Formula 1

Quel “giochetto” di Perez a Monaco che penalizza la Ferrari

Mentre Mercedes, in Brasile, festeggiava la prima vittoria nel campionato del mondo di F1 2022, in casa Red Bull si aprivano evidenti crepe sui muri portanti (leggi qui). Un mezzo terremoto, uno scossone inatteso perché la compagine guidata da Chris Horner sembrava, dall’esterno, una sorta di atollo protetto, un ambiente sereno e pacifico del quale Verstappen ha goduto sublimando le sue performance.

E invece sono emerse tensioni striscianti che i dirigenti avevano provato a tenere celate. Fuoco vivo che ardeva sotto una coltre di cenere grigia. Per capire dove e perché siano sorti i nervosismi bisogna fare un passo indietro. Anzi, due. Monaco, di cui si dibatte molto in queste ore, è in realtà in secondo step di una vicenda che prende le mosse a Barcellona quando Max, al passaggio n°8, commette un errore in Curva 4. L’olandese va largo e assaggia la ghiaia per rientrare in pista dopo aver perso un bel numero di secondi.

Da quel momento parte una rimonta che George Russell, anche grazie al DRS difettoso della RB18, rende decisamente ostica. Quando Verstappen riesce finalmente a liberarsi del britannico la sua gara è una discesa verso la vittoria, complice il suo box che lo favorisce nella strategia a scapito di Sergio Perez che deve rimandare la vittoria che arriverà tra i muretti del Principato, esattamente sette giorni dopo.

Max Verstappen (Oracle Red Bull Racing) annaspa nella via di fuga di Curva $ durante le battute inziali del Gp Spagna di 2022

F1. Red Bull: Montecarlo punto di non ritorno nel rapporto tra Verstappen e Perez

E proprio a Monaco c’è l’evento che scatena l’astio tra i due alfieri della Red Bull che in Brasile è letteralmente deflagrato. Nelle qualifiche disputatesi sul budello rivierasco qualcosa di anomalo effettivamente è accaduto. Perez, al Portier, fa due cose “strane”. La prima è che va sul gas in anticipo rispetto a Verstappen pigiando il pedale in modo piuttosto brusco. La seconda è che non effettua alcun movimento con il volante durante la dinamica che lo porta allo scontro con il guard rail (ulteriori dettagli potete trovarli nel nostro focus telemetrico: leggi qui).

Senza dubbio l’atteggiamento dell’ex Racing Point risulta sospetto. Specie se consideriamo che un pilota di F1 è istintivamente portato a correggere le traiettorie impostate dalla monoposto quando quest’ultima perde aderenza. I tecnici di Milton Keynes, dati alla mano, potrebbero aver capito le finalità della manovra del messicano interpretando la telemetria e arrivando alla conclusione che la seconda guida Red Bull avrebbe deliberatamente provocato la bandiera rossa. A quanto pare, interrogato sulla questione, Perez avrebbe addirittura ammesso la sua colpa a Marko e Horner.

Oracle RedBull Racing: Christian Horner tra i suoi piloti Max Verstappen e Sergio Perez.

F1. Red Bull sapeva. La FIA pure?

Dunque, Red Bull sapeva? Probabilmente sì. E averla gestita lavando i panni sporchi in famiglia è cosa piuttosto normale e organica al sano funzionamento di qualsiasi team. Meno naturale è che l’ordigno sia esploso in maniera così clamorosa in un botta e risposta quasi surreale avviato da Verstappen che non ha voluto saperne di cedere la posizione al collega nonostante le reiterate richieste di Gianpiero Lambiase, ingegnere di pista dell’olandese: “Ve l’ho già detto l’ultima volta. Non dovete più chiedermi cose del genere. Sono stato chiaro? Ho già dato le mie ragioni e continuo ad essere coerente” aveva tuonato Max in radio.

Affermazioni alle quali, a motori spenti, Perez aveva replicato con atteggiamento seccato: “Non so perché si Max comporti così, non capisco le sue ragioni, se è un due volte campione del mondo lo è grazie a me. Sta dimostrando quello che è realmente“. Ora sta a Horner e Marko l’arduo compito di ricomporre l’infranto e di ricreare un’armonia necessaria non tanto per il finale della stagione, bensì per un 2023 che si annuncia particolarmente tosto per via delle limitazioni scaturenti dal BOP regolamentare e dalla penalità comminata dopo lo sforamento del tetto di spesa.

