La prima parte della stagione di F1 ha evidenziato un fatto: la capacità del team tecnico di Maranello di saper realizzare un progetto aerodinamico tanto originale quanto efficace. Un grande motivo di orgoglio in un settore dove gli ingegneri anglofoni hanno sempre dominato sin dai tempi di Colin Chapman.
Senza dimenticare che le Ferrari più vincenti della storia sono state progettate da ingegneri di scuola britannica quali Harvey Postlethwaite, John Barnard sino ad arrivare al sudafricano di nascita, ma inglese d’azione, Rory Byrne. Anche il reparto motori ha fatto enormi progressi, realizzando un propulsore, il 066/7, capace di annullare in gap con i costruttori di riferimento accumulato durante i mondiali passati.
Il team capitanato da Enrico Gualtieri ha sviluppato probabilmente il miglior propulsore del lotto in termini di potenza. Tuttavia, l’enorme salto prestazionale rispetto al 2021 ha evidenziato una grave fragilità dell’unità turbo-ibrida, incapace di completare la distanza di sette Gran Premi.
Il tempo sarà l’inesorabile giudice dell’operato degli uomini in rosso, speranzosi di aver tracciato il solco per un nuovo ciclo vincente. Nel susseguirsi di gioie e dolori, le noie tecniche non sono state le uniche note negative. Con il senno di poi, nell’economia del campionato della storica modenese, mancano all’appello almeno due vittorie vanificate da scelte strategiche incomprensibili.
Per quanto concerne le operazioni in pista, la seconda parte della stagione dovrà dimostrare che il Cavallino Rampante abbia saputo trarre insegnamento dagli errori del recente passato Con il dovuto rispetto, infatti, derubricare piani tattici completamente asincroni rispetto allo svolgimento della gara a semplici errori di gioventù è ormai una storia che non regge.
Al momento nel team italiano manca l’attitudine alla vittoria nel senso più ampio del termine. D’altronde, nessuna tra le prime linee della squadra tecnica ha vinto un titolo mondiale o lottato per la vittoria finale e questa è una grande debolezza.
Per intenderci, Red Bull che ha conquistato il titolo piloti con Max Verstappen lo scorso anno, ha lo stesso team principal e il medesimo progettista dei quattro titoli consecutivi di Sebstian Vettel. La più grande sorpresa degli ultimi anni, la Brawn GP, aveva al muretto Ross Brawn che di titoli mondiali ne ha vinti 15 tra piloti e costruttori (3 in Benetton, 11 in Ferrari e 2 con il suo team).
Un altro aspetto molto ambiguo è stata la gestione dei piloti. E’ evidente anche ai sassi che la Scuderia Ferrari abbia un pilota fuori dal comune che risponde al nome di Charles Leclerc, probabilmente secondo solo a Max Verstappen sul ritmo gara.
Eppure, nonostante il talento del Principato di Monaco abbia dimostrato di essere una spanna superiore rispetto a Carlos Sainz non si è mai avuta la sensazione che fossero state definite delle gerarchie interne anche quando lo spagnolo era a distanza siderale dal team mate.
Tale sensazione è confermata dalla recente dichiarazione del direttore sportivo della Ferrari, Laurent Mekies: “Se ne parla più all’esterno che all’interno della Ferrari (di gerarchie, nda). Ma più seriamente, siamo sempre stati molto chiari. Il nostro obiettivo è ottenere il miglior risultato per la squadra. La Ferrari viene prima di tutto. Poi, naturalmente, ci sarà un momento in cui dovremo concentrarci di più su un pilota rispetto all’altro se la posizione in campionato lo richiede”.
Forse in Ferrari sfugge che da anni i top team si sono adeguati al mantra di Michael Schumacher che non desiderava avere due galli nel pollaio. Basta scorrere l’albo d’oro del mondiale piloti per constare che la logica della prima e della seconda guida è diventata una pratica standard. L’incandescente duello tra Rosberg ed Hamilton nel 2016 è stata la vera ultima annata in cui due compagni di squadra hanno lottato con il coltello tra i denti.
Ma l’imbarazzante superiorità delle Frecce d’Argento sul resto del gruppo garantiva pari opportunità a Nico e Lewis, che ebbero diversi incontri ravvicinati nel corso della stagione. Successivamente anche la stella a tre punte ha optato per una definizione chiara dei ruoli all’interno del box, con il buon Valterri Bottas a recitare il ruolo di perfetta spalla di Lewis Hamilton.
Il precedente dominio Red Bull era chiaramente sbilanciato in favore di Sebastian Vettel, al punto che Mark Webber al termine del vittorioso gran premio di Silverstone del 2010 nel team radio si rivolse al proprio muretto dicendo testualmente “non male per una seconda guida”.
Purtroppo la Formula 1 impone cinismo e autorevolezza, qualità non prevenute in casa Ferrari. Le pari opportunità, e la libertà di combattere in pista sono lussi che possono concedersi solo team dominanti e la stagione 2022 almeno tecnicamente non ha un chiaro padrone.
Una gestione interna che rischia seriamente di deflagrare se anche in questa stagione Carlos Sainz riuscisse a piazzarsi nuovamente davanti a Charles Leclerc nella classifica piloti. Un importante traguardo per lo spagnolo quanto ininfluente per la Ferrari.
Per Charles sarebbe l’amara constatazione di non vedersi riconosciuto lo status di prima guida nonostante anche in questa stagione abbia dimostrato di essere di una categoria a parte rispetto al pur consistente Carlos Sainz. Nonostante i motori della Formula 1 siano spenti la redazione di FormulaUnoAnalisiTecnica è sempre “full throttle” e vi augura buon ferragosto sempre in nostra compagnia.
Autore: Roberto Cecere – @robertofunoat
Foto: F1, Scuderia Ferrari, Mercedes AMG F1