Francamente pare inutile girarci troppo attorno: in F1 l’affidabilità è cruciale. Perentoria, l’affermazione si rifà alle parole di Mattia Binotto, team principal della storica scuderia modenese che, durante un’intervista rilasciata al web magazine Motorsport.com, utilizza la lente di ingrandimento per sottoporre al pensiero comune un tema parecchio importante. Lo scritto odierno è dedicato pertanto al reparto motoristico del Cavallino Rampante, croce e delizia della stagione 2022.
Il salto prestazionale risulta evidente. Ne ha fatta di strada, Ferrari, se con un salto di memoria torniamo al 2020. Campionato nel quale i propulsori azzoppati dalla direttiva emessa ad inizio stagione avevano di fatto limitato fortemente le prestazioni. Già dall’anno successivo, tramite l’introduzione della nuova tecnologia ibrida al Gran Premio di Russia, il nitrito della PU modenese cambiò radicalmente, consentendo un accumulo di energia maggiore e, di conseguenza, un rilascio di potenza più consistente nell’arco della tornata.
Poi, nel 2022, ecco la nuova architettura sull’endotermico che di fatto ha completato un duro lavoro di ristrutturazione. Risultato? L’unità di potenza prodotta a Maranello, presumibilmente, si attesta come l’attuale opera meccanica in F1 più potente se paragonata con il resto dei competitor. Missione compiuta, insomma, dando seguito a tante parole che promettevano un pronto riscatto.
Fattuale: miglior aggettivo non potrebbe descrivere l’impegno profuso concernente l’esito raggiunto sull’unità turbo ibrida italiana. Potenza massima erogabile, dolcezza nel mettere a terra i cavalli disponibili tramite un’elettronica ad hoc, pacco batterie efficiente e recupero di energia massivo tramite i moto generatori. Questi, in estrema sintesi, i punti forti.
Il nuovo corpo normativo ha investito la massima categoria del motorsport. Lo ha fatto in grande stile attraverso un deciso freeze forzato sul motore a combustione interna. Tale provvedimento ha messo i tecnici italiani davanti ad un bivio: la scelta strategica, corroborata dall’inesorabile esigenza di recuperare terreno sugli avversari, ha indirizzato Binotto e compagni verso un chiaro obbiettivo: ottenere la massima performance possibile a discapito di un’ipotetica piccola percentuale legata all’affidabilità non al top.
All’interno del quadro descritto, ovviamente, molteplici certezze erano presenti. Sui banchi prova il V6 italiano ha mostrato segnali di ottima solidità. Così come durante la prima sgambata stagionale nei pre season test a Barcellona, dove il progetto 066/7 non ha creato alcun grattacapo consentendo analisi effettive nell’arco della tre giorni di prove catalane.
I fatidici campanelli di allarme hanno suonato una preoccupante melodia solo in seguito, quando l’acerrima ma corretta lotta al vertice contro Red Bull ha preso corpo. Scartati errori di concezione in fase di disegno, Ferrari ha lavorato per evitare il fatidico “zero” prodotto dai ritiri per problemi meccanici.
Il primo espediente utilizzato per scongiurare tale contesto nocivo ha visto una riduzione di potenza sommata ad una diversa rotazione delle componenti. Successivamente, comprese le deleterie dinamiche (ne abbiamo parlato tramite uno articolo dedicato fruibile a questo link), la GES ha messo al vaglio un’opera di bonifica tecnica ancora in corso.
Tralasciando i consueti disguidi strategici sommati ai passi falsi commessi dai piloti, per contendere ambe due i titoli alla squadra di Milton Keynes serviva, ogni fine settimana, la miglior versione di se. Malgrado le paure legate ai problemi tecnici, quindi, la priorità descritta ha indotto una decisione secondo la quale, le due F1-75, non dovevano patire limitazioni prestazionali alcune.
Opzione coraggiosa basata su di un ragionamento ben preciso: esattamente come in fase di progettazione, mettere davanti la performance a discapito dell’affidabilità sapendo che, in un secondo tempo, tali problemi potevano essere risolti.
La difficile scelta, tuttavia, stride in parte con il ragionamento esposto dall’ingegnere di origine svizzera a capo della Ferrari: “le restrizioni relative alla power unit sulle ore spendibili al banco prova hanno inesorabilmente generato un impatto negativo sul lavoro, limitando fortemente l’attività di risanamento meccanica”
Spingere le prestazioni oltre al consueto piano di affidabilità, pertanto, ha di fatto dato vita a diverse difficoltà. Tuttavia, la congettura finale non deve in automatico colpevolizzare un panorama comunque positivo. Riflettendoci su con una visone di insieme più ampia, di fatti, analizzando l’andamento dei primi tredici round del mondiale 2022 pur considerando i punti persi attribuibili alla scarsa reliability, uno scenario scevro da reiterati equivoci sulla strategia e dalle diverse sviste di pilotaggio riconducibili al mero pilotaggio dei piloti reciterebbe una classifica iridata ben diversa…
Autore: Alessandro Arcari – @berrageiz
Foto: Nicolas Carpentiers – Scuderia Ferrari