Formula 1

F1 2026: la semplificazione ibrida delle PU potrebbe generare nuove problematiche

L’alba della rivoluzione regolamentare a cui stiamo assistendo, caratterizzata dalle nuove monoposto ad effetto suolo e dalla disciplina finanziaria del budget cap, sta parzialmente oscurando la portata del prossimo ordinamento nel comparto motoristico fissato per la stagione di F1 2026.

L’ufficializzazione delle nuove regole sulle power unit sta subendo diversi slittamenti dovuti alla complessità della materia e alle inevitabili divergenze tra i costruttori che derivano dai timori di possibili risvolti secondo cui, il competitor di turno, possa sfruttare un determinato vantaggio tecnologico.

Una delle poche certezze, fortemente sponsorizzata dalla goverance della F1 per favorire l’ingresso del gruppo Volkswagen, sarà l’abbandono della costosa e complessa tecnologia MGU-H utilizzata esclusivamente nella massima categoria del motorsport.

Il propulsore italiano che equipaggia le due Ferrari F1-75

F1 2026: generale semplificazione a parità di potenza erogata

Nelle intenzioni del board della F1 commission, le unità turbo-ibride del futuro dovranno erogare la medesima potenza degli attuali propulsori attraverso un potenziamento del contributo fornito dal motogeneratore MGU-K.

Quest’ultimo non è altro che l’evoluzione del KERS, dispositivo introdotto sulle monoposto di F1 nella stagione 2009, grazie al quale l’energia cinetica prodotta in fase di decelerazione viene trasformata in energia elettrica.

Componenti del sistema KERS sulla Ferrari F60 del 2009

Nel 2009 il KERS garantiva 60 kW (circa 80 CV, nda) e poteva essere utilizzato per circa 6,67 secondi grazie alla sua capacità di 400 kj per giro. Con l’avvento dell’era turbo-ibrida, il sistema di recupero di energia cinetica è stato potenziato e, ad oggi, la componente MGU-K è un sistema da 120 kW, pari a circa 160 CV erogabili durante l’arco di un giro.

Nelle attuali unità turbo-ibride, i due motogeneratori, unitamente all’energy-store, operano in simbiosi in ogni fase. Nei segmenti “full throttle” l’MGU-K trasferisce alle ruote tutta la potenza prodotta dall’MGU-H.

La potenza che fluisce dalla batteria all’MGU-K è vincolata al SOC (State of charge, nda) della batteria, in modo che al di sotto di una determinata soglia di carica dell’energy store venga “tagliata” in automatico la potenza fornita all’MGU-K.

In fase di frenata parte dell’energia cinetica del veicolo recuperata dall’MGU-K è convertita in energia elettrica e consegnata direttamente all’MGU-H per mantenere il gruppo turbocompressore ad una velocità di rotazione impostata mentre la parte eccedente è immagazzinata nella batteria.

In fase di rilascio, dall’energy store viene prelevata l’energia necessaria per mantenere il gruppo turbocompressore ad una velocità di rotazione imposta.

La fase di accelerazione, dopo una fase di rilascio è divisa in due periodi. Nella prima fase, non appena si preme il pedale dell’acceleratore, l’energia viene prelevata dalla batteria per alimentare il gruppo turbocompressore. Una volta raggiunta la velocità di riferimento, l’MGU-H può ricevere energia dal gruppo turbocompressore.

Nella seconda fase, l’MGU-H fornisce energia elettrica direttamente all’MGU-K, che contribuisce ad accelerare il veicolo.

Interazione tra le componenti elettriche della power unit durante le fasi di gara.

La rapida descrizione delle interazioni tra le componenti MGU-K, MGU-H e Energy Store rendono l’idea della complessità delle attuali architetture turbo-ibride.

Tuttavia il target del regolamento tecnico 2026 è altrettanto sfidante, in quanto la sola componente MGU-K dovrà essere in grado di erogare 350 kW (470 CV, nda). Un balzo enorme in termini di apporto fornito dalla componente di recupero di energia cinetica pari quasi al 50% della potenza totale dei futuri propulsori.

F1. PU 2026 e gestione gomme: un problema da risolvere

La coppia motrice, nei motori elettrici, è funzione della corrente elettrica assorbita. L’erogazione è sicuramente più immediata rispetto ad un motore termico. E’ prevedibile che la nuova architettura dei propulsori determini delle condizioni operative completamente diverse per gli pneumatici in relazione alle diverse sollecitazioni e alla diversa erogazione della potenza.

Scenario, questo, simile alla transizione dai motori aspirati alle power unit avvenuta nel 2014 come confermato dal responsabile dell’area motorsport Pirelli, Mario Isola: “È un po’ quello che abbiamo visto nel 2014, quando dal solo motore termico si è passati all’ibrido. Avremo più coppia e dovremo disegnare delle costruzioni adeguate.”

E’ necessario ricordare che, al momento, il costruttore italiano dei pneumatici di Formula 1 ha un contratto di fornitura esclusiva fino al termine della stagione 2024. Pertanto la prossima rivoluzione tecnologica supera di fatto l’impegno ufficiale della casa milanese.

Fattore da non trascurare in quanto potrebbe tornare di stretta attualità un interessamento dei competitor Pirelli che in questi anni hanno accumulato importanti esperienze nel campionato di Formula E, ovvero Michelin e Hankook. La Formula 1 del futuro potrebbe essere terreno di sfida anche tra i grandi costruttori di pneumatici?


Autore e infografiche: Roberto Cecere@robertofunoat

Foto: F1, Pirelli Motorsport

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Roberto Cecere