La F1, col Gran Premio di Gran Bretagna, va in doppia cifra. Silverstone, difatti, è il decimo appuntamento in un calendario che si compone di 22 gare. Siamo praticamente quasi a metà stagione ed i trend sono numericamente abbastanza definiti. Ma sono fotografanti dei valori reali fin qui espressi dalle vetture?
Le crude cifre dicono quanto segue: Red Bull sette vittorie (sei con Max Verstappen, una con Sergio Perez, nda) che valgono 304 punti in classifica; Ferrari ferma a quota due trionfi entrambi ottenuti con Charles Leclerc. Sono 228 i punti nel carniere rosso. La F1-75 ha tagliato vittoriosa il traguardo l’ultima volta in Australia. Sono passati oltre due mesi e sei gare da quel momento. A partire da Imola, la compagine di Milton Keynes ha cannibalizzato letteralmente il podio aprendo un gap importante sulla concorrenza.
Stando così le cose la risposta alla domanda posta in apertura sarebbe semplice: la classifica parla chiaro e descrive lo stato dell’arte. Ma questo sarebbe un riduzionismo che non centra l’obiettivo. Scendendo nello specifico si può osservare come la scuderia del Cavallino Rampante abbia dilapidato, in talune circostanze, un innegabile vantaggio tecnico per errori strategici, topiche di pilotaggio e problemi d’affidabilità di una power unit che, improvvisamente, è “deflagrata” in una serie di defaillance inattese.
Tra Imola, Spagna, Monaco, Baku e Canada non si contano le occasioni e, di conseguenza, i punti persi. Possiamo affermarlo senza timori di smentita: fin qui la Ferrari ha decisamente sottoperformato. E proprio da questa evidenza possono risollevarsi le sorti della scuderia che ha tutto il potenziale per chiudere la distanza della Red Bull. Se inizia però a capitalizzare invece di regalare punti a destra e manca.
La cartina di tornasole di questo spreco perpetuo è data dal gap che la Scuderia ha sulla Mercedes: sono solo 40 le lunghezze di vantaggio sulle due W13. Una distanza esigua che non rappresenta affatto l’enorme differenza tecnico-prestazionale che esiste tra le due vetture. Alle porte del back-to-back che chiude la prima metà di campionato è tempo di darsi una mossa se si crede fermamente, come espresso dallo stesso Leclerc a più riprese, che si possa riportare la corona dei sogni nella sala trofei ubicata negli uffici della provincia modenese.
“Come squadra la Ferrari non sta andando bene come dovrebbe. Questa è la verità. Si può dire che metà delle vittorie della Red Bull sono state regalate dalla Ferrari. La Red Bull ha vinto solo alcune gare per prestazione“. Firmato Juan Pablo Montoya che si è così espresso al portale vegasinsider. Praticamente ciò che abbiamo enunciato in apertura di questo scritto. Milton Keynes fa cose semplici, Maranello si arrovella da sé con scelte ai limiti del suicidio sportivo.
Secondo l’ex campione Cart 1999 nel team del Cavallino Rampante vivono una vera e propria ansia da prestazione che ad un certo punto incatena le ali dei piloti: “La Ferrari ha una macchina veloce, ma la squadra ha paura di sbagliare. Tutti in Ferrari sono in tensione e nessuno vuole sbagliare o essere incolpato: c’è troppa pressione. Vale anche per i meccanici che cercano di essere più veloci e non svitano completamente il dado“. Fotografia impietosa ma eccezionalmente realista.
Montoya fa emergere una verità che non sempre viene evidenziata a dovere: anche se l’affidabilità sta giocando un ruolo nella perdita di terreno rispetto alla Red Bull è l’aspetto gestionale quello che determina i risultati peggiori. Le problematiche occorse alla creatura di David Sanchez, numericamente, sono state tutto sommato equilibrate dalle difficoltà che la RB18 ha avuto in avvio di stagione con i molteplici ritiri di Max Verstappen e di Sergio Perez che, è bene ricordarlo, si è fermato durante il Gp del Canada.
La differenza, in tutta sostanza, la sta facendo il muretto. Se gli strateghi di Milton Keynes capeggiati da Hannah Schmitz non ne sbagliano una (o per meglio dire limitano i danni), l’omologo ferrarista, Inaki Rueda, è spesso nell’occhio del ciclone. Monaco 2022 è stato forse il momento più basso della gestione operativa delle fasi in cui la pista cambiava. Una mancata lettura da parte degli esperti rossi che ha mandato alla malora un possibile 1-2.
“In Ferrari – ha affermato l’ex Williams – continuano a fare brutte chiamate. È dura perché la Red Bull è molto aggressiva con le sua tattiche“. Oltre a ciò ci si mette anche quel pizzico di fortuna che aiuta gli audaci. Ancora Montoya: “Si può dire anche che la Red Bull abbia molta fortuna perché ottiene le Safety Car al momento giusto. Come ad esempio a Monaco con Checo Perez: la Ferrari aveva quattro secondi di vantaggio quando hanno chiamato Charles che li ha persi tra il giro di rientro e il pit-stop. Basterebbe fare stop puliti. Tornare alle origini e fare soste facili leggendo la gara. Non bisogna più aver paura di sbagliare“.
La ricetta è apparentemente semplice. Più difficile è applicare i suggerimenti offerti dal pilota colombiano. Soprattutto perché la pressione sui componenti della squadra italiana, a causa di strategie imprecise e ritiri fatali, è aumentata in maniera esponenziale. Serve un’immediata inversione di tendenza. La “doppietta” Inghilterra-Austria è un vero spartiacque per la Ferrari che deve affacciarsi al successivo GP di Francia con un distacco in drastico ribasso. Altrimenti il titolo rimarrà un miraggio da inseguire l’anno venturo.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari F1