Formula 1

Hamilton si è smarrito nelle qualifiche del Gp di Jeddah. Ecco perché!

Il Mercedes, nonostante lunghi anni passati a dominare in F1, si sono avvicendate alcune monoposto con un bel “caratterino”. La W08 del 2017, ad esempio, fu una macchina vincente ma bizzosa che riuscì ad avere la meglio su una Ferrari che ad un certo punto prese una strada di sviluppo che condusse in un vicolo cieco.

Il modello successivo, la W09, ebbe bisogno, dopo la pausa estiva, di un massiccio pacchetto d’aggiornamento per presentare il quale fu necessario investire una trentina di milioni. I mozzi forati furono lo specchietto per le allodole che alimentò polemiche sterili, ma gli elementi vincenti erano celati in una sospensione posteriore che riuscì a far spiccare il volo ad una monoposto che divenne a tratti inarrestabile nella seconda metà del campionato.

La W12 che ha trionfato nel Costruttori 2021 ed ha sfiorato il titolo piloti è stata la perfetta rappresentazione di auto riottosa: veloce quando decideva di esserlo, difficile da domare in molte altre circostanze. Tanto che Lewis Hamilton ebbe a definirla una “monster diva” che, una volta compresa (forse un po’ tardi) divenne il punto di riferimento tecnico della categoria.

Lewis Hamilton (Mercedes AMG F1 Team) sfreccia a Interlagos a bordo della sua W12

Le tre monoposto su descritte possedevano un denominatore comune: erano veloci, erano tutto sommato adattabili ad ogni tipo di circuito e soprattutto erano vincenti. La Mercedes W13, la macchina che apre la nuova generazione della F1 per il team anglo-tedesco, è solo indomabile. Estrema, esteticamente aggressiva con quel look da Lockheed F-117 Nighthawk, l’aereo “stealth” per definizione, e lenta. Almeno al momento.

Le difficoltà che sta incontrando sono arcinote. Investono l’aerodinamica incapace di gestire il porpoising ma anche la power unit. Quello che è sempre stato il fiore all’occhiello della Stella a Tre Punte e che ora sembra essersi trasformato in una stampella traballante di un progetto che non riesce a camminare su solide gambe.

Oltra a non spiccare per velocità di punta e per i tempi sul giro, la W13 non si lascia assettare come si deve. Ne sa qualcosa George Russell che, in Bahrain, ha sperimentato un modalità di riscaldamento delle gomme diversa durante gli assalti in Q3 pagandone le conseguenze. Se n’è avveduto anche Lewis Hamilton che a Jeddah ha chiuso con un mesto sedicesimo posto in qualifica dopo che sulla sua vettura, durante le FP3, era stato provato un setup che ha letteralmente mandato in crisi il sette volte campione del mondo che non riusciva a tenere in pista la Freccia d’Argento n°44.

George Russell in pista per il secondo turno di prove libere del GP di Arabia Saudita

Ma cosa è successo sulla monoposto del vicecampione in carica? La Mercedes ha dichiarato di essere andata un po’ troppo oltre con le modifiche all’assetto nell’arco del weekend del Gran Premio dell’Arabia Saudita. Sensazione confermata dallo stesso pilota che ha parlato di setup sbagliato. Gli ingegneri, in accordo col driver, hanno fatto dei tentativi per cercare di cavare del margine cronometrico causando una mancanza fatale di aderenza al retrotreno.

La conferma arriva dai team radio della Q1 in cui il pilota britannico si mostrava quasi esterrefatto del distacco che beccava nel solo T1 da Russell. Un gap quantificabile nell’ordine dei cinque decimi. La via seguita è stata talmente sbagliata che persino un pilota con 16 anni di esperienza in F1 sul groppone si è smarrito quasi del tutto per poi ritrovarsi in gara.

Andrew Shovlin, trackside engineering director della Mercedes, ha ammesso con profonda onestà, nel consueto debriefing post gara, che al momento non sono ancora in grado di capire bene l’auto come accadeva sul finale della scorsa stagione. Attenzione, è molto importante che il tecnico abbia sottolineato che la comprensione della W12 sia arrivata sul finale del campionato.

Un fatto che spiega che in Mercedes sono abituati ad affrontare progetti capricciosi per poi incatenarli durante lo svolgersi dei gran premi. Ed è questa, in effetti, la speranza alla quale si appigliano i piloti per dare un senso ad un mondiale per ora avvolto nell’anonimato.

il britannico Andrew Shovlin, trackside engineering director Mercedes AMG F1

L’ingegnere ha riassunto la metodologia della “Stella” e cosa li ha portati fuori strada: “Esploriamo sempre diversi set-up con Lewis cercando di trovare una direzione che offra prestazioni. Abbiamo trovato una buona direzione da venerdì a sabato che è stato in grado di provare nella terza sessione di prove libere. Siamo andati un po’ più in là nella sessione di qualifiche, ma alla fine era un po’ troppo lontano, quindi fin dall’inizio gli mancava il grip al posteriore“.

Questa dichiarazione spiega con lucidità quali siano le difficoltà correlate che genera una macchina alle prese con alcuni seri problemi. Sperimentare diversi assetti è normalissimo quando si è alla ricerca della massima performance. Meno normale è che ad un certo momento ogni punto di riferimento svanisca senza poter ritrovare la strada maestra con semplici correttivi.

Sia in Bahrain che a Jeddah le qualifiche hanno rappresentato una fase in cui la confusione ha prevalso sulla razionalità. In un periodo critico sarebbe forse più saggio non lanciarsi nella ricerca del proverbiale coniglio nel cilindro “passeggiando”, dunque, su sentieri più noti. I

In Australia dovrebbero debuttare le prime novità di un pacchetto aerodinamico e meccanico che sarà pienamente operativo in più fasi. Sarà cruciale non perdere il punto focale impelagandosi in gineprai tecnici. Mercedes AMG F1 ha bisogno, mai come oggi, di dati certi e leggibili sui quali costruire una rimonta che, volendo essere obiettivi, sembra molto difficile.


F1-Autore: Diego Catalano @diegocat1977

Foto: F1, Mercedes AMG F1

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Diego Catalano