359. 303. 237. Non stiamo dando numeri a caso. Le cifre si riferisco ai punti ottenuti da Red Bull, Ferrari e Mercedes nel campionato costruttori della F1 2022. Le prime tre compagini hanno scavato un solco sulla concorrenza visto che i primi inseguitori, McLaren e Alpine appaiate al quarto posto, non sfondano il muro delle cento lunghezze.
La cruda fotografia numerica dice che la stagione si sta giocando su una lotta tricefala. In realtà non è così perché Mercedes non è riuscita, in undici gare, a superare il gradino meno nobile del podio. Un bottino magrissimo visto che parliamo di chi, per otto anni, ha apposto il sigillo regio sulla categoria.
Le gare sin qui disputate dicono con chiarezza che sono Milton Keynes e Maranello a spartirsi la torta. Quattro le vittorie per la Rossa, sette per la franchigia austriaca. Mercedes a raccogliere le briciole e che dà l’idea di raggranellare più di quanto la W13 meritasse in termini di velocità pura.
A Brackley devono ringraziare i colleghi motoristi di Brixworth per aver sfornato un V6 d’acciaio temprato che sembra più solido di un’incudine. L’opposto della power unit Ferrari che rischia di rompersi se viene osservata un secondo di troppo. Un pregiato cristallo: stupendo e fragilissimo.
“Penso che il motivo per cui le gare sono diventate meno interessanti è che c’è un divario di prestazioni troppo grande tra le squadre di testa e il resto del gruppo. Se, in gara, Verstappen scompare in lontananza, solo le due Ferrari saranno in grado di seguirlo. Noi della Mercedes siamo nella terra di nessuno“. E ancora: “Ci sono troppi treni DRS. In nessun momento può essere divertente“.
Parole, musica ed esecuzione di Torger Christian Wolff. L’avreste mai detto? Non ce ne voglia il buon Toto, riconosciuto e pluripremiato maestro di dialettica nonché fine provocatore, ma fino all’anno scorso ha mica vissuto su Marte? In otto anni di vittorie al massimo si è visto un duopolio (2017-2018 e 2021). Per il resto i campionati sono stati un affare a due. E quei due avevano la Stella a Tre Punte ben visibile sul petto.
Questo basterebbe per chiudere qua l’articolo derubricando le parole del dirigente viennese a mera – e sterile – provocazione. Ma noi di FormulaUnoAnalisiTecnica amiamo andare oltre la superficie per provare a capire meglio il senso delle cose.
La verità è che Toto Wolff ha ragione. Calmi, dateci il tempo di argomentare. Le critiche eventuali alla fine, solo dopo aver seguito il ragionamento. Che non ha pretese oggettive, beninteso. Wolff solleva una questione interessante che investe le fondamenta filosofiche della rivoluzione tecnica, finanziaria e sportiva voluta da Liberty Media e messa in esecuzione dalla Federazione Internazionale dell’Automobile.
Gli americani, dal momento del loro insediamento, hanno spinto per una una F1 più paritaria, democratica ed imprevedibile. Il budget cap è la prima colonna di questa struttura che aveva bisogno di altri pilastri: balance of performace tecnico (contingentamento delle ore di galleria del vento e delle analisi CFD), congelamento degli sviluppi motoristici e una riscrittura delle norme aerodinamiche che avesse il fine di produrre una generale semplificazione delle monoposto.
In alcuni ambiti gli effetti delle novità si iniziano a vedere: le auto riescono a stare meglio in scia senza subire l’aria sporca. Anche se, probabilmente, si è molto lontani da quanto il board tecnico di Liberty Media aveva teorizzato nei mesi precedenti. Lo spettacolo sembra essere leggermente migliorato anche se è chiara la sensazione che certe gare particolarmente animate siano dipese più dalle caratteristiche di alcuni circuiti che dalle peculiarità intrinseche dei mezzi.
Ciò su cui c’è molto da fare è proprio sulla possibilità di vittoria che la proprietà americana voleva allargare a quanti più competitor possibili. Ad oggi sono quattro i piloti e due le scuderie ad aver ottenuto un trionfo di tappa. Gli altri? Staccatissimi con possibilità di accedere al gradino più alto del podio solo in caso di sconquassi tellurici. Un po’ quello che avvenne con Esteban Ocon in Ungheria, Daniel Ricciardo a Monza e, andando indietro di due anni, con Pierre Gasly. Sempre sul circuito brianzolo che è evidentemente terra di soprese. Citofonare Sebastian Vettel.
Quella di Wolff, quindi, va letta come una provocazione che ha radici concettuali profonde. Chiaramente si tratta della fotografia di questa fase storica. I profondi cambiamenti regolamentari introdotti in F1, per produrre effetti visibili, potrebbero impiegare del tempo.
Quanto? E’ una previsione difficile da fare. Ma è possibile che la serie di provvedimenti messi in cantiere porteranno ad una convergenza prestazionale sempre più marcata. Che oggi non c’è visto che i distacchi tra i primi della classe e il midfield, anche in termini cronometrici, sono siderali.
Se, nel 2025, ultimo anno prima di un altro scossone normativo che stavolta investirà i propulsori, vivremo ancora nel medesimo contesto che si è prodotto nelle prime undici gare del 2022 allora Wolff avrà avuto ragione e sarà stato lungimirante, quasi profetico. Viceversa, dovesse la F1 diventare imprevedibile e più combattuta, quelle di cui discutiamo oggi sarebbero le parole di un dirigente frustrato che osserva impotente due scuderie lottare per la vittoria. Il ragionamento è stato convincente?
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Mercedes AMG F1, Alpine, Scuderia Ferrari F1