Le nuove regole che il Mondiale 2022 di F1 ha visto debuttare non hanno riguardato le sole vetture. La nuova F1 ha visto infatti l’introduzione del budget cap, della ripartizione delle ore in galleria del vento e dei gettoni da spendere nelle analisi computazionali secondo la classifica, e il congelamento di alcune componenti. Azioni che da un lato si sono rese necessario per provare ad accorciare le distanze tra i team, ma che dall’altro hanno solo limitato chi quel gap era intenzionato a ridurlo.
Le idee che hanno entusiasmato tecnici come Brawn e Tombazis non sembrano aver funzionato del tutto. Al contrario, come accade quasi sempre mi F1, chi si è presentato già dai test pre-stagionali da ultima forza in pista, così è rimasto. E lo stesso discorso è valido per tutti gli altri team. Recuperare lo svantaggio non è infatti una cosa di norma semplice in F1; inoltre, con l’aggiunta dei tanti limiti, ridurre il gap da chi è davanti sembra essere diventata un’impresa impossibile. E forse su questo aspetto c’è ancora molto da lavorare.
Il 2022 sembrava dover rappresentare un anno di svolta per la F1, soprattutto per quanto riguarda l’equilibrio delle forze in pista. L’arrivo delle vetture ad effetto suolo sommato al debutto delle nuove regole e di ulteriori limitazioni non sembrano però aver raggiunto lo scopo sognato ad inizio anno. Se da un lato le battaglie in pista sono già agevolate, dall’altro la minima evoluzione della classifica da inizio stagione chiarisce ogni dubbio.
Tra i team che si sono fatti portavoce di questa evidenza c’è anche Aston Martin. Il team di Lawrence Stroll era infatti uno dei più attesi in pista, soprattutto a seguito di quell’obiettivo mondiale dichiarato. Il progetto che ha messo in pista la AMR22 ad effetto suolo non ha però funzionato alla perfezione, costringendo la squadra ad un lavoro diverso. Si è così presentata un’altra versione della monoposto, ma il salto di qualità non è comunque stato possibile.
Il team Aston Martin, presentatosi da fondo classifica a inizio anno, oggi resta sempre in nona posizione. Sebastian Vettel e Mike Krack hanno così spiegato che quanto visto a livello di forze in pista è sempre accaduto. Recuperare lo svantaggio in F1 è una cosa che difficilmente può avvenire. I paletti imposti per l’attuale mondiale hanno inoltre contribuito al non-sviluppo dei team; un paradosso se si pena che la F1 si basa proprio su questo aspetto, oltre alle battaglie in pista.
Il budget cap, in particolare, ha impedito ai team di spendere più del necessario, costretti a tenersi un margine in caso di incidenti, invece di apportare quegli sviluppi utili a fare anche un piccolo passo avanti. Uno scenario che negli anni non ha mai visto l’ultimo team trasformarsi in quello da battere, ma che ha permesso, nella propria zona di competenza in classifica, di giocarsi il posto anche a suon di aggiornamenti.
Le novità introdotte per questo mondiale 2022 avevano come obiettivo quello di avere i team più vicini, sia in pista che fuori da essa. Se nel primo caso la differenza dal passato è visibile, con vetture che riescono a rimanere in scia senza troppi danni, nel secondo caso la situazione è ben diversa. La classifica infatti parla chiaro e il suo cambiamento dalla prima alla sedicesima gara non è stato così enorme. E se persino una scuderia come Mercedes non può recuperare visti i tanti paletti, allora significa che forse qualcosa non ha funzionato.
La nuova F1 si presenta infatti come innovativa ma anche troppo limitata. La vicinanza tra i team in cui credevano Brawn e Tombazis a inizio stagione non si è verificata, lasciando anche le scuderie incastrate tra quei tanti paletti facenti parte delle novità. Da un lato l’idea di non avere i top team troppo in fuga può anche funzionare; dall’altro però si respira aria di incoerenza in un sport fatto non solo dalle battaglie in pista.
La F1 rappresenta anche un enorme banco di prova per alcune innovazioni che spesso sono state pioniere di cambiamenti anche nel mercato stradale. Le limitazioni possono essere idealmente correre, ma non dare la possibilità di sviluppo risulta solo come una grande incoerenza. Budget cap a parte, i paletti sulle spese per determinate componenti e sulle ore in galleria del vento rendono impossibile colmare un divario già complicato da chiudere.
Il congelamento di alcune parti ha poi rappresentato la cosiddetta ciliegina sulla torta per un cambiamento che pare già essere in atto. Il DNA del motorsport non è infatti composto solo da ciò che avviene in pista. Il lavoro di sviluppo è infatti altrettanto importante e limitarlo non è solo uno smacco alla storia costituente della F1, ma anche un paletto troppo grande al lavoro di chi è dietro le quinte. Un passo avanti che in realtà appare come un’involuzione per la categoria. E forse questa non è la direzione corretta per uno sport che necessita di avere continue novità per permettere di chiudere il gapcon chi è davanti.
Autore: Chiara Zambelli
Foto: F1, Scuderia Ferrari, Aston Martin