La stagione di F1 2022 della Ferrari è paradossale. Piani paralleli coesistono in un mondiale a due facce. Il primo, luminoso, è quello delle speranze iridate covate in maniera convinta dal giorno della presentazione della F1-75 al giro n°18 del Gran Premio di Francia quando Charles Leclerc, al solitario comando delle operazioni, perde il controllo della vettura finendo nelle barriera. E’ la cesura storica dell’annata che apre al periodo nero. Ossia il secondo piano di cui sopra; il lato oscuro della Luna che prende il sopravvento e, soprattutto, dà il via libera definitivo a Max Verstappen che vincerà in scioltezza e senza patemi il secondo titolo iridato.
Possono essere tante le ragioni che si annidano dietro l’involuzione tecnica di Maranello. L’introduzione della Direttiva Tecnica 039, al di là delle smentite di Mattia Binotto, è una di queste. Ma anche l’incapacità di sviluppare la vettura che è rimasta, per sommi capi, la medesima vista nel primo giorno di test invernali catalani. Quell’impotenza nel progredire che, nei mesi, si è trasformata in scelta consapevole.
E’ proprio il team principal della Scuderia ad aver ammesso che il reparto tecnico, ad un certo punto, ha deciso di cedere il passo agli avversari e di concentrarsi sul 2023. Una strategia rischiosa che, negli anni, non ha pagato. Non è mistero, difatti, che la stagione in corso doveva essere quella del riscatto. Che è fallito in maniera piuttosto rumorosa.
Lo stratagemma di mollare la presa e di rinviare tutto all’anno successivo è chiaramente frutto della visione di chi è a capo della Gestione Sportiva. Ma è una linea condivisa da chi la Ferrari, non solo intesa come comparto F1, la dirige da un punto di vista amministrativo, politico, strategico e di marketing? Probabilmente la risposta deve ritenersi affermativa perché scelte di tale portata debbono essere necessariamente figlie di una visione operativa studiata su più piani. Ma questo non vuol dire che la proprietà debba ritenersi soddisfatta di quali siano i conseguimenti raggiunti in ambito di motorsport.
“Sebbene siamo tornati a essere competitivi non possiamo essere soddisfatti dei risultati ottenuti. Ci concentreremo sulle ultime gare e ci prepariamo nel modo migliore per il 2023”. Parole espresse da Benedetto Vigna, amministratore delegato della Ferrari, proferite in una videoconferenza che aveva come scopo la divulgazione dei risultati finanziari del marchio durante l’ultimo trimestre.
Va innanzitutto evidenziato che i riscontri finanziari dell’azienda modenese sono brillanti. La trimestrale è molto positiva dato che tutti gli indicatori dei risultati finanziari dei primi tre trimestri sono buoni. Ma è in particolare l’ultimo a spiccare. Da luglio a settembre, infatti, Maranello ha consegnato ai clienti di tutto il mondo 3.188 vetture, il 15,9% in più dello stesso periodo del 2021. Ancora meglio sono andati i ricavi netti, passati nel periodo da 1.053 a 1.250 milioni.
Di conseguenza il margine lordo è salito a 435 milioni. Un incremento del 17,1% rispetto all’analogo trimestre del 2021. Nei primi nove messi del 2022, ancora, le consegne di auto sono arrivate a 9.894 pezzi. I ricavi netti sono aumentati di un quinto arrivando a quota 3.727 milioni.
Cifre da incorniciare che però offrono una tendenza poco incoraggiante per i tifosi della Rossa: non c’è correlazione tra i risultati ottenuti in pista e le vendite. Il boom, difatti, arriva proprio quando Leclerc e Sainz iniziano a soffrire mollando il sogno iridato. La cosa indica che, paradossalmente, non è necessaria una Ferrari che vince per tenere i conti in linea con le attese. Ed è un po’ ciò che la storia recente ha raccontato.
Chiaramente, nel lungo periodo, risultati sportivi modesti non possono essere una strategia efficace e soddisfacente. Ecco perché Vigna sottolinea che le ultime gare devono essere una palestra allenante per un 2023 da protagonisti. Cosa che potrebbe essere favorita dalla frenata della Red Bull che, in qualche misura, dovrà accusare il colpo delle sentenze afflittive comminate dalla FIA.
Che la sfera “pistaiola” sia in cima alla “preoccupazioni” della Ferrari è confermato anche dal progetto hypercar di cui vi abbiamo parlato nei giorni scorsi (leggi qui). Risulta difficile ritenere che il Cavallino Rampante voglia cimentarsi in una categoria in cui presenziano altri colossi dell’automotive giusto per giocare il ruolo della comparsa. E forse è proprio questa evidenza che ridà speranza ai tifosi di poter rivedere una Rossa a dettar legge anche nella categoria regina del motorsport.
Ferrari è tenuta a smentire quel coro di voci che si fa sempre più massiccio e che ritiene, finché i riscontri finanziari saranno così brillanti, che non c’è vero interesse a puntare su vittorie sistematiche e non sporadiche. Una credenza che si è alimentata anche dopo la stipula del nuovo Patto della Concordia che offre al Cavallino Rampante ricavi economici molto vantaggiosi e che arrivano più per blasone/storia che per quanto si produce, in termini di vittorie, negli autodromi.
Ma anche la debolezza politica che, sovente, la scuderia modenese ha palesato ai tavoli in cui si definiscono regole e meccanismi della F1 è stata presa come una manifestazione di scarsa attitudine al trionfo in pista. Segnali meno aleatori di quanto si possa immaginare e che, una volta e per tutte, vanno rimossi passando dalle pie intenzioni ai fatti.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari
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Concordo in pieno con l'autore, se la Ferrari volesse veramente vincere non dico che lo farebbe - la concorrenza è eccellente - ma quantomeno ce ne accorgeremmo, pensiamo alla potenza di fuoco dell'era Montezemolo.
Ferrari ha già ordini per i prossimi 5 anni, la crescita ulteriore degli utili sarebbe legata alla possibilità di produrre più macchine, non aumentare la clientela.
Che si vinca o che si perda davanti a Maranello c'è sempre la coda.