Formula 1

Scatta il freeze PU: Mercedes è pronta per costruire il futuro

L’inverno è arrivato con tre mesi e più di anticipo. Oggi, primo settembre 2022, la F1 conosce l’avvio della sua era glaciale: fino a tutto il 2025 non si potranno rimaneggiare, se non per comprovati motivi di affidabilità, i motori delle vetture. Il dado è tratto, il congelamento è realtà: d’ora in poi i valori saranno più o meni quelli fin qui osservati e bisognerà lavorare su meccanica ed aerodinamica per compensare gli eventuali deficit in termini di cavalleria disponibile.

Nei prossimi mesi capiremo chi ha predisposto le necessarie mosse per non farsi trovare impreparato. Chi ha riempito la legnaia? Chi si è munito di caldi piumini? Chi, di converso, affronterà il generale inverno senza gli idonei strumenti per evitare di cadere in una sorta di ipotermia tecnica? Domande le cui risposte non sono di semplice individuazione.

I team, d’ora in poi, non potranno effettuare modifiche all’MGU-K, all’Energy Store e a tutta l’elettronica di controllo dei V6 turbo-ibridi. Questa limitazione si associa a quella entrata in corso di validità a marzo quando furono le componenti dell’endotermico a subire il blocco. A questo punto i motori sono fatti, finiti e confezionati.

uno scatto dell’ultima specifica della power unit italiana, dotata della nuova tecnologia ibrida che verrà implementata nella versione 2022

F1. Quattro propulsori, quattro filosofie operative

Definire una scala di valori assoluta, ossia indipendente dalla macchina sulla quale un determinato propulsore è installato, è pressoché impossibile. Di certo, al momento, il V6 turbo-ibrido che si lascia preferire è quello Honda. Dopo una fase inziale in cui, a causa di alcuni organi ausiliari necessari all’alimentazione, si sono manifestate problematiche d’affidabilità, il gioiello nipponico si è posto come assoluto punto di riferimento: concreto, resistente, potente, guidabile. E con l’ultimo aggiornamento pre-congelamento sembra aver fatto un ulteriore step in avanti. Red Bull, fino al 2026, potrà dormire tra due comodissimi guanciali.

Ferrari ha presentato una power unit da croce e delizia: pingue in cavalli, potente e capace di generare valori elevatissimi di coppia, ha un conclamato ed endemico problema di durata. Le clamorose fumate che hanno appiedato i sei motorizzati da Maranello possono essere evitate solo con cambi cadenzati dell’ICE. Una condizione molto limitante se si sogna di lottare per il campionato. Il Cavallino Rampante, alla distanza, sta pagando l’accelerazione sulle prestazioni a scapito dell’affidabilità. Uno dei motivi alla base dell’apertura del gap con la Red Bull.

Situazione analoga in Alpine. Il CEO Rossi ha fatto sapere, in inverno, che la Renault avrebbe spinto sulle performance contando di sistemare, grazie ad un regolamento che lo permette, l’affidabilità nei mesi. Operazioni che, dopo i gravi problemi dell’avvio stagionale, sembrano essere in via di componimento.

Restano loro. Coloro i quali hanno fissato i paletti prestazionali negli otto anni precedenti: la Mercedes. Molto si è detto sul presunto scadimento nelle performance del turbo-ibrido concepito dallo staff guidato da Hywel Thomas. Che Brixworth abbia messo al centro del suo agire l’affidabilità è un fatto acclarato. Né HamiltonRussell hanno conosciuto un DNF per i capricci del motore. Gli altri forniti dalla Stella a Tre Punte hanno parimenti goduto di un’affidabilità monolitica. Ciò che è mancato è stato il picco prestazionale. Ma la cosa dipende davvero da un propulsore poco generoso?

Vista laterale dei sidepod della Mercedes W13

F1. Mercedes: la power unit è ritenuta valida e capace di dettare il passo

A sentire Toto Wolff la risposta è negativa. Il manager è piuttosto ottimista per il periodo che seguirà il blocco che si avvia oggi. Dopo il GP del Belgio ha epigraficamente riferito che l’unità di potenza è assolutamente buona. Spiegando, poi, che la mancanza di velocità sui rettilinei della W13 è dipesa dalla configurazione aerodinamica. “[…] Abbiamo montato l’ala di un Airbus 380 sul retro. Ciò ha ovviamente causato un un sacco di resistenza“. Questo il commento ironico – ma non troppo – del co-proprietario del team.

Non è la prima volta in stagione che Wolff si lancia in commenti non proprio lusinghieri sulla W13 che, qualche tempo fa, fu definita, in un noto team radio, una vettura di “estrazione fecale”. In Mercedes si preferisce chiaramente ammettere che il progetto sia stato deludente piuttosto che azzardare improbabili scuse circa misteriose problematiche che ingabbiano lo slancio degli ingegneri.

Ala posteriore della Mercedes W13 nella configurazione introdotta a Miami

La power unit così come oggi è stata definita, o per meglio dire congelata, sarà uno dei cardini del progetto 2024 che si baserà su uno sviluppo aerodinamico, meccanico e ponderale che potrebbe portare all’abbandono del concept a zero sidepod che ha quest’anno ha fatto impazzire i tecnici inglesi (leggi qui).

In Mercedes AMG High Performance Powetrains sono arrivati alla consapevolezza, analizzando i dati emersi in queste 14 gare, che i presunti problemi che avrebbero afflitto i motorizzati da Brixworth sarebbero di natura aerodinamica e non relativi ad un propulsore inadatto per competere ad alti livelli. Per tale ragione, almeno sul versante della motorizzazione, gli “uomini in grigio” sono convinti di disporre di una base intorno alla quale costruire una vettura che possa ritornare ad essere costantemente in lotta per la vittoria.


Autore: Diego Catalano @diegocat1977

Foto: F1, Mercedes AMG F1, Scuderia Ferrari F1

Condividi
Pubblicato da
Diego Catalano