218 a 198. Quarto e sesto. Così recita la classifica piloti del campionato del mondo di F1 quando mancano tre gare all’epilogo di Abu Dhabi. Se un osservatore distratto volesse dare dei verdetti sommari allora direbbe che George Russell, nell’anno dell’esordio in Mercedes AMG, ha randellato per bene Lewis Hamilton. Alla fine, considerando la verve della W13, è possibile che le cose si chiudano con una vittoria interna del talentino di King’s Lynn. Ma questa evidenza numerica, però, non spiega nel merito dinamiche ben più complesse.
Ad oggi, volendo essere estremamente sintetici, Russell batte Hamilton. Ma non lo fa nei fatti. Proprio prima del Gran Premio degli Stati Uniti, il sette vote iridato aveva spiegato che la sua stagione era stata condizionata dall’aver dovuto svolgere un lavoro specifico, quasi da “tester da laboratorio”.
“Ho davvero provato tutto sulla vettura, ho testato 100 volte tutte le regolazioni possibili e ne ho pagato le conseguenze nella prima metà della stagione” aveva spiegato Hamilton.
“Per me si trattava di acquisire conoscenze per il team, in modo che potessero letteralmente spuntare la casella e dire che funziona o non funziona. Ho sentito che questo era il mio ruolo. Spero che questo lavoro abbia un impatto migliore non solo per le gare rimanenti di quest’anno, ma anche per l’anno prossimo in termini di direzione da prendere. Perché io sono comando di quel timone“.
Uno status riconosciuto dai pezzi grossi del team di Brackley: Toto Wolff, Andrew Shovlin e Mike Elliott, a più riprese, hanno riferito le medesime evidenze. Ossia che Hamilton si è reso protagonista di un lavoro oscuro che non è stato chiesto a Russell. Ed è in questa logica che vanno valutate le cose. Russell è stato un fenomeno di concretezza. E non è un caso se oggi, in classifica, è addirittura davanti a Sainz che può contare su una vettura che, fino al Gran Premio di Francia, sembrava poter dare filo da torcere alla poi rivelatasi dominante Red Bull RB18.
Ripercorrendo l’annata dei due piloti Mercedes, al netto dei ritiri (pochi) o di giornate particolarmente sciagurate, l’andamento è chiaro: in gara Russell non ha quasi mai sciorinato il passo del compagno di squadra. Diverse le volte in cui la safety car ha modificato esiti già apparentemente scritti con il pilota di Stevenage tranquillamente davanti.
Un’altra tendenza si è manifestata col dipanarsi del mondiale. Nel momento in cui la W13 n°44 ha smesso di essere un laboratorio ambulante – cosa che possiamo far coincidere con il Gran Premio di Silverstone che Lewis poteva vincere se il box non si fosse macchiato di una piccola imprecisione e l’ennesima vettura di sicurezza non avesse penalizzato la sua rimonta – la forbice prestazionale tra i due si è iniziata ad allargare.
Non solo in gara, ma anche in qualifica. Aspetto in cui l’ex Williams aveva generato più di un grattacapo al più scafato collega. Evidentemente, non appena è stato possibile lavorare sulle performance piuttosto che sulla risoluzione di problemi tanto grossi da non poter essere del tutto fissati, l’esperienza e la velocità del trentasettenne driver sono emerse.
Attenzione, questo non è un atto d’accusa ne confronti di Russell. George se la sta vedendo col pilota più titolato di sempre. Solo questa cosa basterebbe per rimanere schiacciati dal peso della pressione. Ancora, era al debutto in un team che Lewis conosce, nelle dinamiche interne, da ben dieci anni. Inoltre ha dovuto lavorare in un contesto difficile con una vettura che, per la prima volta dopo otto anni, ha dovuto pesantemente arrancare rispetto alle concorrenti. E con essa tutta un’equipe disabituata a fare da cacciatore essendo nata lepre.
In questo magma il pilota si è mosso con destrezza sfruttando ogni occasione che la pista gli ha concesso. In un anno di apprendistato battere Hamilton è grasso che cola. Anche con tutti i distinguo del caso. La questione si sposta all’anno venturo e a quelli successivi. Lewis va per i 38 anni, la sua carriera non sarà ancora lunghissima anche se ha paventato l’idea – accolta con favore da Toto Wolff – di rinnovare il legame con la Stella a Tre Punte. George è l’erede designato e deve essere in grado di sobbarcarsi il peso di un team che nei giorni scorsi ha definito programmi di lungo periodo che prevedono il ritorno in pianta stabile sul gradino più alto del podio.
Nella stagione si apprendistato è fisiologico un calo d’attenzione che l’altro ieri ha portato ad un errore che ha rovinato fatalmente la gara di Sainz e che poteva portare ad uno zero in classifica. Per l’anno venturo e quelli a venire è necessario un ulteriore scatto decisivo se vuole essere ciò che Lewis è stato finora per il team.
Ricordiamo, in chiusura, che il contratto di Russell scade a fine 2023. Ad oggi ci sono tutte le condizioni per ottenere un rinnovo che pare essere scontato. Quel che George deve costruirsi è la facoltà di potersi “scegliere” un compagno più comodo. E questo sarà possibile solo mostrando un livello d’attenzione costante e migliorando le prestazioni in gara portandole sul medesimo piano di quelle di Hamilton. Perché la classifica, ad oggi, sovrastima leggermente l’andamento stagionale.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Mercedes AMG Formula One Team