Formula 1

I top team cercano di arginare la deriva statunitense della F1

La F1 ha dimostrato di aver ripreso quell’interesse forse un po’ sparito negli ultimi anni. Nuovi circuiti, nuovi Costruttori e possibili nuovi team, hanno fatto dei questo sport un punto importante per sentirsi “completi” nel mondo del motorsport. Tra le tante discussioni che i team hanno si trovano ad affrontare, una in particolare sembra creare più dissapori, ovvero quella inerente all’ingresso di una nuova squadra.

Mario Andretti e il figlio Michael, che rappresentano il motorsport oltreoceano, non hanno infatti mai nascosto l’interesse per il Circus. Una possibilità che ad oggi sembra essere molto concreta. Il problema, come spesso accade in F1, è legato ai guadagni che i dieci team attualmente ordenti vedrebbero ridursi.

Toto Wolff si è così proclamato portavoce del pensiero che accomuna altre scuderie, chiudendo le porte in faccia all’ex pilota americano. Una sorta di rifiuto ad una possibile F1 già avviata verso un modello americano che forse su uno sport europeo non veste poi così bene.

Toto Wolff – Team Principal Mercedes AMG F1

F1. Wolff contro Andretti: cosa vorrebbe dire un nuovo team in F1?

Tra i nuovi regolamenti e la questione legata al budget cap, in F1 non sembra esserci tempo per altre discussioni. L’interesse nei confronti del Circus è cresciuto e le proposte di nuovi ingressi ne sono una conferma; non solo molti Paesi del mondo vorrebbero il proprio GP, ma Costruttori e nuovi team sembrano pronti ad unirsi alla ristretta cerchia. L’ingresso di Audi e Porsche arriverà con l’avvento dei nuovi motori, mentre per avere una nuova scuderia bisognerà forse attendere ancora un po’.

Mario e Michael Andretti hanno da tempo confermato l’interesse per il Circus, proponendo di conseguenza un nuovo team oltre ai dieci presenti. Una novità che cambierebbe l’equilibrio attuale e che dunque non trova d’accordo tutti i protagonisti. Dal punto di vista economico significherebbe ricevere meno dentare, visto che quanto sancito dal Patto della Concordia andrebbe ripartito per una squadra in più. Per un team come Alpine rappresenterebbe invece una risorsa, visto che il motorista francese è l’unico a non avere clienti per i motori Renault.

Sulla questione Andretti si è spesso pronunciato Toto Wolff, fattosi portavoce del pensiero che accomuna anche altri. La porta è stata chiusa in faccia senza ripensamenti, quasi brutalmente, creando così una nuova tensione. Andretti non ha infatti apprezzato il trattamento che il team principal Mercedes gli ha riservato.

“Le critiche sono irrispettose, siamo nel motorsport da più tempo di lui. Non ha motivo per guardarci dall’alto in basso. Meritiamo più rispetto”. Parole forti, dure, quelle usate dall’ex pilota per portare avanti la sua battaglia, nonostante il secco no. Un rifiuto che forse, messi da parte i soldi, potrebbe avere come significato il provare a preservare quel poco di Europa che la F1 ancora mostra.

Mario Andretti

F1. Il no ad Andretti è il no ad una F1 troppo americana?

Il mondo dello sport affronta spesso svariate contraddizioni al sui interno e la F1 non è esente da queste vicende. L’esempio maggiore è, con tutta probabilità, quello legato ad uno degli ultimi ingressi in calendario, ovvero il GP dell’Arabia Saudita; un Paese del tutto in contrapposizione con il messaggio “We Race As One” di cui la F1 si fa ambasciatrice. Nell’ultimo periodo il Circus sta però vivendo un altro tipo di battaglia, legata non all’uguaglianza delle persone, ma a un DNA storico che sembra essere meno presente.

L’influenza americana dettata da Liberty Media si fa sempre più forte in uno sport che la storia vuole europeo. Il rifiuto della possibile nuova scuderia Andretti potrebbe infatti nascondere questioni diverse da quella di ricevere meno denaro in futuro. Negli ultimi anno infatti l’America ha avuto una forte crescita nell’interesse della F1, grazie anche alla criticata serie “Drive to Survive”. Troppa Hollywood per una F1 che non ha bisogno di romanzare ed esagerare quanto accade sia dentro che fuori la pista.

George Russell solidissimo quinto dopo essere partito dodicesimo nel GP di Miami 2022

Recentemente anche Max Verstappen ha criticato il modello delle gare americane, che forse appaiono più come uno show che come vere e proprie corse automobilistiche. Nonostante il rispetto, il campione del mondo in carica ha chiarito che le corse come la 500 Miglia di Indianapolis, per lui, “non ne valgono la pena”. Una posizione solida quella presa dal pilota olandese che, come altri, non sente il bisogno di rendere tutto uno spettacolo.

Questi comportamenti, da una parte sembrano voler preservare la natura di uno sport europeo, mentre dall’altra creano contraddizioni con ciò che realmente accade. L’ingresso del GP di Miami e di quello di Las Vegas, che debutterà nel 2023, sono solo le ultime novità a “stelle e strisce”; circuiti nuovi che rischiano di mettere alla porta appuntamenti come il weekend di Monaco o quello sul tracciato di Spa-Francorchamps. Una F1 dunque che vuole preservare la sua natura ma che allo stesso tempo è alla ricerca di un nuovo spettacolo di cui forse non ha davvero bisogno.


F1-Autore: Chiara Zambelli – @chiarafunoat

Foto: F1,

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Pubblicato da
Chiara Zambelli