le scuderie hanno stanziato ampie fette del budget cap proprio per la spesa tecnica. Anche in quest’ottica va letto il dimezzamento delle qualifiche sprint. I team vivevano nel timore di vedere pesantemente limitate le risorse finanziarie a causa di problematiche – leggasi incidenti e stress delle parti meccaniche – correlate all’avvenimento del sabato pomeriggio. Non ci si può permettere il lusso di distrarre fondi previsti per l’adeguamento tecnologico all’alba di un’era che presenta più incognite che certezze.
A proposito di queste ultime, pare ormai chiara quale sarà la metodologia operativa che le compagini in griglia adopereranno. Ne ha dato conto Mattia Binotto parlandone a margine della presentazione della F1-75 (leggi il focus tecnico sulla Rossa). Uno degli argomenti chiave della stagione 2022 sarà la facoltà di saper “copiare” le soluzioni che altrove si riveleranno vincenti. Il team principal della scuderia del Cavallino Rampante lo ha detto a chiare lettere: “Sarà necessario osservare e persino copiare le buone soluzioni altrui per poi introdurle il più rapidamente possibile“.
Evidenza che spiega come, nelle prime gare del campionato, vedremo un rapidissimo susseguirsi di sviluppi che potrebbero mutare i valori in campo in maniera piuttosto altalenante. E quando diciamo “vedremo” ci riferiamo alla versione letterale del termine. Il nuovo protocollo introdotto pochi giorni fa ha specificato che tutte le novità aerodinamiche dovranno essere messe in vetrina il sabato e dovranno essere spiegate da un delegato tecnico di ogni team (leggi qui). Quindi ci sarà poco da celarsi dietro alla proverbiale cruna dell’ago.
Le osservazioni di Mattia Binotto hanno dato adito a qualche polemica oggettivamente sterile ed evitabile. Il saper copiare, in F1, è un’arte. Una metodologia di lavoro che, se ben applicata, dà frutti maturi e dolcissimi. Adrian Newey è un vero e proprio esegeta di questa filosofia. Quante volte lo abbiamo potuto osservare con la sua cartellina rossa aggirarsi sulla griglia alla ricerca di guizzi e di idee da adeguare alle sue creature? Questa modalità operativa, ossia l’acquisizione di “pezzi” di altre auto e la successiva applicazione sul proprio modello, è ben spiegata nella biografia del geniale tecnico inglese.
Abbiamo anche esempi molto recenti di mutuazione quasi integrale di una monoposto. Lampante è il caso della Racing Point RP20 che mostrava un legame inscindibile con la Mercedes W10 che monopolizzò il mondiale 2019. Andy Green, direttore tecnico Aston Martin, spiegò con chiarezza questa dinamica: “Quello che abbiamo fatto è stato guardare la W10 per cercare di capire perché fosse significativamente più veloce di tutte le altre”.
E poi la formalizzazione della metodologia che ha fatto e farà scuola: “Abbiamo imparato da soli, non siamo ricorsi a scorciatoie per farlo. Abbiamo sviluppato delle soluzioni avendo una vaga idea di quali potessero essere le risposte. E la cosa ha preteso molto sviluppo e molto lavoro di comprensione. In un certo senso è ancora più difficile cercare di capire la macchina altrui piuttosto che partire da un foglio bianco perché a volte le indicazioni che ottieni ti allontanano da quella che credi sia la risposta giusta“.
Non bisogna dunque agitarsi se Binotto ammette con estrema onestà intellettuale che riprodurre i concetti altrui è addirittura una necessità. Tra l’altro, a completare il ragionamento, viviamo un’era in cui il regolamento tecnico consente di adottare intere parti di una vettura su un’altra. L’AT03 progettata da Jody Egginton prende “a prestito” tutto il retrotreno della Red Bull R818. La Williams FW44 avrà più di un elemento comune alla Mercedes W13. La Haas ha un’antenna tecnica a Maranello e, vedendo le immagini della VF22, si percepisce che filosoficamente segue molto da presso la cugina rossa.
La verità è che la F1 si regge sui concetti di copia, di spionaggio, di morbosa osservazione delle altrui intuizioni. Se poi qualcuno preferisce usare termini più morbidi come “ispirazione” è libero di farlo. Ma la sostanza non cambia. Le cose sono sempre andate così e seguiteranno a farlo. Specie quando siamo dinnanzi ad una vera e propria mutazione genetica delle auto che spezzano con un passato tecnico arcinoto.
F1-Autore: Diego Catalano– @diegocat1977
Foto: F1, Mercedes AMG F1, Scuderia Ferrari, Haas F1