Formula 1

Riallocazione e snellimento: i principi cardine della F1 del futuro

Spesso, riferendoci alla F1 2022, abbiamo usato il termine “rivoluzione”. Per grandi linee il nuovo contesto tecnico-regolamentare lo è. Ma non si tratta di uno switch repentino, le modifiche che la categoria sta subendo provengono da un cammino iniziato tempo addietro e che proseguirà ancora per molti anni. Possiamo dunque parlare di evoluzione massiccia che soddisfa le necessità messe in cima all’agenda di Liberty Media.

Budget cap, balance of performance tecnico e congelamento degli sviluppi di motori e trasmissioni sono i capisaldi in questo mare in burrasca che possiamo definire transizione. Provvedimenti, quelli succitati, ormai in vigore e che produrranno effetti di medio-lungo periodo che non sono del tutto prevedibili. Un’onda d’urto che determinerà risultati differenti a seconda della compagine che la subirà. Se le piccole e medie realtà potrebbero giovarsi di un contesto simile, sono i top team che potrebbero soffrire.

Carlos Sainz (Scuderia Ferrari) precede Lewis Hamilton (Mercedes AMG) e Sergio Perez (Oracle Red Bull Racing)

F1. Snellimento e riallocazione le politiche dei top team

A ben guardare, qualche franchigia ha iniziato ad accusare il colpo. O piuttosto ad assorbirlo per non vedere devastate strutture tentacolari e voluminose. La progressiva riduzione del tetto di spesa ha imposto una revisione dei programmi sportivi di Ferrari, Mercedes e Red Bull. Maranello, per allocare il personale in eccedenza dopo il giro di vite federale, si è lanciata nel programma WEC con la sua hypercar che è in fase di svezzamento tra Fiorano e Portimao.

Ovviamente Ferrari non ha mai posto la questione in questi termini, ma basta un po’ di raziocinio per avvedersi che il tuffo nelle ruote coperte deriva dalla nuova governance della F1. Ed è un bene perché, in tal maniera, la storica scuderia ritorna a piene forze in una serie affascinante e gloriosa e, contestualmente, evita un’emorragia di competenze e di posti di lavoro francamente inauspicabile. Specie in questa difficile congiuntura storico-sociale.

Mercedes, dal canto suo, ha riadattato alcuni aerodinamici nel progetto America’s Cup del team INEOS di Jim Ratcliffe, co-proprietario di AMG F1. James Allison, tanto per fare un nome illustre, è stato direttamente coinvolto nel programma vela. La squadre tedesca si è trovata anche a dover gestire il surplus di ingegneri provenienti dal dismesso programma Formula E. Cosa che ha comportato ulteriori fuoriuscite.

Tant’è che la campagna aggressiva che la Red Bull ha condotto ai danni del reparto High Performance Powetrains diretto da Hywel Thomas non è stata “tamponata” con l’ingresso di nuove figure. Milton Keynes ha quasi fatto un favore ai rivali riducendo il personale di stanza a Brixworth.

La sede powertrains Mercedes sita a Brixworth

Provocazione a parte, anche quella Red Bull che ha messo su una sezione motori, ha dovuto fare qualche spostamento nell’organico. A giungo è arrivato l’annuncio che spigava che Adrian Newey, il geniale progettista che ha fatto le fortune del team austriaco, è al lavoro sul progetto RB17, nome in codice dietro il quale si cela una hypercar estrema che sarà commercializzata nel 2025 al prezzo di circa cinque milioni di sterline per esemplare e che sarà prodotta in sole 50 unità.

Ovviamente un mezzo del genere non si autodefinisce, servono competenze e risorse che Newey ha ottenuto dal team per il quale lavora. Ad oggi sappiamo che il motore, un V8 ibrido da 1100 cavalli, dovrebbe essere fornito da un produttore esterno. Ma potrebbero anche essere usate forze del reparto powertarins di Milton Keynes che andrebbero a crearlo da zero.

Stabilimento Red Bull Racing a Milton Keynes

F1. La scure del budget cap si abbatte sui motoristi

E proprio questo ci porta a quanto sta avvenendo nei settori motori dei team di F1. Del freeze regolamentare da qua al 2025 (compreso) ne abbiamo discusso in tutte le salse. Ovviamente una politica analoga ha delle ripercussioni non solo sulla sfera tecnica, sui valori in campo e sulla capacità di modificarli. Ha soprattutto ritorni sui modelli gestionali di quelle realtà che producono power unit e che adesso debbono riadattarsi al mutato scenario.

Finora si è molto dibattuto sul budget cap imposto ai team. Molto meno si è detto dei provvedimenti adottati in materia di propulsori. Per anni si è lavorato affinché si giungesse ad una convergenza prestazionale delle quattro unità presenti in griglia. L’obiettivo è stato più o meno raggiunto perché ad oggi non vi sono differenze così marcate tra Mercedes, Honda, Ferrari e Renault.

Il congelamento ha anche avuto il compito di azzerare la ricerca relativa alle unità motrici attuali. Cosa che si rende necessaria perché, dal 2023, entrerà in vigore la tagliola del tetto si spesa anche per i costruttori che potranno contare su 95 milioni di dollari di budget fino al 2025. Dall’anno successivo, quello del “defreeze”, il limite arriverà a 130 milioni.

Il propulsore italiano che equipaggia le due Ferrari F1-75

Fino a questo momento i motoristi avevano avuto una libertà di spesa pressoché totale. Ora, con il vincolo di tre propulsori all’anno che non possono essere migliorati in prestazioni e quindi modificati nelle caratteristiche, servirà meno personale. Parte di quello esistente lavorerà sui progetti 2026, ma l’architettura più semplice deliberata dalla FIA dopo le lunghe sessioni del Consiglio Mondiale del Motorsport potrebbe comunque determinare un minore impiego di ingegneri specializzati.

Ecco perché i reparti powertrains non stanno praticamente più assumendo e, anzi, stanno andando incontro ad un progressivo snellimento. La F1, dopo settant’anni di storia, ha deciso di concedere un ruolo marginale ai cuori pulsanti delle vetture. Non un qualcosa di che si addice allo spirito competitivo di una categoria che è sempre stata una palestra tecnologica fondamentale per l’automotive.


Autore: Diego Catalano @diegocat1977

Foto: F1, Mercedes AMG F1

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Diego Catalano