La F1 si è messa alla spalle, almeno in termini di giudizio, il budget cap gate. Il sistema sanzionatorio ha prodotto una pena che prevede, per i rei della Red Bull, il 10% in meno delle ore di sviluppo della monoposto 2023 (CFD e wind tunnel). A ciò va abbinata una multa di sette milioni di dollari da non stornare al totale disponibile come molti soggetti facenti parte del Circus avevano invece chiesto.
La FIA, che ha mostrato una certa fermezza nella sentenza dopo un processo decisionale inaccettabilmente lungo, condito da troppe fughe di notizie che hanno alimentato congetture ed illazioni apparse talvolta fuori controllo, è stata magnanima nel non affliggere ulteriormente una Red Bull che potrebbe pagare dazio nel prossimo campionato vedendo eroso il vantaggio tecnico deflagrato in maniera evidente durante il 2022 (leggi qui).
Il dibattito sul verdetto comminato da Place de la Concorde verte tutto sul rapporto tra lo stesso e l’infrazione commessa. A Milton Keynes, in un normalissimo gioco della parti, si sentono vittima di una decisione spropositata rispetto al casus belli. I rivali, come ad esempio Ferrari, ritengono che in neo-iridati possano gioire perché la pena è poca roba rispetto ad un mondiale vinto godendo di un indebito vantaggio. Questo è il punto di vista che Mattia Binotto ha espresso dopo il Gran Premio degli Stati Uniti mondandosi da una diplomazia di facciata. Coraggioso.
Anche Gunther Steiner, team principale della Haas, ritiene che la pena prodotta sia tutto sommata blanda: “Sette milioni di dollari sono un sacco di soldi ma questo non li danneggerà. Se avessero deciso che l’anno prossimo avrebbero avuto 5 milioni di dollari in meno rispetto a tutti gli altri nel budget cap, giusto per dire un numero, allora questo avrebbe un vero impatto per lo sviluppo della vettura”.
C’è chi ritiene, invece, che quanto è stato stabilito dall’organo federale sia piuttosto pesante. “In Formula Uno è tutta una questione di aerodinamica. Quando hai meno tempo in galleria del vento per sviluppare il pacchetto, ma ne hai già uno ottimo e sei più veloce degli altri, allora ciò potrebbe non avere un grande impatto. Ma se si tiene conto della velocità di sviluppo dei team dall’inizio alla fine dell’anno – ha spiegato David Coulthard – una vettura non sviluppata che vince il primo Gran Premio farà fatica a raggiungere la top 10 a fine mondiale. Quindi, in realtà, la pena sollevata nei confronti della Red Bull è piuttosto pesante”.
Un’opinione, in quanto tale, è contestabile. Se leggiamo cosa ha riferito Zak Brown, numero uno della McLaren, gran depositario dello spirito del budget cap e nemico più o meno giurato di Chris Horner, allora comprendiamo che la FIA sarebbe stata fin troppo concessiva con gli austriaci: “Apprezziamo che l’indagine sul tetto dei costi sia un processo complesso che la FIA ha condotto in modo approfondito e trasparente. Sono contento che la verità sia ora disponibile e che il risultato sia quello che ci aspettavamo: una squadra ha violato il limite di costo e le altre nove hanno operato secondo le regole“.
“Pertanto – ha proseguito il manager americano – è giusto che vengano prese misure punitive. Se la FIA vuole essere più efficace e le sue punizioni servono da lezione per gli altri quando le regole vengono infrante in questo modo, le sanzioni devono essere molto più forti in futuro. Ci auguriamo che le lezioni apprese attraverso questo processo vogliano dire che tutti i team hanno una chiara comprensione delle regole per prevenire future violazioni. Mentre siamo lieti di vederli agire, speriamo che la FIA intraprenda azioni più forti in futuro contro coloro che infrangono deliberatamente le regole“.
Parole che non lasciano adito ad altre interpretazioni. Ancora più estrema è la posizione di Jacques Villeneuve, un personaggio che non si tira mai indietro quando c’è da esternare pareri scomodi ma mai banali: “Mi è difficile dire se la pena sia abbastanza severa. Ciò che mi preoccupa è che la FIA sta incassando sette milioni di dollari. Quindi non ha quasi nessun effetto per la Red Bull. Gli altri team, tra le altre cose, non ne ricavano un centesimo. Il dieci per cento di tempo in meno nella galleria del vento fa male, li rallenterà. Ma non fa guadagnare agli altri il tempo sul giro, un po’ di soldi della penalità aiuterebbero. La cifra andrebbe divisa tra le squadre”.
Insomma, da quanto su mostrato si evince che in F1 ci sia una generale e strisciante insoddisfazione per le decisioni prese dall’ente guidato da Mohammed Ben Sulayem che, è bene ricordarlo, si è prodotto in una lunga serie di discussioni con i plenipotenziari di Red Bull per calibrare una pena che non deprimesse troppo il team e che, contestualmente, non generasse l’insoddisfazione galoppante dei competitor. Una mossa che doveva servire a chiudere il capitolo ma che, a leggere le reazioni, sembra non aver centrato il target.
Paradossalmente è proprio la Mercedes, la franchigia che forse ha subito più di tutti lo sforamento del budget da parte di Red Bull nel campionato 2021, ad aver glissato sulla sentenza proiettandosi al futuro. Probabilmente, a Brackley, ritengono che le limitazioni allo sviluppo della RB19, unite al maggior numero di ore di lavoro a disposizione di Mike Elliott e James Allison, siano un qualcosa di sufficiente a riportare la Stella a Tre Punte in cima alla classifica dei valori. Vedremo.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1