15 maggio 2016. Mentre Lewis Hamilton e Nico Rosberg inscenavano il primo atto di un mondiale di F1 tesissimo, ricco di scontri e tracimante di polemiche, nasceva una stella: Max Verstappen. L’andamento della gara in oggetto è piuttosto noto. Al primo giro i due alfieri della Mercedes si fecero fuori in un duello fratricida che alla fine dell’anno incoronerà il tedesco che, esausto per il duello sfiancante, deciderà, in maniera clamorosa, di appendere il casco al chiodo.
Quell’iconico Gran Premio di Spagna doveva evidentemente sancire fatti storici. Eventi che sarebbero stati tramandati negli anni. Dieci giorni prima della gara, il 5 maggio, Max veniva promosso in Red Bull al posto di Daniil Kvjat, contestualmente “retrocesso” Toro Rosso dopo un avvio molto negativo. Il talento di Hasselt – e forse sarebbe veramente il caso di usare l’aggettivo “predestinato” – non si lasciò pregare.
All’esordio con la compagine di Milton Keynes ottenne immediatamente un ottimo quarto posto in qualifica. Il giorno dopo, complice il summenzionato doppio ritiro delle Mercedes di Hamilton e Rosberg, vinse la gara resistendo ad un arrembante Kimi Raikkonen su Ferrari che risaliva da dietro. Con quel trionfo, Verstappen diventò il più giovane pilota ad aver vinto una gara del campionato di F1.
Un avvio così scoppiettante non poteva non essere la prova dell’esser dinnanzi ad un pilota fuori dal comune che, dopo sei anni, ha messo in carniere 32 vittorie di tappa e due titoli iridati. Elementi che hanno convito Chirs Horner, Helmunt Marko e la proprietà della scuderia a concedere un contratto sontuoso nelle cifre e lunghissimo nella durata considerando la scadenza individuata del dicembre 2028.
Horner, uno degli artefici del successo del paradigma Red Bull, si coccola il suo campione e spiega quanto sia impressionato dalla sua consistenza: “Non ho mai visto nulla di simile a quello che è successo al Montmeló nel 2016. Si è trattato di qualcosa di speciale. Max che è aperto a spingersi in tutti i settori, crede che ci sia sempre qualcosa in più da fare. È chiaramente il pilota più talentuoso che abbiamo avuto in squadra in questi anni“. Con buona pace di Sebastian Vettel che ha portato a casa ben quattro corone d’alloro.
“Un altro episodio mi ha fatto capire che fossimo davanti a un talento prodigioso – ha spiegato il manager a Motorsport Week – è stata la gara di Spa del 2015, quando ha affiancato all’esterno di Blanchimont Felipe Nasr. Ho pensato ‘Questo ragazzo è davvero coraggioso e veloce’. Lo si è visto in quella stagione che era una stella splendente. Lo abbiamo promosso in Red Bull ed ha fatto qualche normale errore. In quei casi sono sempre stato aperto con lui, come nelle terze libere di Montecarlo del 2018. Gli ho detto quanto fosse veloce e che non aveva bisogno di spingere come un dannato sin dalla prima curva. È andato via, ha riflettuto e nel weekend successivo e, a Montreal, si è presentato come un metronomo“.
Max risponde alle lodi con un solidissimo spirito di squadra; un aziendalismo che non deve sorprendere visto come Red Bull si è spesa per costruire, mattoncino dopo mattoncino, la carriera del venticinquenne di Hasselt: “È stato speciale conquistare il titolo piloti in Giappone ma non ho avuto la possibilità di festeggiare troppo perché siamo ancora concentrati sulla conquista del campionato Costruttori” ha spiegato l’olandese.
“L’obiettivo finale è ovviamente quello di vincerli entrambi, ma dobbiamo tenere la testa bassa. Potrà arrivare solo se continueremo a fare buone prestazioni. Vincere ad Austin l’anno scorso è stato fantastico e non vedo l’ora di vedere cosa riusciremo a fare questo fine settimana“.
C’è poco da affidarsi alle doti divinatorie. Anche sull’asfalto del COTA, Verstappen e la Red Bull saranno i favoriti numero uno per la vittoria finale che potrebbe portare al quinto titolo costruttori nella breve storia della franchigia austriaca. Una ciliegina su una torta che nemmeno il budget cap gate ha reso amara nel gusto.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing