Il mondiale di F1 2022 non è terminato ma, nei fatti, è come se lo fosse. Il verdetto principale è stato scritto. Quello secondario si disegnerà tra pochi giorni, ad Austin. La Ferrari, dal canto suo, è praticamente certa della seconda posizione nel Costruttori e, proprio per tale ragione, proverà ad aiutare Charles Leclerc ad ottenere la piazza d’onore nella graduatoria piloti che, per ora, è appannaggio di Sergio Perez.
Proprio il ruolo dei driver all’interno del team è stata una delle questioni delicate nella stagione della Rossa. Dopo un 2021 sorprendente in cui Carlos Sainz vinse il duello “fratricida” col collega monegasco, Mattia Binotto, un po’ a sorpresa, concesse pubblica investitura al talento frutto dell’Academy parlando di soggetto che avrebbe avuto il compito di riportare il titolo a Maranello. Esternazione forse improvvida per gli equilibri interni e soprattutto incoerente con quanto affermato successivamente e con ciò che è stato applicato in stagione.
Forse anche con questa mancanza di fiducia si spiega un avvio non solidissimo da parte del madrileno che, va comunque detto, ha faticato non poco ad adattarsi alle wing car. Di questa dinamica l’ex McLaren ha parlato ai microfoni della testata AS: “Posso capire che dopo le prime gare Charles fosse chiaramente un passo avanti sia in qualifica che in gara ma a metà stagione sono migliorato molto. Ho iniziato a lottare di più”. Parole che evidenziano un percorso di crescita graduale che ha portato Carlos ad ottenere la prima vittoria in carriera, in Inghilterra.
“In un certo senso è stato frustrante – ha spiegato il figlio d’arte – perché quando sono entrato in lotta sembrava che alcuni non mi volessero. Mi hanno criticato perché non c’ero, e quando ho iniziato a esserci, alcuni si sono chiesti cosa facessi là davanti. È stato frustrante, soprattutto a livello mediatico. Prima sono stato criticato e poi quando ho iniziato ad avere il passo per stare con i migliori non andava bene neanche quello. Avete visto che non presto molta attenzione a ciò che viene detto là fuori”.
L’ultima frase non può non essere un riferimento alle esternazioni invernali del team principal. E non fa altro che descrivere come un professionista, dietro al quale c’è un uomo, possa risentire di un clima di non pieno supporto. Non è un caso che nel passaggio successivo Sainz faccia riferimento al manager rafforzando l’idea che le pari opportunità siano la chiave per le future vittorie.
“Anche Binotto e la squadra riconoscono che sia una virtù (avere due piloti di pari livello, nda), che è uno dei nostri punti di forza. Ma è chiaro che una parte delle persone che seguono la Ferrari non vogliono che ci siano due piloti dello stesso livello. Forse è una questione che riguarda altri, perché io sono convinto che la cosa migliore per la squadra sia che noi due siamo il più vicino possibile“.
“Sono in F1 da molti anni e so più o meno come funziona questo sport. So che, più o meno, alla fine l’importante è la testa. Essere calmi, avere fiducia in se stessi, forse è uno dei miei punti di forza. La casa può cadermi addosso e io continuerò ad essere positivo ed a cercare di continuare ad avere buoni risultati senza lasciarmi influenzare troppo. So che ho delle cose da migliorare come pilota, ma so anche che sono bravo, che sono in grado di farlo in qualsiasi gara“.
Carlos Sainz ha espresso in maniera piuttosto chiara il suo punto di vista: non si sente né è venuto in Ferrari a fare da cavaliere servente al suo compagno di squadra. E lo ha dimostrato nei fatti in gare come Monaco e Silverstone quando è stato egli stesso a dettare le linea strategica previamente impostata dal muretto. Un atteggiamento lecito e che mostra personalità ma che potrebbe cozzare con le necessità della Ferrari.
La stagione che sta per chiudersi ha spiegato a chiare lettere che, in un contesto di prossimità prestazionale con la concorrenza, non puntare sul singolo driver equivale a suicidarsi sportivamente. Quando la F1-75 era sul medesimo piano della RB18 alcune decisioni discutibili hanno contribuito ad allargare la forbice tra Verstappen e Leclerc. Non è un caso che quando le strategie hanno penalizzato il monegasco ne abbia giovato lo spagnolo.
In un regime di identica facoltà d’accesso è difficile avere la meglio di un team nel quale esiste un solo pilota col compagno a fare da vittima sacrificale. Vedasi, ad esempio, Barcellona 2022. Binotto, in vista dell’anno venturo, ha due grane da risolvere: quella tecnica, perché Ferrari deve finalmente sfornare un prodotto in grado di lottare fino alla fine, e quella gestionale.
Perché, inutile girarci intorno, se non si concretizzerà un vantaggio tale da consentire ai due alfieri del Cavallino Rampante di correre liberamente, lo schema a due punte non funziona. E la F1 contemporanea lo racconta molto chiaramente.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1TV, Scuderia Ferrari