F1. Il cuore esulta, sussulta. Prende il posto delle dita, scrive senza vergogna, finalmente sogna. Lo fa grazie a una Ferrari che mantiene le promesse, dopo un biennio di purgatorio, lo fa per merito di un ragazzo che apre le porte del paradiso. Viso d’angelo, caparbietà da demonio. Charles Leclerc è il pilota che tutti aspettavamo, un nuovo messia in grado di raccontare una parabola vincente. Fa tutto senza strafare, è un ragazzo semplice e solare. Poi in pista vive di eccessi, drogato dalla velocità, innamorato dalla perfezione. Due volti della stessa moneta, un conio unico da collezione.
Melbourne ci accarezza con la sua alba, per noi risveglia la primavera. Notti di sonno leggero, sciolte in un mattino acceso come un diamante. Oppure veglie brave, estasi prolungate, spuntini notturni trasformati in colazioni, arricchite dall’adrenalina, granella viva da spolverare su dolci pronostici. Comunque la si affronti una vigilia, nonostante sia la gara numero tre, indipendentemente dall’esordio mediorientale.
Sappiamo che la Ferrari c’è, che non si tratta del residuo di un sogno. I nostri occhi intorpiditi, le palpebre appesantite, le pupille non ancora pronte per la messa a fuoco, probabilmente credono ancora in un abbaglio, in uno sbaglio collettivo, frutto di speranze mai sopite. Invece è tutto vero. La macchina rossa che ci fa sognare sta là davanti a tutti, incalza e non rincalza, complice un ragazzo che la guida come un capitano navigato.
Il pilota in questione ha ancora ventiquattro anni, un sorriso da adolescente pronto a mostrare fossette, occhi delicati da sublimare al cospetto di labbra dischiuse. Eppure Charles ha fame da vendere, fauci aperte atte a divorare l’avversario, sguardo deciso pronto a folgorare il nemico. Leale, preciso, astuto. Il battito addestrato a dovere, affinché nulla lo possa distogliere dall’obiettivo.
Ciò nonostante infiamma e coinvolge, perché è razionalità e coraggio, dedizione e fuoco sacro. Due anni bui sono serviti a forgiarlo, mai a piegarlo. E ora ogni entusiasmo appare calmierato, come per pudore, o forse per l’attitudine innata a non dissipare una gioia estrema, che va custodita intimamente senza essere sprecata.
Pole, una gara al comando, una sequela infinita di giri veloci. Cannibale alla stregua dei mostri sacri, sibarita nel tagliare il traguardo. Domina e sgomina avversari, complice la malasorte per il nemico designato, che tuttavia non riesce a ruggire e a impensierire. Verstappen e il suo numero uno sciolti come neve al sole nella calura di Melbourne, dissolti nel silenzio di una vettura incapace di dominare, che alterna acuti e singhiozzi strozzati.
Per ora va bene così, occorre risvegliarsi da un incubo, resuscitare il profondo rosso. Ma per il prossimo futuro abbiamo bisogno di Max e della sua Red Bull, affinché la nuova era Ferrari sia un dominio e non una dittatura. Perché la Rossa faccia di nuovo paura, pur senza annichilire. Servono anche la complicità di Sir Lewis e del principino Russell, è necessaria la caparbia offensiva di Perez, la coriacea caratura di Sainz, la perentorietà di qualche outsider.
Charles non ha bisogno di una monotonia monocroma, poiché ha tutti i colori necessari per affermarsi senza aiuti dalla sorte. Come dice Vettel: “Tutti quanti ci accorgemmo immediatamente che il suo era un talento speciale”. Il quattro volte campione del mondo ha solo parole di elogio nei confronti del suo ex compagno: “Charles mi ha battuto meritatamente, senza se e senza ma.” Sebastian, come sempre, si conferma schietto, generoso e obiettivo, per cui possiamo credere a ogni sua singola parola.
Oggi Leclerc ha confermato le attese, a dispetto di chi lo voleva un fuoco di paglia, ha dissolto i dubbi, ha spento le incertezze. Ha saputo vincere e convincere, ma soprattutto trainare: Il popolo rosso verso un sogno insperato, il tifoso disilluso attraverso l’emozione.
Ci ha investiti e travolti, eccitati e sconvolti, con una semplicità disarmante. Il suo sogno, fatto di purezza e dedizione, palpita diretto in noi, colpiti dal suo dardo, innamorati delle sue gesta. Il monegasco è il nostro cupido, capace di rianimare le nostre anime trafitte da anni di dominio delle frecce d’argento.
Foto: F1