In F1, spesso accade che i risultati non rendano giustizia all’enorme lavoro svolto dall’area tecnica. Nella stagione che volge al termine, restano vivide le istantanee dei guasti occorsi alla power unit Ferrari. In alcune circostanze talmente evidenti da risultare dannosi in termini di immagine, come nel caso del rogo sulla monoposto numero 55 di Carlos Sainz nel corso del Gran Premio d’Austria.
La necessità di chiudere la distanza prestazionale con la concorrenza, ha alzato l’asticella dei target assegnati al comparto motori del Cavallino Rampante. Non pare giusto parlare di rischio elevato, però, in quanto la stagione 2022 era la chance per tornare a competere ai massimi livelli e come tale andava sfruttata apieno. Il freeze sulle unità turbo ibride sino al 2025, sia nella componente endotermica che in quella ibrida, non poteva contemplare una strategia di improvement diluita su più campionati.
In buona sostanza, a ragion veduta, il propulsore 066/7 doveva essere concepito in automatico per massimizzare le performance in ogni area. Tutto questo, semplicemente, perché nel prossimo futuro le opportunità per farlo in maniera libera non ci sarebbe stata.
Come spesso accade in ambito ingegneristico, ogni soluzione tecnica è pensata per fornire un vantaggio competitivo e, al contempo, cercare di andare a minimizzare i rischi in termini di affidabilità. Purtroppo tale equazione è stata di fatto inapplicabile per la storica scuderia italiana.
Il dato che emerge dal report sulle componenti power unit omologate dai motorizzati Ferrari risulta più che eloquente. Al pari di Alpine, l’unità di potenza modenese ha accusato il maggior numero di guasti, sia sulle vetture ufficiali che su quelle dei clienti Haas e Alfa Romeo. Tutto da buttare quindi? Niente affatto…
Il propulsore di Maranello, grazie alla deroga concessa dal regolamento tecnico, è già in fase avanzata per ricalibrare il progetto. Gli ingegneri della rossa stanno apportando modifiche di natura strutturale, con il chiaro obbiettivo di raggiungere l’irrinunciabile affidabilità nel corso del prossimo triennio.
Grazie al salvacondotto sulla deroga al freeze delle PU, Ferrari ha testato alcuni aggiornamenti sulla power unit di Leclerc omologata per il Gran Premio di Austin. Per stessa ammissione di Mattia Binotto si tratta di modifiche marginali e non definitive. Nonostante lo scoppiettante inizio di stagione, la squadra italiana era consapevole che uno step così significativo, in termini di pura performance, poteva pagare dazio in termini di maturità stessa del progetto tecnico.
D’altronde il comparto motoristico in GES ha seguito un valido concetto: risulta molto più facile rendere affidabile una monoposto veloce piuttosto che il contrario. Nel breve periodo la scelta programmatica della Ferrari è stata penalizzante. Tuttavia la fiducia di poter consegnare alle prossime monoposto un “cuore” potente e affidabile nel prossimo triennio esiste eccome.
Come dichiarato dai diretti interessati, l’area tecnica Ferrari ha perso alcune certezze sull’update al fondo presentato in occasione del Gran Premio di Francia. A differenza dei precedenti aggiornamenti, di fatti, il pacchetto introdotto al Paul Ricard non ha fornito i riscontri desiderati.
Da quel momento in poi, il comparto aerodinamico della rossa ha cercato di trovare il bandolo della matassa, attraverso numerosi “compare” tra le diverse configurazioni provate in pista, in parte convinta dell’effettivo valore aggiunto degli aggiornamenti.
In questo arco temporale la FIA ha reso effettiva la direttiva tecnica anti porpoising TD039, provvedimento che ha cambiato il contesto di riferimento in base al quale i tecnici avevano implementato le correzioni aerodinamiche. Dopo la pausa estiva, superato lo shock della prestazione “monstre” di Verstappen a Spa-Francorchamps, Ferrari sembrava aver finalmente sciolto le riserve in merito all’indirizzo aerodinamico su cui puntare nell’ultimo stint del mondiale.
Tuttavia, nonostante le performance in qualifica si siano confermate di assoluto livello, la gestione dei compound in gara si è resa sempre più problematica. Il rapido degrado delle mescole, in parte, si deve all’effetto di un range di setup molto ristretto, in grado di offrire la prestazione assoluta in qualifica ma dal rapido decadimento prestazionale in merito ai compound in gara.
In tal senso, non possiamo escludere che Ferrari abbia pensato ad un cambio concettuale all’anteriore, vagliando l’ipotesi di implementare il pull road all’avantreno per il 2023, soluzione estremamente efficace sulla Red Bull RB18.
Anticipando le presentazioni delle monoposto 2022, Formula Uno Analisi Tecnica aveva ipotizzato che alcuni team avrebbero potuto utilizzare il sistema sospensivo pull rod all’anteriore (clicca qui per l’approfondimento tecnico). Una delle novità più importanti di questo mondiale riguarda il diametro dei cerchioni aumentato di 5 pollici. Le misure maggiorate forgiate da Pirelli hanno diminuito l’altezza della spalla. Tale scenario ha di fatto creato una riduzione concernente la porzione deformabile dello pneumatico. La capacità di assorbire l’energia, pertanto, è stata presa in carico quasi interamente dalle sospensioni attraverso assetti più morbidi.
Gli ulteriori vantaggi legati all’adozione dello schema pull rod all’anteriore riguardano soprattutto la distribuzione dei pesi e il baricentro. Quest’ultimo viene abbassato insieme ai pesi, visto che le parti interne delle sospensioni vengono spostate sul pavimento del telaio. Benché quello della RB18 sia l’esempio “virtuoso” del sistema pull rod, non è garanzia di maggiore gentilezza sugli pneumatici come dimostrato dalla McLaren che, pur utilizzando il medesimo schema, non si è certo distinta nella gestione gomme.
Per di più, una modifica così profonda della geometria relativa alle sospensioni, potrebbe inevitabilmente deviare il concept aerodinamico utilizzato in questo campionato. Resta da capire, quindi, se la cosa eventualmente sia fattibile.
Una cosa è certa: la Ferrari 675, codice di progetto 2023, avrà certamente solide basi meccaniche sulle quali evolvere il progetto aerodinamico della comunque ottima F1-75, per puntare senza indugio alla riconquista di entrambi i titoli iridati.
Autore e grafiche: Roberto Cecere – @robertofunoat
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A rigor di logica il problema della Ferrari non è lo schema sospensivo, che funzionava egregiamente fino all'estate, quanto più la necessità di doverlo tarare così rigidamente, diventata fondamentale dopo l'introduzione della direttiva tecnica (...o del fondo del Paul Ricard se preferite).
Se passi al pull rod ma resti costretto a viaggiare così rigido cos'hai risolto? La soluzione è riuscire a tornare ad ammorbidire, che probabilmente significa trovare il modo di generare lo stesso carico di prima sollevando di più la macchina.