Il duro colpo che ha rappresentato lo scorso gran premio di Ungheria, ha “virtualmente” sancito la conquista del titolo 2022 per l’attuale campione del mondo in carica Max Verstappen: il divario preesistente con la Scuderia Ferrari F1 è oramai diventato una faglia profonda ben 80 punti, va da sé che per quanta buona volontà ci sia da parte dei piloti, lo scenario che si profila è realmente arduo.
C’è tutta una pausa estiva per dimenticare, o meglio per cercare di convivere con l’amara piega che hanno preso gli eventi, e portare a compimento la seconda metà stagionale quantomeno con dignità.
Inutile andare alla ricerca di vari “perché” o “per come”, la situazione attuale è figlia di una catena di dinamiche sbagliate in cui ognuno ha fatto la sua parte, piloti compresi; certo l’eco potente dell’ultimo dramma è sicuramente la punta dell’iceberg di una situazione mostratasi già cigolante in altri frangenti, sebbene si sia tentato comunque di salvare le apparenze.
Quello che è mancato lo scorso weekend, per quanto il team principal Mattia Binotto si sia fatto scudo di una F1-75 che proprio non andava, è stato sicuramente un solido muretto box con i nervi saldi, dati dalla consapevolezza di chi si stava giocando il tutto per tutto in pochi attimi.
Molto semplice pretendere di avere una doppietta in tasca, altrettanto semplice scivolare nel dramma: d’altronde quando c’è da dimostrare di essere all’altezza del nome che si porta in alto (beh…), in Ferrari si ha invece la sola certezza che è proprio lì che si andrà a scivolare.
Ed è esattamente questo che in casa Red Bull non manca mai: quell’affidabile solidità di ogni parte che compone il team. La RB18 potrà non essere la vettura più indicata nell’adattarsi ad ogni circuito, ma dalla sua ha sicuramente una prima guida, un team principal, un muretto box ed un capo delle strategie, letteralmente magistrali.
Anzi per meglio dire, una “capa” delle strategie: Hannah Schmitz, 37 anni, laureata in ingegneria meccanica a Cambridge, è la chiave vincente alle spalle di ogni trionfo Red Bull.
È proprio lei a prendere quelle drastiche decisioni che in pochi secondi possono far propendere il team verso un’ennesima vittoria o verso una (quando mai) sconfitta. Solida, affidabile, una macchina da guerra nel reggere lo stress: e pensare che il suo clone in Ferrari è Iñaki Rueda…
Insomma, una vera leader in grado di tenere in balance le opinioni di tutti, per poi coniugarle insieme convogliandole verso strategie di successo: “Il nostro è un team molto collaborativo: viene tenuto in considerazione ogni parere e punto di vista.
Non si tratta solamente di numeri o dati forniti dagli ingegneri, anche i piloti stessi hanno le proprie sensazioni, ed è giusto che consideriamo anche questo. Bisogna tenere conto di qualsiasi fattore, discutiamo di qualsiasi cosa, ed anche se in definitiva è lo stratega a prendere l’ultima decisione, è importante analizzare quante più informazioni è possibile”.
Chiaro che dalle sue parole emerga un certo coinvolgimento da parte di ogni settore, fattore che forse potrebbe mancare in casa Ferrari.
Proprio a tal proposito, in merito alla disfatta rossa spiega: “La Ferrari è partita con gomme medie andando in difficoltà perché di conseguenza disponeva solo di dure o morbide, e quindi hanno avuto problemi nel decifrare questa situazione.
Noi invece siamo partiti con un set di morbide e avevamo due set di medie per portare a compimento l’intera gara: le medie si sono rivelate poi le gomme migliori per la vittoria”.
Difatti secondo lei in Ferrari: “Forse volevano cercare di mantenere le posizioni in pista e non si aspettavano che la macchina con quelle gomme potesse essere così lenta come effettivamente poi è stata, perché ogni vettura usa le gomme in modi differenti e reagisce diversamente.
Probabilmente avevano dei dati che li hanno portati a pensare che le hard sarebbero state ok, ma credo siano stati sfortunati”.
Ed in più, precisa: “Guardiamo sempre gli altri team perché il modo in cui reagiscono potrebbe avere un impatto su quale strategia dovremmo fare anche noi stessi… Ma è chiaro che con due medie era una strategia molto difficile per loro”.
Forse un velato modo per portare l’attenzione sul fatto che già dai dati forniti dal team Alpine, si riusciva a comprendere che le hard non sarebbero state performanti come auspicato.
Infine conclude in un modo estremamente politically correct: “Non vorrei dire nulla di male su nessuno in realtà, quel po’ che so è che credo sia facile col senno di poi…”.
Ed invece da dire, ne avrebbe eccome.
F1 Autore: Silvia Napoletano – @silvianap13
Foto: F1, Hannah Schmitz, Oracle Red Bull Racing F1
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Beh, se facciamo uno scambio Rueda-Schmitz siamo ancora in tempo per vincere questo mondiale...