L’annuncio in grande stile dell’ingresso di Audi in F1, avvenuto lo scorso weekend in Belgio, certifica l’impegno ufficiale del gruppo Volkswagen nella massima categoria del motorsport a partire dalla stagione 2026. Durante la conferenza stampa del 26 agosto, Markus Duesmann, CEO di AUDI AG, e Oliver Hoffmann, membro del Board per lo sviluppo tecnico di AUDI AG, hanno espresso grande entusiasmo per l’inedita sfida che attende la casa dei quattro anelli.
Fattori determinanti per la partecipazione di Audi alla classe regina sono le nuove regole tecniche che entreranno in vigore tra quattro anni, normative che prevedono un livello superiore di elettrificazione rispetto allo standard odierno e l’utilizzo d’innovativi carburanti sostenibili. L’impegno del colosso tedesco in F1 attraverso “luxury brand” lasciava presupporre un annuncio che contemplasse anche il ritorno del marchio Porsche, dopo i successi conseguiti con McLaren a metà degli anni ottanta.
Dal punto sportivo Audi e Porsche, pur facendo capo al medesimo gigante dell’automotive, hanno programmato un impegno totalmente diverso. Elemento che garantisce una reale contesa sportiva tra costruttori che afferiscono in termini societari al medesimo soggetto.
La casa con sede a Ingolstadt raccoglie l’eredità sportiva della leggendaria Auto Union. Il futuro agonistico in F1 prevede la fornitura delle proprie unità turbo-ibride a team già presenti nel Circus, sommata all’acquisizione della scuderia Sauber, in modo progressivo, nel corso dei prossimi anni.
A conferma di tale scalata, è di questi giorni l’annuncio relativo alla conclusione della partnership Sauber-Alfa Romeo al termine della prossima stagione. L’impegno di Porsche è stato concepito dal top management di Stoccarda non come semplice fornitore dei propulsori turbo- bridi. Nelle scorse settimane sono stati resi pubblici documenti relativi alla creazione di una società dedicata allo sviluppo di propulsori, con la partecipazione paritaria Red Bull/Porsche (clicca qui per approfondire).
Per tipologia di investimento e di impegno sportivo non sorprende che i piani di Porsche non siano necessariamente allineati a quelli di Audi. Tuttavia, da diverse settimane, sono in corso discussioni in merito alla futura organizzazione del sodalizio sopracitato. Risulta evidente che il futuro assetto organizzativo di Red Bull potrebbe essere subordinato a legittime scelte di Porsche, in virtù dell’identica quota di partecipazione societaria dei soggetti in questione.
Per intenderci, il futuro degli attuali vertici della Red Bull Racing/Technology (Horner e Marko in particolare) potrebbe essere incerto, in un contesto in cui Porsche deterrà la metà del pacchetto azionario. A valle di tale “joint venture” il team di Milton Keynes potrebbe cambiare pelle: da squadra con potere analogo da costruttore (Red Bull Powertrains) alla flessibilità di una scuderia indipendente verso un’organizzazione costantemente alla mercé di un consiglio di amministrazione con sede in Germania.
In tutti questi mesi le trattative con Porsche sono state condotte dal grande capo Dietrich Mateschitz, che ha individuato nel sodalizio con la casa di Stoccarda un’occasione imperdibile soprattutto dal punto vista squisitamente finanziario. Il fatto che Mateschitz sia entusiasta di tale accordo è, in primo luogo, un chiaro segnale di una possibile “exit strategy”.
Sulle ceneri del team Jaguar,il magnate delle bevande energetiche ha costruito una tra le squadre più vincenti della storia della F1 ma, a 78 anni, è consapevole che arriverà a breve il momento di cedere il testimone. Quest’ultimo potrebbe essere raccolto dalla quota azionaria thailandese della Red Bull, che acquisirebbe il totale controllo del pacchetto azionario una volta tirati i remi in barca.
Probabilmente, ad oggi, i vertici di Milton Keynes non disdegnerebbero la prosecuzione del rapporto con HRC oltre la data di scadenza contrattuale fissata al 2025. La vincente collaborazione con il colosso nipponico, è assai gradita da Christian Horner e compagni. Un partner silenzioso, mai ingerente e che lascia la ribalta dei successi completamente alla neonata divisione Red Bull Powertrains.
In tal senso un piccolo segnale di insofferenza verso le scelte della proprietà potrebbe essere colto nel podio di Spa-Francorchamps. Molto significativo che a Spa, il team austriaco abbia concesso l’onore di ricevere il premio per i costruttori a Makoto Yoshino della Honda.
Un segno di riconoscenza raramente tributato a un manager esterno all’organigramma Red Bull, da parte di una scuderia sempre molto attenta alla comunicazione anche dal punto di vista subliminale.
Probabilmente nelle intenzioni di Mateschitz un accordo con Porsche è la migliore opzione per garantire un futuro sportivo dalle solide basi economiche, altrimenti legato alle scelte degli eredi in merito al socio Chaleo Yoovidhya, che detiene il 51% delle azioni del gruppo Red Bull GmbH.
L’eventuale disimpegno da parte dell’azionariato thailandese di Red Bull sancirebbe la fine o un enorme ridimensionamento del team austriaco. Nella F1 del prossimo futuro, pertanto, sembra non esserci più spazio anche per i più blasonati “garagisti”, così come venivano etichettate le squadre indipendenti dal Drake.
Autore: Roberto Cecere – @robertofunoat
Foto: Oracle Red Bull Racing