Questioni interne che assumono un carattere marginale. Ciò che andrebbe evidenziato, invece, è l’operato dei commissari di gara. Quello telemetrico è da considerarsi tutt’altro che un impianto probatorio marginale. I dati raccolti dai team, difatti, sono stati spesso elemento dirimente in talune decisioni prese dalla FIA.

Come si fa, ad esempio, quando c’è un passaggio sospetto in regime di bandiera gialla. E’ prassi osservare le telemetrie per capire se in quello specifico punto il pilota abbia alleggerito la pressione sul pedale o sia andato giù pesante. Ne sa qualcosa proprio Verstappen a cui fu tolta la pole del GP del Messico 2019 proprio perché aveva tenuto giù alla Peraltada mentre erano esposte le gialle per la precedente uscita di Valtteri Bottas. Ricorderete l’autodenuncia dell’ex Toro Rosso che mise la mosca al naso ai commissari federali che, una volta tanto, agirono con solerzia.

La telemetria che “incastra” Sergio Perez – Monaco 2022

Se i commissari di gara avessero verificato un atteggiamento doloso, quindi fraudolento, ci sarebbero potuti essere gli estremi per un arretramento in griglia? Possibile. In un’era in cui fruire dei dati telemetrici è operazione decisamente semplice è singolare che l’ente giudicante non consideri gli stessi come elemento fattuale nelle sue analisi post sessione. I comportamenti antisportivi, in qualsiasi ordinamento, vanno fermamente condannati.

Fosse stata confermata la volontarietà immediatamente dopo aver commesso il peccato, allora Perez non avrebbe solo danneggiato il compagno di casacca, ma tutti i piloti che, potenzialmente, potevano finire più avanti in una griglia di partenza. Elemento che a Monaco è di gran lunga il fattore più importante dell’intero weekend stante le note difficoltà a superare l’avversario. Sergio, dunque, fa un potenziale torto a tutti i driver, anche a quel Charles Leclerc con cui è appaiato in classifica a 290 punti.

F1. Il presunto gesto antisportivo di Perez penalizza Leclerc?

Ed è questa una questione che non è stata praticamente dibattuta ma è che è degna di essere messa sotto la lente d’ingrandimento. A Monaco la Ferrari operò una strategia molto penalizzante per Leclerc che nacque proprio dalle mosse anticipate di Red Bull e di Perez. Se il messicano fosse partito dalle retrovie quella catena di eventi non si sarebbe attivata e oggi, con soli 26 punti in palio, il monegasco avrebbe potuto gestire in scioltezza un ipotetico vantaggio.

Sergio Perez (Oracle Red Bull Racing) inseguito dal monegasco Charles Leclerc (Scuderia Ferrari)

Ovviamente il ragionamento è congetturale, ma vuole aprire ad una riflessione sulle modalità decisionali in vigore nella massima serie del motorsport. In epoca di sale var, review in real time e interconnessioni tra più soggetti coinvolti nel processo decisionale/sanzionatorio, la F1 potrebbe strutturarsi meglio per prendere decisioni più rapide e consone alla posta in palio.

Quella monegasca, beffardo destino visti i natali di Charles, rappresenta una vera e propria sliding door stagionale. Gli esiti del mondiale non sarebbero cambiati. Leclerc non avrebbe vinto il titolo e Perez non sarebbe sprofondato nelle zone scomode della classifica, ma di certo avrebbe avvantaggiato il driver dell‘Academy Ferrari nella corsa alla piazza d’onore che, in una carriera relativamente breve, è un risultato di assoluto ed innegabile prestigio. Specie se ci si piazza dietro un campione come Verstappen e si tiene a bada uno che di corone di alloro ne ha ben sette in bacheca.

La F1, nel suo insieme, dovrebbe trarre insegnamento da una vicenda analoga per evitare, in un futuro prossimo, che altre manovre sospette possano concretizzarsi. Creare un contesto sano e positivamente schiavo dei valori fondanti dello sport sarebbe auspicabile.


Autore: Diego Catalano – @diegocat1977

Foto: F1TV, Mercedes AMG
Oracle Red bull Racing

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Diego Catalano