Siamo entrati nella settimana del Gran Premio del Brasile, penultimo attimo del mondiale di F1 2022 che passerà definitivamente agli archivi domenica 20 novembre quando si terrà il GP di Abu Dhabi. I verdetti che contano sono stati scritti tra Suzuka ed Austin ed entrambi sorridono alla Red Bull. A Milton Keynes i mondiali non li ha vinti nell’autunno in corso, ma molto molto prima. Ossia in fase di definizione della RB18.
Se il campionato 2022 dovesse essere sintetizzato in un solo termine la scelta ricadrebbe certamente su “porpoising”. Il pompaggio aerodinamico è stato il grande tema che ha caratterizzato l’annata fino a condizionarla in maniera prorompente. La stessa, controversa, direttiva 039 che una spallata ai valori visti fino in Ungheria l’ha data, è figlia della necessità di limitare il fenomeno che in alcune piste, specie a Baku, era parso letteralmente fuori controllo.
Le oscillazioni verticali hanno frenato le ambizioni della Mercedes che ha dovuto lavorare per metà stagione alla risoluzione del fenomeno. A Silverstone si è vista la luce in fondo al tunnel e solo da quel momento ci si è potuto concentrare sulle prestazioni che, via via, sono cresciute. In Red Bull, invece, il fenomeno non si è mai presentato. Ma non si tratta di fato, caso o fortuna. In fase di delibera, infatti, Adrian Newey aveva ben considerato l’effetto indesiderato generato dai canali Venturi che tornavano in F1 dopo anni di ban.
La verità è che Red Bull è stata la prima squadra ad affrontare nel merito il problema del porpoising. Se molti team sono rimasti letteralmente e colpevolmente sorpresi da una monoposto che rimbalzava imponendo assetti “debilitanti”, il progettista che ha fatto le fortune della compagine austriaca aveva già considerato il problema adeguando il progetto RB18 alla necessità di superarlo prima ancora che la macchina mordesse l’asfalto.
Newey ha acquisito il fondamentale know how sulla materia all’inizio della sua carriera. In una recente intervista concessa ai tedeschi di AMUS, il vulcano di idee di Stratford-upon-Avon ha spiegato perché non si è fatto trovare impreparato alla più grande rivoluzione che il la classe regina del motorsport ha conosciuto negli ultimi 40 anni: “Ho incontrato l’aerodinamica a effetto suolo anni addietro e il mio ultimo progetto durante gli studi riguardava la sua applicazione alle auto sportive. Stavo cercando uno stage e ho scritto ai team che hanno corso nella stagione 1980. La maggior parte di loro non rispose. Harvey Postlethwaite, che all’epoca lavorava alla Fittipaldi, mi offrì un lavoro come apprendista nel suo reparto di aerodinamica“.
Dalla teoria alla pratica. Il giovane Newey fu immediatamente proiettato nel “campo di battaglia” divenendo subito capo-dipartimento. Una vera e propria ordalia del fuoco superata in scioltezza che è servita come palestra conoscitiva per affrontare la sfida delle F1 “next gen”. “Avevo intuito cosa ci aspettava – ha spiegato il tecnico – Al massimo sono rimasto sorpreso dalla portata. In realtà tutti avrebbero dovuto saperlo. È un fenomeno che è nel DNA di queste auto”.
Perché molto l’hanno sottovaluto allora? É lo stesso Newey a spiegarlo quando afferma che il porpoising è molto difficile da riscontrare in galleria del vento e nei modelli computazionali. Nonostante ciò, però, c’erano altri modi per prevederlo. Cosa che Red Bull ha fatto garantendosi un vantaggio prestazionale sul quale il team ha potuto sviluppare la macchina. Difatti gli ingegneri si sono subito messi al lavoro per far dimagrire la RB18 senza l’assillo, come ad esempio successo dei rivali della Mercedes, di perdere sessioni, gran premi e ore di galleria per capire come uscire fuori dalle oscillazioni verticali.
L’anno prossimo – e questa è la speranza che covano i team rivali – è che le competenze acquiste in stagione, in aggiunta alle limitazioni che arrivano dal balance of performance regolamentare e dalla sanzioni comminate dalla FIA per lo sforamento del budget cap, possano erodere alla fondamenta quel vantaggio conoscitivo che Adrian Newey ha messo a diposizione della sua squadra sfornando una monoposto che ha dominato la stagione ed ha riscritto alcuni record della F1. Il rischio, per gli altri, è che l’ingegnere inglese abbia qualche altro asso nella manica da calare al momento opportuno.
Autore e foto Mercedes W13: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing