A Silverstone non ha vinto la Ferrari: non è stato un completo trionfo per Carlos Sainz, il primo in F1, non ha prevalso il buonsenso, e forse, sono pericolosamente calate tutte le maschere. Quanto accaduto ieri non ha giustificazioni, neppure se si riguardasse il gran premio almeno un’altra decina di volte, e le spiegazioni fornite dal team principal Mattia Binotto in merito sembrano più che altro il farneticare di chi con atteggiamento robotico tenta di convincere i propri interlocutori attraverso una montagna di frottole.
Una situazione che ha dell’inverosimile, e purtroppo spiace dirlo, ma stavolta bisognerà dare ragione al tifoso occasionale che guarda le gare di F1 con la stessa frequenza con cui Toto Wolff riusciva a mantenere la calma durante gli appuntamenti della scorsa stagione: in un’altra scuderia simili scenari non si sarebbero mai profilati.
Ed anche qualora fosse accaduto, la situazione sarebbe stata gestita in maniera tale da non creare tragedie greche. La Caporetto di Silverstone ha dell’imbarazzante, ed è stata l’ennesima frittata che la Ferrari ha cotto a puntino e servito ai suoi tifosi (da aggiungere alle altre ricette da mal di stomaco, quali Monaco o Baku).
Inutile tentare di consolarsi con la vittoria di Carlos Sainz: non doveva arrivare così. Il madrileno senza dubbio necessitava di sbloccare finalmente la sua stagione densa di ombre più che di luci, ma di certo non in questo modo.
Un fine settimana positivo per lui, da cui esce vincitore (forse a metà, agli occhi di tanti) ed anche poleman “inconsapevole” (visto che è stato lui stesso ad ammettere che non pensava di aver fatto un tempo sensazionale): autore di una partenza discutibile, ha avuto la possibilità di far meglio con un secondo restart causato da quel terrificante crash, da cui per fortuna sia Guanyu Zhou che Alexander Albon sono usciti illesi.
Insomma, sarà stato pure il “Sainz Day”, ma in ottica mondiale c’è ben poco da festeggiare. Ieri in Ferrari si sono comportati come se nella lotta al titolo il primo contendente fosse proprio Carlos: hanno preferito sacrificare chi sta portando avanti la “baracca” a testa alta nonostante tutto, per colui il quale aveva deciso che quella vittoria la voleva a tutti i costi.
Una sveglia di competitività che arriva piuttosto tardi (dopo gare su gare le cui catastrofi inanellate non si contano neppure), ed al momento sbagliato. La verve combattiva mostrata dal numero 55 in questo appuntamento sarebbe servita in tantissime circostanze pregresse, ma a quanto pare il giusto feeling con la F1-75 è sopraggiunto solamente ora.
Proprio a pennello in una gara in cui lo scopo fondamentale era capitalizzare sulle sfortune della RedBull e di Max Verstappen, vittima di un detrito che perforandogli una gomma lo ha costretto ad un imprevisto pit-stop e che di conseguenza lo ha relegato in una posizione più arretrata suo malgrado.
Tale variabile non calcolabile avrebbe dovuto portare gli uomini di rosso vestiti a considerare che Charles avrebbe potuto correre la cosiddetta “gara della vita”, tentando di colmare parzialmente quel gap di 49 punti in cui l’attuale campione del mondo in carica si stava cullando.
E invece no: in regime di safety car consequenziale al ritiro di Esteban Ocon, viene chiamato ai box Carlos mentre Charles continua a girar fuori con delle hard (già abbastanza usurate) che chiaramente al confronto con altre vetture montanti le soft, non avrebbe mai potuto reggere a lungo e portare a casa la vittoria.
E difatti così è stato: Leclerc è stato dato in pasto ad almeno altri 5 piloti che, con gomma rossa fresca, gli hanno “svolazzato” intorno come avvoltoi. In seguito, la spiegazione di Mattia Binotto sarà che le tempistiche non erano idonee per gestire due pit così ravvicinati.
A nulla (se non allo show) è servito il magistrale sorpasso in esterna alla Copse da parte del monegasco sul sette volte campione del mondo: dei frangenti che finiranno negli annali della storia della F1.
Perché lì non si sorpassa, ma a Charles Leclerc questo forse questo sul momento è sfuggito, per cui nonostante quegli pneumatici e l’ala danneggiata ad inizio gara, sbuca da dove nemmeno Sir Lewis in persona poteva aspettarselo, e dipinge un capolavoro storico.
Ma le prodezze dimostrate non sono necessariamente sinonimo di buon piazzamento finale (quella di oggi ne è la lampante dimostrazione), poiché i mondiali si vincono meramente con i punti conquistati sull’asfalto. E quei punti oggi testimoniano una faglia che è sempre lì, che avrebbe potuto restringersi e che invece oggi più che mai brucia.
Come bruciava lo sguardo di Charles nelle interviste post gara: perché Binotto sarà anche andato immediatamente a redarguirlo a dovere per salvare perlomeno la patina di apparenze squarciata da eventuali dichiarazioni sconvenienti, ma i suoi occhi hanno parlato con la stessa rabbia di un’intera tifoseria rossa globale.
Il suo weekend nel complesso non sarà stato dei migliori, ma in gara ha saputo recuperare quanto perduto, nonostante tutto: l’ennesima strategia sbagliata, i giri persi alle spalle del compagno di squadra non in asse con i suoi tempi, l’ala danneggiata. Eppure Charles è riuscito ad avere quella lucidità tale da dichiarare di non voler offuscare la giornata vittoriosa di Carlos, malgrado le circostanze.
Ma questo è un peso troppo grave perché Leclerc possa riuscire a sobbarcarselo da solo; le cose cambieranno, eccome. Come anticipato poco sopra, giù la maschera: basta finzione, basta far credere che non esistano primo/secondo pilota, basta col dire che la Ferrari voleva solo essere competitiva e non lottare per il mondiale, basta con le strategie autolesioniste.
Questo sport è pieno di scuderie in cui viene sancita in maniera più o meno palese una prima guida a scapito dell’altro sedie: Rubens Barichello è forse l’iconico portabandiera della categoria su cui ha fondato un’intera carriera, Valtteri Bottas fino allo scorso anno veniva addirittura definito “maggiordomo”, per non parlare di quando in casa RedBull se le cose non vanno come programmato in favore di Max, si procede direttamente con la retrocessione.
È evidente che in Ferrari bisogna darsi una sveglia soprattutto in tal senso. E qualora la lotta diventasse anche intestina, altro che politically correct e strategie a casaccio: a quel punto lo stesso Carlos farebbe bene a guardarsi le spalle da Charles, e nessuno potrebbe dare torto a quest’ultimo.
Giunti alla quasi metà del mondiale e con un mese di luglio denso di appuntamenti gara (e che si apre già con presupposti pregressi nefasti) è evidente: ad oggi, la Ferrari non merita Charles Leclerc.
Autore: Silvia Napoletano – @silviafunoat
Foto: F1, Scuderia Ferrari, Marco Santini
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Come non essere d'accordo con tutto, Silvia!
Aggiungerei solo una precisazione:
Il muretto Ferrari non merita Charles, il resto della squadra corse ritengo di sì...
Cosa deve ancora accedere perché venga cacciato per lo meno il responsabile delle strategie?
Mi sa che Charles non é abbastanza "cattivo" per questa F1,. Un dito cosi a Lewis, Max, ma anche a Lando o George avrebbe provocato ben altre, giustificate reazioni.
E d'accordo con Vittorio, al minimo fuori Rueda.