Nei giorni scorsi è stato il turno di Chirs Horner di fare il giochino dei numeri; oggi tocca ad un suo illustre collega di team. Andiamo con ordine. Il team principal della Red Bull, parlando delle limitazioni allo sviluppo della F1 del 2023 determinate dalla sentenza relativa al budget cap gate, aveva provato a quantificare gli effetti della stessa sul cronometro.
Ad essere onesti, calcolare il deficit scaturente da un minor numero di ore di lavoro è pressoché impossibile. Ma il manager inglese ha provato comunque a dare un’indicazione di massima dopo essersi confrontato con i cervelloni del suo team: “È difficile dare una cifra precisa sul giro, ma si presume che, con questi regolamenti ancora immaturi e le tante possibilità di sviluppo che vi sono ancora, gli effetti potrebbero essere tra 0,25 e 0,5 di secondo al giro“.
Ma Horner non si è fermato qui ed è passato addirittura alle percentuali: “Avremmo potuto perdere il 10% in ATR, ma abbiamo guadagnato il 25% in motivazione da ogni singolo membro dello staff di Milton Keynes”. Forse è questo il segreto del team che ha letteralmente stracciato gli avversari nel campionat0 2022: trasformare in elementi oggettivi, ossia i numeri, fatti piuttosto sfuggenti ed aleatori.
Anche Helmut Marko, superconsulente delle scuderia con base operativa in quel di Milton Keynes, ha provato a fare una sorta di bilancio in cifre dell’annata. Ma stavolta le doti numerico-predittive hanno riguardato il duello tra i due piloti, Max Verstappen e Sergio Perez, entrambi alla loro migliore stagione in carriera. Lo dicono i punti ottenuti, lo affermano le vittorie agguantate. Score che possono addirittura essere rinverditi nel back-to-back Brasile – Abu Dhabi che chiude il mondiale.
L’austriaco, che di piloti se ne intende essendo stato parte attiva della categoria, ha parlato di come Verstappen, ad un certo punto, abbia preso in mano il pallino del gioco iniziando a stendere prestazioni che hanno allargato la forbice nei riguardi del collega di casacca. Cosa resa possibile sia dalle grandi doti di pilotaggio di Max, ma anche e soprattutto grazie ad un team che, ad un certo punto, ha preso a sviluppare la RB18 per andare incontro alle necessità di driving del due volte iridato.
Marko ha sottolineato quanto la pista aveva mostrato in maniera piuttosto chiara: nella fase embrionale del campionato 2022 la distanza tra Verstappen e Perez si era assottigliata fino quasi a sparire. La RB18, pesante e sottosterzante, non era nelle corde del talento di Hasselt mentre si sposava alla perfezione con lo stile di messicano che chiede un retrotreno meno “sfuggente”. “Nella prima parte di stagione Max era veloce quanto Perez su una monoposto che non si adattava al suo stile di guida” ha quantificato Marko.
“Quando l’auto va bene, Max è mezzo secondo più veloce di Perez”. Numeri evidentemente corroborati dai dati telemetrici che scaturiscono dalle sessioni in pista. Ma per arrivare a questo gap è stato necessario mettere Verstappen nelle giuste condizioni operative. Cosa che è accaduta da Imola in poi, quando la RB18 ha iniziato a dimagrire avvicinandosi ai limiti minimi di massa. E mai scelta fu più saggia per come si è poi sviluppata la stagione agonistica. Marko, però, ci tiene a sottolineare che la scelta di far progredire la macchina verso le caratteristiche dell’olandese è stata incidentale e non studiata a tavolino.
“Non abbiamo sviluppato l’auto nella sua direzione, questa è una sciocchezza – ha tuonato l’austriaco ai taccuini dei colleghi di AMUS – Il problema principale era il sovrappeso, a livello aerodinamico eravamo praticamente a posto. A inizio stagione ci sono stati dei problemi e degli errori che abbiamo analizzato. I primi due ritiri sono stati di responsabilità della Red Bull Racing, il terzo un fallimento della Honda. Quindi abbiamo migliorato il controllo di qualità. Alla fine è stata la migliore stagione di sempre per la Red Bull, perché la concorrenza oggi è di livello molto migliore rispetto al passato”.
Alzi la mano chi, dopo tre gare condite da ritiri, difficoltà e caratterizzate da una Ferrari F1-75 apparsa a tratti dominante, avrebbe preconizzato un dominio di tale portata che ha determinato la riscrittura dei record interni alla Red Bull e all’abbattimento di altri dell’intera categoria. Come il numero di punti ottenuti e il numero di gare vinte in un singolo anno.
La progressione della scuderia anglo-austriaca sta tutta nell’aver impostato un piano di sviluppo efficace e subito funzionante. E’ importante sottolineare il passaggio nel quale Marko ha spiegato che la monoposto era praticamente già ben definita nella sfera aerodinamica e che bisognava “solo” lavorare sulla perdita di peso.
A Milton Keynes, dunque, sapevano sin dal principio su cosa e come operare senza perdere tempo in altre questioni tecniche. Come, ad esempio, è accaduto in Mercedes che ha gettato alle ortiche metà campionato per venire a capo del pompaggio aerodinamico.
Il doppio mondiale di Red Bull, dunque, è un capolavoro di pianificazione tecnica che ha fatto la differenza su una Stella a Tre Punte in confusione e su una Ferrari che non è riuscita a sviluppare altrettanto efficacemente una vettura che all’inizio sembrava poter dire la sua fino in fondo. Ora bisogna capire se le limitazioni scaturenti dall’infrazione del budget cap saranno un freno a questa capacità di definire con cura gli upgrade. Ed è questo l’aspetto che davvero preoccupa Adrian Newey e i suoi.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing