F1 – La bellezza del duello Verstappen – Leclerc ha quasi del tutto offuscato le tensioni che il week end del GP dell’Arabia Saudita ha vissuto nella notte tra venerdì e sabato. I fatti sono noti: nel corso della prima sessione di prove libere si è registrata un’esplosione in un deposito di petrolio della SAUDI ARAMCO a circa 20 km dal circuito e a sud-est dell’aeroporto della città.
Si è trattato di un attacco missilistico rivendicato in serata dagli Houthi, gruppo armato sciita dello Yemen supportato dall’Iran e dalla Corea del Nord, in conflitto con l’Arabia Saudita dall’aprile del 2015. Naturalmente ne sono seguite lunghe discussioni sull’opportunità di seguitare nella realizzazione regolare dell’evento che, in un tira e molla durato protrattosi fino a notte fonda, hanno portato al proverbiale “The show must go on“.
Chiaramente la posizione della F1, nel suo insieme, ha fatto discutere. Dubbi di opportunità e di moralità sono stati sollevati da più parti. Accuse spesso pesanti che la proprietà americana di Liberty Media, tramite il suo CEO Stefano Domenicali, che nell’occasione ha giocato un ruolo fondamentale da mediatore, ha rigettato.
La decisione di proseguire nella attività delle categorie motoristiche coinvolte è stata frutto della ponderazione di tanti elementi delicati. Domenicali ritiene, in parole semplici, che il non essersi fermati sia un segnale forte in un processo che può contribuire a normalizzare la situazione critica che vive l’Arabia Saudita.
Quando la F1 ha stabilito di siglare l’accordo col Paese mediorientale, ha spigato il manager italiano, c’era totale contezza dell’esistenza di certe tensioni ataviche: “Non è questione di incognite, si tratta di capire la situazione. Non siamo ciechi – ha spiegato Domenicali – ma non dobbiamo dimenticare una cosa: questo Paese e questo sport stanno facendo un grande passo avanti. Non si può pretendere di cambiare la cultura di più di un millennio in un batter d’occhio“.
Il CEO cerca di osservare i progressi di uno Stato che tutt’ora non eccelle nella tutela delle minoranze e della diversità: “Bisogna vedere le risorse che stanno mettendo in campo per andare avanti. Non dimentichiamo che qualche anno fa le donne non potevano guidare e ora sono in griglia a tifare e guardare lo sport. Stanno cambiando molte leggi per garantire che questo sia possibile. Dobbiamo tenerne conto“.
Il punto di vista del dirigente di certo non normalizza alcune questioni critiche. Il fatto che si sia disputato un Gran Premio in un contesto potenzialmente rischioso è un’evidenza che non può essere sottaciuta. Così come non è possibile credere che l’Arabia Saudita sia alle soglie di una rivoluzione culturale, sociale e politica tramite la quale supererà a breve visioni incompatibili col vivere civile.
Resta quella concezione, condivisibile o meno, secondo cui il motorsport ed altri eventi di richiamo internazionale possano in qualche misura aiutare a sensibilizzare tifosi ed appassionati a certe tematiche che, difficilmente, prenderanno una piega diversa solo perché 20 auto si danno battaglia in pista.
F1-Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1