In F1 esiste una differenza di percezione quasi netta tra ciò che raccontano i numeri e come una gran parte degli appassionati considera la categoria. Facendo un giro per i social, un campione statistico di certo non pienamente probante, si legge una strisciante insoddisfazione per la strada che Liberty Media ha deciso di tracciare. Le Sprint Race sembrano non affascinare, i nuovi circuiti – spesso dei catini semipermanenti caratterizzati da un diffuso anonimato che si realizza in una certa piattezza concettuale – non scaldano i tifosi, le motorizzazioni turbo-ibidre, sulle quali si continua a puntare, non hanno l’appeal dei vecchi e plurifrazionati aspirati.
Si aggiunge anche un castello di norme – che spesso costringono i driver a gestire piuttosto che ad attaccare – a completare un quadro di generale insoddisfazione che dovrebbe riverberarsi in riscontri piuttosto negativi sul fronte dell’audience televisiva e sul numero dei biglietti staccati negli autodromi. Nulla di tutto questo sta succedendo. La F1 gode di ottima salute come i resoconti sciorinati dalla proprietà americana stanno a dimostrare.
Il Covid aveva seriamente messo in difficoltà i team e la stessa Liberty Media che ha dovuto sostenere, con grosse iniezioni di danaro, la normale gestione operativa del carrozzone. Fondamentale è stata l’azione degli sponsor più munifici, tra cui Saudi Aramco, che hanno permesso di oliare gli ingranaggi che, soprattutto nel 2020, hanno seriamente rischiato di gripparsi. Quei tempi sembrano molto lontani visto che la F1 è ripartita di slancio dribblando la pandemia e soprattutto la crisi finanziaria che ne è scaturita e che è stata acuita dal conflitto russo-ucraino che ha fatto schizzare in alto i prezzi dei carburanti, di alcune materie prime e, di conseguenza, di tutta la filiera della logistica integrata.
I numeri del 2022 sono più che incoraggianti. I ricavi, nel lasso di tempo che va da aprile a giugno, hanno visto un aumento del 49% rispetto allo stesso periodo del 2021. La crescita si è avuta sia per un aumento dello share televisivo con relativo incremento dai guadagni per la vendita di spazi pubblicitari, sia per quanto concerne le presenze dal vivo degli spettatori sui diversi circuiti. Segno tangibile che le misure anti-covid adottate dai Paesi in giro per il mondo hanno permesso di organizzare eventi a porte totalmente aperte. Quindi il dato è “drogato” dalle chiusure più o meno parziali cui abbiamo assistito nella stagione in cui Max Verstappen si è laureato campione del mondo.
Il dato confortante arriva dalla capacità che la F1 ha avuto di ripianare i rossi di bilancio. Una perdita operativa di 43 milioni di dollari, infatti, è stata trasformata in un profitto di 49 milioni. Un risultato brillante derivato dalla promozione delle gare e dall’accresciuto ammontare dei compensi generati dai contratti stipulati con gli organizzatori del gran premi. Questo elemento spiega in maniera molto chiara e semplice perché Liberty Media sia alla costante ed incessante ricerca di nuovi teatri che abbiano maggiore facoltà di spesa. Anche così si giustificano le difficoltà di impianti come Paul Ricard e Spa Francorchamps che, nel 2023, potrebbero dire addio al Circus iridato.
Al conseguimento del brillante risultato economico hanno contribuito, come anticipato in precedenza, anche gli introiti dei media che sono altresì aumentati grazie alla crescita dei ricavi da abbonamento a F1TV e all’aumento dei compensi derivanti da accordi contrattuali nuovi. O dai vecchi rimodulati nelle cifre. L’ingresso di nuovi sponsor ha chiaramente migliorato le performance finanziarie riempiendo le casse della F1 dopo un biennio arido e asfittico.
Una situazione contraddittoria perché è innegabilmente che Liberty Media abbia svolto un lavoro eccezionale: l’incremento degli ascolti e dei ricavi è incontrovertibile. I numeri parlano chiaro e non possono essere confutati. Resta però l’insoddisfazione percepita dalla fetta più nostalgica di tifosi che è ben rappresentata da certi addetti ai lavori che non riescono a farsi piacere ciò che la F1 sta diventando.
Probabilmente la cosa deriva da una categoria troppo “business oriented” che, in maniera progressiva ed inesorabile, sta allontanandosi dai propri stilemi concettuali che hanno funzionato per molti anni. L’azione del colosso statunitense dell’intrattenimento dovrà quindi necessariamente essere valutata nella lunga durata poiché servirà del tempo per verificare la risposta sistemica delle azioni intraprese in questi anni. Probabilmente Liberty Media sta “educando” le nuove generazioni di tifosi usando altri strumenti.
Da qui la spinta sui canali social e su un comunicazione più rapida e, se vogliamo, superficiale in cui lo spettacolo vince sui contenuti. Drive to Survive né la plastica rappresentazione. Ad oggi i numeri sono lusinghieri ma c’è il rischio che, negli anni a venire, il paradigma possa andare in affanno perché, in definitiva, l’aspetto centrale della F1 è e resterà la pista. Il contorno tale dovrà rimanere e non si può pretendere di farlo divenire strutturalmente il centro del Circus.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari F1, Mercedes AMG F1 Team, Oracle Red Bull Racing