La corsa verso il secondo titolo di F1 per Max Verstappen è ormai una piacevole passeggiata in biciletta su una strada liscia e in dolce pendenza. Dopo il Gran Premio d’Olanda la forbice sugli inseguitori si è allargata talmente tanto che, tra due gare, quindi a Singapore, l’olandese potrebbe chiudere la pratica con tanti saluti ai concorrenti ed a Liberty Media che sognava un epilogo simile a quello del 2021.
La Red Bull RB18 è una vettura ormai impareggiabile in prestazioni ed è guidata da un pilota in pieno stato di grazie. A questo si aggiunge un team perfetto sul fronte strategico e dei rivali incapaci di porre un argine credibile all’onda d’urto che parte da Milton Keynes. La Ferrari si è smarrita tra l’applicazione della Direttiva Tecnica 39 (leggi qui) e l’incapacità di sviluppare la F1-75 rimasta praticamente nella sua versione iniziale; la Mercedes, pur avendo fatto progredire clamorosamente la W13, quasi si diverte a gettare alle ortiche quelle residuali speranze di vittoria con strategie risibili. Chiedere a Lewis Hamilton.
Come se non bastasse, i vicecampioni in carica (per poco ancora) hanno potuto godere dell’assist della consociata – o per meglio dire controllata – AlphaTauri. Un regalo involontario, ma sicuramente maldestro, che ha scatenato polemiche e critiche. Andiamo ai fatti.
Il protagonista di questa storia è Tsunoda che, dopo il pit stop, si è fermato in pista ritenendo che una ruota non fosse montata correttamente. Quindi, con la scure dell‘unsafe release a pendere sul capo, è ritornato ai box dove è stato riscontrato che tutto fosse in regola. A quel punto il giapponese ha ripreso la via della pista fino all’arrivo di un messaggio radio che gli intimava in maniera piuttosto perentoria di fermare la AT03 in una zona sicura.
Il problema sarebbe stato di natura tecnica (differenziale?), ma alcuni dubbi aleggiano sulla vicenda perché di défaillance meccaniche non vi sono stati riscontri tangibili. Almeno a caldo. Il conducente, ancora, avrebbe percorso diversi chilometri con le cinture slacciate. Un procedere gravissimo che egli stesso, in un’intervista in cui emergeva un certo disagio, ha cercato di minimizzare alludendo semplicemente a serraggi più laschi. Che pure sono vietati. Dopo le opportune verifiche, Yuki è stato ritenuto responsabile e, dopo la quinta reprimenda, è scattata automatica la penalità di dieci posizioni in griglia che sarà scontata in quel di Monza.
Il gran pasticcio messo su dall’AlphaTauri ha normalmente attirato attenzioni morbose. Che sono scadute nelle ormai solite congetture intrise di sospetti. Chiaramente l’episodio, piuttosto bizzarro per non dire grottesco, ha avviato una catena di eventi che ha interrotto una tendenza piuttosto chiara che vedeva Hamilton martellare con gomma hard e richiudere il gap con Verstappen abbastanza rapidamente. Da qui l’accusa al team satellite che avrebbe deliberatamente favorito quello controllante. Ma la teoria che vuole la scuderia di Faenza avvantaggiare la Red Bull non può reggersi in mancanza di prove fattuali.
Chiaramente la sequenza insospettisce chi ne ha subito le conseguenze: “Tsunoda si ferma in pista, riparte, torna con le cinture di sicurezza non allacciate, riavvia la macchina e si ferma mezzo giro dopo“. Queste le parole di Toto Wolff a commento dell’episodio. Alzi la mano chi, in diretta, non ha pensato la stessa cosa. Ma ciò non significa che vi sia una responsabilità acclarata, una colpevolezza manifesta.
Il difetto è comunicativo perché sia le spiegazioni date da AlphaTauri che da Tsunoda sono confuse e sicuramente non chiarificatrici. Fatto che ha alimentato la cultura del sospetto che in F1, ahinoi, è imperante.
La squadra faentina ha mal gestito il ritiro del suo pilota. Non c’era bisogno di rimandare fuori un’auto ritenuta non perfettamente funzionante. Ancora, sarebbe stato meglio ricorrere a comunicazioni radio meno esplicite e più riservate. Oggi è tutto udibile e viene da sé che si possano fare ipotesi sinistre dopo una gestione così approssimativa sublimata nell’assenza di una chiara spiegazione di quanto sia realmente accaduto.
Ci sarebbe un modo per mettere fine a questo fastidioso chiacchiericcio che oggi tocca Red Bull e in altre circostanze ha lambito altre squadre: abolire i conflitti d’interesse. Spezzare certi legami con regolamenti appositi, sciogliere determinati fili con norme chiare, inappellabili e stringenti.
Le multiproprietà, ma anche certe collaborazioni tecniche troppo solida (Haas – Ferrari piuttosto che Mercedes – Williams) sono salvifiche per la vita del team minore e, inutile negarlo, creano vantaggi per quello di rango superiore. Posizioni di dominio che talvolta sfociano in dinamiche inopportune o in sospetti come quelli di cui stiamo parlando oggi.
Negli altri sport vi sono esempi efficaci da seguire. Nella nostra Seria A di calcio, ad esempio, è vietato possedere più franchigie: due squadre afferenti allo stesso gruppo non possono operare nella medesima categoria. Dal 2028 non possono nemmeno essere una in Serie A e l’altra in B. Questo meccanismo, se mutuato, potrebbe permettere ai team di F1 di mantenere le proprie accademie e di finanziare scuderie agenti in campionati inferiori. Anzi, potrebbe addirittura aiutare a sviluppare le suddette serie con i capitali che arrivano dall’alto facendo crescere l’intero movimento.
Ovviamente servirebbe una vera e propria rivoluzione concettuale per approdare ad un tale contesto. La mancanza di motoristi è un fattore che pesa. L’arrivo di Volkswagen potrebbe riequilibrare le cose. Ma servirebbe soprattutto uno “switch culturale”.
Per mesi abbiamo narrato della volontà di Andretti di entrare in F1 come gruppo indipendente. Le scuderie, capitanate da Toto Wolff, si sono opposte per non vedere i propri interessi finanziari, formalizzati dal Patto della Concordia, lesi da una spartizione più ampia.
Proprio quel Wolff che oggi adombra sospetti sulla manovra di Tsnunoda. La Formula Uno è lo sport più veloce al mondo. Ma, probabilmente, è anche quello che vive delle più insanabili contraddizioni.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Andretti Global, Oracle Red Bull Racing, Scuderia AlphaTauri