Con una simil-pausa forzata di quasi una ventina di giorni, il Circus della F1 approderà a Singapore direttamente ad ottobre: appuntamento in cui ipoteticamente parlando, l’attuale campione del mondo in carica Max Verstappen potrebbe anche essere già insignito del secondo titolo mondiale in carriera, qualora i conti tornassero.
Il che non è poi chissà quanto lontano dalla realtà che l’olandese sta vivendo già da qualche weekend di gara a questa parte: il distacco di 116 punti col principale avversario Charles Leclerc è diventato oramai una faglia troppo ampia perché possa essere efficacemente rimarginata.
E così, come da tempo auspicato anche dagli stessi tifosi della Rossa, alla Scuderia Ferrari non resta che cercare di mettere in salvo l’andamento altalenante di questa stagione, portando a conclusione i restanti weekend con delle prestazioni affidabili, in cui il possibile elemento di difficoltà non debba essere necessariamente rappresentato dalle problematiche interne al team.
Già Monza è stata un buon banco di prova in tal senso: sostanzialmente neppure i piloti stessi si aspettavano una F1-75 così competitiva, eppure alla fine i risultati sono arrivati. Tralasciando poi la piega che hanno preso gli eventi, in quella circostanza perlomeno la responsabilità non è stata da ricercare nelle decisioni del team o nelle difficoltà di gestione.
Ed anzi metaforicamente parlando, se la gara avesse avuto qualche giro in più sarebbe stato probabile assistere a due Ferrari sul podio e non solamente una, quella di Leclerc. Dal momento che d’altro canto la remuntada di Carlos Sainz ha letteralmente fatto faville, in quel caso piuttosto che la medaglia di legno del quarto posto, avrebbe meritato di prendere parte alla doppietta (da intendersi come secondo e terzo posto) celebrando il gran premio di Italia come si deve.
Se dunque in un circuito sulla carta ostico per la Rossa si è poi verificato un tale esito positivo (contro ogni aspettativa), cosa potrebbe accadere in un appuntamento gara il cui layout si confà alle caratteristiche della F1-75?
È proprio il caso di chiederselo, poiché Singapore rappresenta quella fazione di circuiti a “favore” del team di Maranello: spesso però, laddove c’era da essere più tranquilli con la consapevolezza di avere un minimo di vantaggio sugli altri da spendere come si deve, la Ferrari ha sempre incontrato qualche intoppo.
Chiaramente qui soltanto per fare congetture ed ipotesi, ma se effettivamente il team riuscisse a rendere molto meno sotto pressione? Potrebbe anche essere questo il tallone d’Achille della Ferrari: quando si è trattato di concretizzare e mettere insieme rapidamente una buona competizione condita con qualche spiacevole imprevisto, abbiamo sempre assistito alle peggiori tragedie greche.
Ciò che serve in F1 (in cui la velocità è letteralmente l’argomento pregnante) è sicuramente una certa rapidità in termini di tempi di reazione: inconcepibile pensare che possa filare tutto liscio come l’olio solo se ogni singola cosa è sotto stretto controllo, altrimenti tanto vale cambiare sport (ed anche professione).
Eppure probabilmente il peso della pressione è talvolta ingestibile, al punto da assistere a quei risvolti che ben conosciamo. Nella fattispecie della Ferrari poi, gioca un ruolo fondamentale anche la consapevolezza di essere il team in rappresentanza di una nazione intera: per quanto questo discorso possa essere fatto anche per tante altre scuderie, è chiaro che nel caso della Rossa tale assunto risulti un po’ più oneroso.
Si può dire che al pari degli italiani, ben poche altre nazionalità riescano a gestire bene/male le eventuali vittorie/sconfitte con simile trasporto: sarà per la nostra tempra, sarà per il coinvolgimento personale, sarà che per diversi aspetti siamo un po’ too much, come direbbero gli inglesi.
Ma tant’è che l’italiano medio percepisce con impetuosa passione i vari successi ed insuccessi del proprio beniamino: con questo chiaramente si intende dire solo che per la maggior parte dei tifosi supportino il Cavallino Rampante, ma è altrettanto vero che ci sono moltissimi supporters anche della Red Bull o della Mercedes seguiti con egual calore.
E tale discorso Ferrari non è solo qualcosa che si riesce a percepire dall’esterno, ma anche dal punto di vista interno di chi queste dinamiche in passato le ha vissute: il riferimento è a Mika Hakkinen, campione del mondo 1998 e 1999 nonché storico rivale dell’eterno Kaiser Michael Schumacher.
Secondo il suo punto di vista, quest’anno in particolare è stato difficile per il team rosso a causa del fatto che aver cominciato con una promettente vettura, ha dato realmente delle ottime speranze per l’intera stagione; aver visto poi una RB18 partita in svantaggio svilupparsi sempre meglio, mentre loro nel contempo non erano lì al passo, ha complicato ulteriormente la faccenda.
La pressione “nazionale” che la scuderia subisce, a suo avviso, è stata un’aggravante che ha reso più complessa la gestione sia del team che dei piloti stessi, anche perché ciò che risulta spontaneo fare in una situazione così delicata è ricercare una sorta di colpevole, il che creerebbe solamente delle spaccature che minano la stabilità della squadra.
Fondamentale quindi non addossare responsabilità vicendevoli quando le cose non funzionano, ma piuttosto cercare di spingere insieme verso l’unica direzione possibile.
Insomma, il parere di Mika richiama un po’ le direttive del team principal pre Mattia Binotto, Maurizio Arrivabene: “Testa bassa e lavorare” nonostante il peso di una nazione sulle spalle, onori ed oneri dell’essere vestiti di rosso.
F1 Autore: Silvia Napoletano – @silvianap13
Foto: F1, Scuderia Ferrari, Mika Hakkinen