Dopo quattordici giorni di digiuno motoristico siamo pronti ad entrare nella settimana che ci conduce al Gran Premio di Singapore, appuntamento numero 17 del campionato del mondo 2022. Ai soliti temi che la F1 sta offrendo se ne aggiunge uno nuovo che poi è la materia per eccellenza: la vittoria del titolo piloti. Grazie ad una serie di incastri, infatti, Max Verstappen potrebbe insignirsi del secondo titolo della sua carriera già domenica prossima.
Se la cosa non dovesse verificarsi all’ombra della ruota panoramica di Marina Bay accadrà più avanti. Non ci sono molti dubbi a riguardo. Un anno marchiato dalla Red Bull che, per lunghi tratti, sembrava poter avere un epilogo diverso. La Ferrari ha tenuto le speranze accese prima che Verstappen inanellasse una serie di cinque vittorie consecutive che hanno tramortito l’ambiente rosso e la Formula Uno nella sua interezza.
E’ parso evidente che alla Ferrari sia mancato qualcosa. Quella vettura perfetta osservata ad inizio stagione ha mostrato un’involuzione prestazionale che ha permesso alla RB18, che nel frattempo è stata sviluppata nella maniera più consone alle caratteristiche di guida di Max, di prendere il largo. Va anche detto che Charles Leclerc e Carlos Sainz non sono stati puntualmente supportati da un team troppo avvezzo ad errori strategici e a letture errate dei momenti topici di un gran premio.
Gioventù, inesperienza, mancanza di figure chiave. Elementi che si sono fusi in un mix limitante che ha trasformato le parole di gloria di Mattia Binotto espresse nel giorno della presentazione della F1-75 (era il 17 febbraio, ndr) in una realistica presa di coscienza: c’è ancora un lungo cammino da compiere per raggiungere le gloria. E le “dichiarazioni al ribasso” recenti del manager di Losanna sono la fotografia del cambio di paradigma comunicativo.
Di quanto accaduto nella stagione rossa ha parlato Jean Todt, ex di lusso, che in Ferrari ha portato titoli e soprattutto un modello organizzativo vincente che oggi sembra sbiadito dallo scorrere del tempo e impossibile da replicare. “In questa stagione è stata fatta una grande vettura. Ciò vuol dire che la squadra funziona. Manca ancora qualcosa; per vincere serve l’eccellenza, sotto tutti i punti di vista. E quando l’eccellenza viene meno è importante capire da dove arriva l’errore. Se si fanno spesso gli stessi errori allora significa che c’è qualcosa da cambiare“. Così si è espresso l’ex n°1 della FIA al festival dello sport di Trento.
Todt, in una fotografia iperrealistica, descrive la parabola stagionale tracciata dalla scuderia del Cavallino Rampate: “La Ferrari, ad un certo punto del campionato, ha avuto la macchina migliore. Ma ha perso troppe occasioni per problemi diversi come safety car, strategia o affidabilità. Si è trattato di più episodi che messi insieme hanno avuto un prezzo. La Ferrari ha bisogno di lavorare su questo, senza dare nulla per scontato“.
Parole da leggere come un affondo contro Mattia Binotto di cui, secondo qualcuno, avrebbe dovuto prendere il posto durante l’inverno? No, il manager transalpino esprime vicinanza nei confronti del collega: “Non posso dare alcun consiglio a Binotto, perché è molto facile parlare senza conoscere la situazione. La Ferrari sta facendo bene, la gente forse non si rende conto dell’altissimo livello di competitività che il Mondiale offre. Tutti o quasi vorremmo che la Rossa vinca nuovamente. E’ dal 2007 che manca il titolo piloti. So che l’attesa dei ferraristi è tanta, ma manca davvero poco all’obiettivo finale. Magari ci sarà qualche possibilità in più l’anno prossimo“.
Parole che suonano come una sorta di endorsement ma che, al contempo, sembrano proferite per spronare un ambiente che più volte è arrivato ad un passo dall’obiettivo per poi retrocedere quasi di schianto. Ferrari ha bisogno di rivedere alcune procedure, a partire dalla gestione strategica dei gran premi che quest’anno ha lasciato ampiamente e desiderare. E a poco sono valse le giustificazioni di facciata espresse dalla dirigenza. Perché in F1, come in ogni altro ambito, contano i risultati.
Serve una profonda revisione degli schemi operativi perché è inutile avere la miglior macchina – e il 2022 lo dimostra in maniera lucidissima – se le prestazioni vengono mortificate con scelte inefficaci. Se Red Bull ha preso il largo in classifica è anche perché il muretto, quando la RB18 soffriva, ne ha sublimato le prestazioni. Che sia al contempo monito ed esempio da seguire per la Ferrari.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari