Le tirate qualifiche del Gran Premio d’Olanda di F1 sono state caratterizzare dalla chiusura anticipata delle ostilità a causa dell’errore dei Sergio Perez in curva tredici che ha hanno obbligato la direzione gara all’esposizione della bandiera gialla a una manciata di secondi dalla fine della sessione. Anche in questa prima fase del weekend, il pilota messicano è apparso in difficolta e le prestazioni del suo compagno di squadra ne acuiscono l’entità.
Da molti gran premi, Checo sembra aver smarrito il feeling con la sua monoposto subendo distacchi molto elevati da Max Verstappen sia in qualifica che in gara. Al netto dell’evidente superiorità del campione del mondo in termini di guida, in questa fase della stagione sembra che Perez stia fornendo prestazioni inferiori al proprio talento e al potenziale della monoposto.
E pensare che la stagione 2022 era iniziata nel migliore dei modi. Nei primi round del campionato il distacco in qualifica tra i piloti Red Bull non era stato mai così ridotto, coronato dalla splendida pole nel weekend di Jeddah (prima partenza al palo per il pilota messicano, nda).
Il round nel Principato di Monaco aveva certificato il momento magico di Perez con una perentoria vittoria e il successivo rinnovo contrattuale con Red Bull fino alla stagione 2024. Nel primo terzo dell’annata, Checo era legittimamente considerato tra i candidati al titolo. Tuttavia, specie nel team Red Bull, esistono precisi momenti in cui lo scenario cambia radicalmente, una sorta di sliding doors.
In tal senso il parallelo con la stagione 2018 di Daniel Ricciardo ha diverse affinità con quella di Sergio. Dopo il successo a Montecarlo, secondo stagionale per Daniel, il pilota australiano non riuscì più a salire sul podio a causa di una incredibile sequenza di ritiri e gare sottotono che lo convinsero a cercare fortuna in Renault.
Ebbene anche quest’anno la sliding doors è stata la gara nel Principato di Monaco. A meno di clamorosi colpi di scena, Perez continuerà la sua esperienza in Red Bull. Tuttavia la sua frustrazione verso la strategia Max-centrica del team è evidente. Nel corso del gran premio di Spagna, gara in cui l’ala posteriore della monoposto di Verstappen non rispondeva correttamente ai comandi del pilota, fu chiesto a Perez di non lottare con Max mortificando le velleità di vittoria di Sergio. Circostanza che si è verificatasi nuovamente nel corso del gran premio d’Azerbaijan. Anche se, nella fattispecie, i due alfieri Red Bull erano su strategie diverse.
I numeri a volte sono una sintesi quantitativa che non esprime il valore assoluto di un pilota o di una monoposto, basti pensare alle briciole raccolte dalla Scuderia Ferrari a causa di inconvenienti tecnici ed errori umani (strategici e dei piloti, nda).
Tuttavia, quando si tirano le somme, la cosa che più conta sono solo i freddi numeri. Dal gran premio del Canada a quello del Belgio, tra i sei piloti dei tre top team (Red Bull, Ferrari e Mercedes), Perez è il pilota che ha raccolto il minor numero di punti (62, nda), meno della metà del suo team mate.
Dal punto di vista cronometrico, nel medesimo periodo di osservazione, le qualifiche evidenziano una chiara involuzione del pilota di Guadalajara, per certi versi ancora più preoccupante dei risultati conseguiti in gara.
Probabilmente lo sviluppo della RB18 nel corso della stagione ha assecondato lo stile di guida del campione del mondo olandese oppure Sergio ha iniziato ha sentire il peso di ambizioni realisticamente superiori alle sue stesse aspettative.
Sebbene si tratti di un ottimo pilota, la carriera del messicano, anche nelle formule propedeutiche non vanta un curriculum da predestinato. Basti pensare che il salto in Formula 1 è avvenuto a valle della piazza d’onore nel campionato GP2 del 2010 vinto da Pastor Maldonado, senza nulla togliere all’unico pilota venezuelano vincitore di un gran premio di Formula 1 (GP Spagna 2012, nda).
La lunga permanenza di un pilota in team di medio-bassa classifica rende complessa la valutazione sulle capacità di poter competere ad alti livelli.
I podi colti al volante di Sauber, Force India e Racing Point hanno evidenziato la capacità di saper cogliere le poche opportunità nell’arco di una stagione, tuttavia guidare per top team richiede un approccio mentale completamente diverso, in cui ogni tappa del mondiale deve essere necessariamente l’occasione per ottenere la massima posta in palio.
Per certi versi lo scarso rendimento della seconda guida Red Bull alimenta il rammarico Ferrari. Uno dei pochi anelli deboli del team di Milton Keynes poteva essere un inaspettato assist per i sogni iridati del Cavallino Rampante, almeno per la conquista del titolo costruttori.
Mettendo a confronto la stagione di Sergio con quella di Carlos Sainz si può concludere senza ombra di dubbio che le performance tra i due piloti siano state inversamente proporzionali. Sergio è la controfigura del brillante protagonista della prima parte della stagione cosi come Carlos è la bella copia del pilota in crisi di risultati e dallo scarso feeling con la propria monoposto almeno fino al gran premio dell’Azerbaijan.
Le prossime gare della stagione, partendo da quella odierna, saranno fondamentali nelle future valutazioni dei vertici Red Bull. Nonostante un contratto appena rinnovato, si ha la netta sensazione che Perez debba alzare l’asticella del suo rendimento affinché l’accordo tra le parti appena stipulato possa durare fino alla naturale scadenza.
Autore e infografiche: Roberto Cecere – @robertofunoat
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing Team