Durante la pausa invernale della F1 uno dei temi più gettonati è stato quello relativo al comportamento delle monoposto di nuova generazione. Tante le variabili introdotte dal legislatore che avrebbero dovuto modifica sensibilmente l’approccio alla pista e lo stile di guida. Oggi, dopo sei giorni di test e tre gran premi disputati, cosa si può dire?
Si notano delle differenze sostanziali rispetto a quanto accadeva fino al dicembre del 2021 causate dall’effetto suolo, da cerchi dal diametro maggiorato su cui sono alloggiate gomme a spalla bassa, da sistemi ammortizzanti semplificati in virtù dell’abolizione degli inerter e del ritorno alle più tradizionali molle?
La risposta è chiaramente affermativa. Una tale rivoluzione non poteva non generare dinamiche peculiari ed inedite. Ma bisogna capire la misura della variazione. E se, soprattutto, gli effetti sono positivi e compatibili con gli obiettivi che Liberty Media si era prefissata nel momento in cui ha stabilito di sovvertire il contesto costituito per generare una F1 più spettacolare, più vicina nelle performance dei protagonisti e che permettesse maggiori possibilità d’accesso alla gloria.
Dopo tre round i piloti ritengono che le nuove auto non siano poi così diverse dalle precedenti in termini di feeling offerti. Nelle curve veloci il comportamento è sostanzialmente il medesimo, mentre nei tratti lenti si percepisce una maggiore difficoltà a generare velocità. I cambi di direzioni rapidi sono ad ora la fase in cui le auto presentano più difficoltà.
Le transizioni di forze sono più lente a causa dell’accresciuto peso. Cosa aggravata dal fatto che molte monoposto superano il limite minimo di massa imposto dalla FIA. Sebastian Vettel è stato piuttosto lucido nel definire questa dinamica: “Senti di più il peso che spinge la macchina in punti dove non vuoi che vada“.
La fase in cui si marca la più grande differenza tra il 2021 e il 2022 è nella frenata. Questo perché le monoposto che si reggono aerodinamicamente sui canali Venturi mutano maggiormente, rispetto al passato, le loro caratteristiche in base alla velocità rispetto d’esercizio. Il carico aerodinamico generato sotto la scocca, difatti, dipende molto più dalla velocità rispetto a prima. Questo perché la quota percentuale maggiore di downforce si crea nel sottoscocca e non più nella parte superiore della macchina come si verificava nel recentissimo passato.
Frenando ad alta velocità i conducenti avvertono una grande quantità di spinta verticale. Che, però, crolla molto più di prima a parità di decelerazione. Un bel rompicapo da gestire perché la cosa necessita un approccio molto diverso. E da qui la difficoltà di alcuni pilota ad adattarsi al nuovo contesto. Vedasi, ad esempio, Carlos Sainz e Mick Schumacher che stanno soffrendo rispetto ai proprio compagni di squadra.
I piloti devono quindi modulare diversamente il momento della frenata. All’inizio della stessa devono aggredire con forza ma poi bisogna gestire il momento in cui si rilascia il pedale perché l’effetto suolo tende a calare sensibilmente facendo perdere aderenza e, di conseguenza, capacità di arresto. Staccando troppo in fondo le ruote anteriori si bloccano pertanto è meglio si si anticipa la manovra di una decina di metri. Così si evita il bloccaggio e soprattutto si riesce a posizionare più correttamente la macchina in curva.
La nuova F1 premia chi non è abituato a staccare tardi. Il nuovo stile di guida impone di essere più puliti e “rotondi”. L’obiettivo è quello di arrivare all’apex delle curve quanto più dritti possibile per aprire il gas prima. Questo è il frangente nel quale Sainz sta pagando dazio a Leclerc che aveva uno stile meno aggressivo in frenata sin dall’anno passato. Quando si parla di adattamento ci si riferisce anche e soprattutto a questa dinamica che fa perdere preziosissimi centesimi ai piloti.
Qualche miglioramento le nuove vetture lo offrono quando ci si ritrova in scia. La perdita di carico aerodinamico, in precedenza, era piuttosto elevata. Oggi è minore e la cosa rende il comportamento della macchina che segue più prevedibile. Quindi Liberty Media e la FIA hanno centrato questo obiettivo? Non del tutto a leggere le parole di Kevin Magnussen:
“Se sei a una macchina di distanza da chi è davanti allora seguire le monoposto è molto meglio rispetto a quanto avveniva con la precedente generazione. Ma se la distanza dalla macchina che è davanti è molto più piccola, allora è molto peggio. In pratica perdi deportanza all’anteriore. Nelle prime due gare della stagione non avevo sperimentato un problema del genere (visto poi a Melbourne). Ero proprio attaccato a una monoposto in curva 9 e quando ho frenato ho bloccato entrambe le gomme anteriori ad alta velocità. E non è una cosa normale“.
Questo a conferma del fatto che su certi fondamentali la F1 sia cambiata in maniera piuttosto importante. Da qui un processo di adattamento che non tutti i piloti compiono allo stesso tempo. Per tale ragione stiamo osservando, all’interno di alcuni team, che la forbice prestazionale si è allargata. Una tendenza che dovrebbe limitarsi via via che gli appuntamenti si susseguono.
Foto: F1, Scuderia Ferrari, Mercedes AMG F1