F1. Uno dei tratti distintivi di un campione è il non accontentarsi. In nessuna circostanza. Essere perennemente insoddisfatti è quello stimolo a fare di più, a migliorarsi, a ricercare la perfezione. Max Verstappen è tra questi eterni inappagati. Una mentalità costruita mattone dopo mattone sin da bambino con l’aiuto e la complicità di uno staff che ne segue in maniera certosina la crescita.
A guidare questa equipe di stimolatori troviamo papà Jos, uno che ha negli anni ha usato il bastone e la carota per forgiare un pilota che si è accomodato nell’olimpo del motorsport vincendo il titolo 2021.
Max, dopo il GP di Monaco, ha spezzato una striscia che lo vedeva sempre vincitore ogni volta che il muso della sua Red Bull RB18 attraversava la linea del traguardo. A Montecarlo ha dovuto cedere il passo. La meritatissima vittoria del compagno di squadra è stata accolta con apparente favore. Di certo è stata presa meglio rispetto a quanto fatto dopo le qualifiche in cui, più o meno velatamente, Max addossava le colpe di una seconda fila al collega di muretto che si era schiantato poco prima dell’ingresso del tunnel.
L’ex Benetton, lesa maestà, non le ha mandate a dire dopo l’epilogo di un GP rocambolesco nel quale, ad onor del vero, il pargolo non ha brillato a differenza di quanto fatto nelle altre uscite stagionali. Nel suo solito editoriale post evento il manager si è scagliato anche contro la FIA:
“Sono deluso, mi aspettavo di partire sotto la pioggia. Abbiamo scoperto che la Federazione aveva problemi con le luci di partenza. Ma chi di dovere dovrebbe assicurarsi che ci sia un piano B in situazioni analoghe. Partire dietro la Safety Car toglie adrenalina, soprattutto su un circuito come Monaco. Siamo dei professionisti, certe cose non possono accadere. E nemmeno è possibile che ad ogni incidente ci sia bandiera rossa. Ma anche che le gomme da bagnato abbiano così poco grip“.
Insomma, Verstappen senior ne ha per tutti. Ma i suoi strali non si sono fermati ai dirigenti federali. L’ex pilota dei Paesi Bassi ha puntato la canna del fucile della critica verso Milton Keynes sostenendo, udite udite, che la vettura non sarebbe affine allo stile di guida del figlio. E noi che pensavamo che Adrian Newey avesse cucito un abito sartoriale intorno alle caratteristiche del talento di Hasselt.
“Il terzo posto di Max è stato molto deludente, è stato un weekend difficile per lui. I problemi sono iniziati con la macchina che semplicemente non ha ancora le caratteristiche adatte al suo stile di guida. Max ha troppo poco grip sull’anteriore. E soprattutto a Monaco, con tutte quelle curve corte, serve un’auto che giri molto velocemente. È stato difficile per lui“.
Ma a Montecarlo non è stata solo la RB18 a non funzionare (strano che Perez l’abbia però portata alla vittoria), anche il team ha operato male. Ovviamente sempre secondo un iper protettivo papà Jos: “La Red Bull ha ottenuto un buon risultato. Ma ha fatto poco per aiutare Max a vincere e che è arrivato terzo solo per l’errore della Ferrari alla seconda sosta di Leclerc. È deludente che la strategia della Red Bull sia andata totalmente a favore di Checo e non di chi sta comandando il campionato del mondo“.
“Montare le intermedie – ha arringato l’ex compagno di squadra di Michael Schumacher – non è stato un azzardo: si vedeva dai tempi di Pierre Gasly che era la migliore opzione in quel momento. Avrei preferito che fermassero Max. Così sono stati buttati via dieci punti e abbiamo bisogno di ogni punto. Non dimentichiamo che la Ferrari al momento ha una macchina migliore, soprattutto in qualifica“.
Dall’ultima frase si percepisce che il “cerchio magico” che ruota intorno all’alfiere della Red Bull teme il ritorno della Rossa che, sul fronte delle performance pure, sta facendo la voce grossa. Se non sta capitalizzando è solo per eventi imponderabili. Quando non ci saranno situazioni devianti la F1-75 potrebbe imporre il suo dominio e questa evidenza non fa dormire sonno tranquilli a “Jos the boss” che avrebbe voluto incamerare più punti per allargare la forbice sul monegasco della Ferrari.
Ma sacrificare Perez avrebbe significato per Red Bull regalare la vittoria alla concorrenza. Nell’economia del mondiale di Max sarebbe stato più efficace il trionfo di Sainz con Verstappen secondo, Checo terzo e Charles quarto. Ma non è una condizione realizzabile nemmeno in quella franchigia che lavora esclusivamente per un pilota. E il GP di Spagna ne è la prova lampante ed inconfutabile.
Forse nello staff di Verstappen inizia a serpeggiare una certa inquietudine dovuta dal ritorno di Checo Perez che con la zampata monegasca si è portato a 110 punti in classifica, a sei lunghezze da Leclerc ed a sole sedici dal collega. Un distacco esiguo che fa rivendicare al messicano il diritto di lottare per il campionato. Un qualcosa che nessuno aveva previsto e che di certo cozza con le politiche del team che ha trasformato Verstappen in un totem intorno al quale costruire una religione sportiva.
Di certo non possiamo parlare di problemi gestionali o di crisi del modello Red Bull. Ma chiaramente si avverte qualche scricchiolio alimentato da un fatto oggettivo: se al Montmelò Perez non avesse dovuto regalare la vittoria a Verstappen ora gli sarebbe letteralmente col fiato sul collo. Cosa che cozza con l’ancestrale fame di trionfi che un fuoriclasse come Max ha.
F1 – Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing, Scuderia Ferrari