La vittoria del secondo titolo mondiale di F1 di Max Verstappen era ormai solo questione di tempo. L’impetuosa rimonta del pilota olandese iniziata proprio in Italia nella tappa di Imola ha progressivamente spento le speranze dei competitor. Uno score di dodici trionfi per l’olandese volante, candidato a infrangere diversi record nell’arco di una singola stagione. Eppure le fasi inziali del mondiale 2022 non lasciavano presagire un dominio così schiacciante del team di Milton Keynes.
Il nuovo regolamento tecnico doveva resettare i valori in campo, favorendo un maggior equilibrio. Sulla carta un’occasione irripetibile per i team che avevano accumulato un ritardo tecnologico difficilmente colmabile con la precedente generazione di monoposto. Invece, con quattro gare di anticipo, è già tempo di bilanci e, senza dubbio alcuno, la rivoluzione tecnica delle nuove wing car è stata colta solo da Red Bull che da team da team vincente è diventato dominante.
Viceversa la stagione della Ferrari può essere sintetizzata parafrasando inversamente un passaggio dell’ode 5 Maggio del Manzoni: dall’altare alla polvere. L’inebriante avvio della rossa e di Leclerc appariva il prologo di una stagione esaltante per il team di Maranello. Nel corso dei mesi successivi gli alfieri della rossa hanno dovuto “mangiare la polvere” della Red Bull. Il rientro dalle vacanze estive, per gli uomini in rosso, è stato scioccante. Non solo dal punto vista sportivo. Dal “proveremo a vincerle tutte” affermazione proferita da Mattia Binotto a valle del gran premio di Francia, a trionfare è sempre stata Red Bull.
Dichiarazione alquanto inusuale per il pacato manager italo-svizzero che ostentava una sicurezza figlia del potenziale della propria monoposto. Gli update validati fino a metà stagione avevano consentito di reggere il passo della RB18 almeno in termini prestazionali. Dall’entrata in vigore della direttiva tecnica 039, la F1-75 non è più riuscita a replicare in gare le sempre brillanti performance del sabato. Con qualsiasi tipo di compound si è manifestato un rapido degrado dei pneumatici, anche sulle intermedie utilizzate nel breve stint finale della gara di Suzuka.
Segno evidente di una monoposto che non può più beneficiare del fantastico equilibrio apprezzato per oltre meta campionato. Difficile analizzare una sconfitta di tali proporzioni nella stagione in cui erano state riposte risorse e tempo maggiori rispetto alla blasonata concorrenza Red Bull. Cosa manca allora alla scuderia modenese per tornare nel ruolo che le compete?
Il Goal Setting è uno dei punti chiave in ambito sportivo. Tra i punti essenziali del goal setting è la scelta della tipologia di obiettivo da perseguire: di prestazione o di risultato. E’ evidente che l’area tecnica del Cavallino Rampante abbia cercato recuperare il gap con la concorrenza fissando obiettivi di prestazione soprattutto nell’area delle unità di potenza. L’unità turbo ibrida 066/7 è un progetto fantastico che ha dovuto scontare in termini di affidabilità l’ambizioso obiettivo di tornare ad essere il riferimento tecnologico della categoria.
La fragilità della power unit made in Maranello è stata certamente la causa di probabili vittorie sfumate. Ha obbligato il team Ferrari ad operare una “short term solution” basata essenzialmente sull’omologazione di diverse unità di potenza. Tuttavia il freeze delle power unit fino al 2025 e la possibilità di sanare la fragilità strutturale attraverso la deroga concessa dalla FIA, assicura allo storico team italiano di poter disporre di una tra le migliori unità di potenza, se non la migliore, per le prossime tre stagioni.
Con il senno di poi, la F1-75 aveva tutte le carte in regola per contendere il titolo piloti a Max Verstappen fino all’ultima gara in programma ad Abu Dhabi. Scenario che non si verifica dal lontano 2012.
Una decade in cui la Ferrari pur realizzando ottimi progetti ha dovuto riporre anzitempo i sogni iridati nel cassetto. Appurata la capacità di realizzare un progetto vincente e unico nel suo genere, sorge un dubbio legittimo: In Ferrari alberga ancora l’ambizione della vittoria assoluta o basta qualche trionfo di tappa per rinverdire i fasti del glorioso passato?
Se quella dei driver Ferrari è fuori discussione, a latitare ormai da anni è la gestione delle operazioni in pista. Non è accettabile che molti risultati siano figli dell’intuito dei piloti piuttosto che di un gruppo di ingegneri deputati a analizzare tutto ciò che avviene in pista e guidare i piloti in modo predittivo attraverso gli avanzati sistemi di analisi dati in loro possesso. Basti pensare alle corrette decisioni di Sainz a Monaco e Inghilterra rispetto alle opposte indicazioni del muretto. Tante, troppe volte gli strateghi Ferrari sono andati in confusione oppure hanno copiato le scelte degli avversari con inspiegabile ritardo.
L’autorevolezza è un ingrediente essenziale del carisma e della leadership: chi la possiede è naturalmente predisposto ad essere ascoltato e tenuto in grande considerazione. Se dovessimo basarci esclusivamente sulle controverse decisioni dei direttori di gara negli ultimi anni, possiamo affermare senza dubbio alcuno che in Ferrari c’è un vuoto di carisma manageriale. Se a valle della reiterata infrazione di Perez nel gran premio di Singapore è seguita, dopo diverse ore, una sanzione ininfluente ai fini sportivi, a Suzuka sono bastati cinque minuti per sanzionare Leclerc per il taglio di chicane all’ultimo giro del gran premio del Giappone.
Se nella giustizia ordinaria i precedenti fanno giurisprudenza, in Formula 1 i precedenti hanno forse una data di scadenza. Intendiamoci, il secondo posto di Charles Leclerc sarebbe stato “l’aglietto” in una stagione ampiamente compromessa, tuttavia la penalità subita senza colpo ferire fa riflettere. Il marchio Ferrari da anni non esercita più il potere del proprio blasone (clicca qui per approfondire). Come se la Rossa debba scontare una pena o un vantaggio che non le conferisce il diritto di ribellarsi anche difronte a evidenti infrazioni dei competitor. Dal caso delle benzine troppo fredde utilizzate da Red Bull fino alla infrazione del Budget Cap sempre ad opera del team di Milton Keynes (clicca qui per approfondire).
Le pesanti affermazioni di Binotto ai microfoni di Sky in relazione alla penalità di Leclerc sono parse una reazione scomposta fuori luogo e fuori tempo massimo. L’esperto team principal della Scuderia Ferrari sa bene che i pugni andavano battuti su altri tavoli per questioni molto più scottanti rispetto ad una ininfluente penalità che ha relegato Charles al gradino più basso del podio. Essere a capo della GES non conferisce carisma a colui che la dirige per effetto della proprietà transitiva. Alle parole devono seguire le azioni.
Autore e infografiche: Roberto Cecere – @robertofunoat
Foto: F1, Scuderia Ferrari