Cosa deve fare Frédéric Vasseur per riportare i campionati del mondo di F1 a Maranello? Dispiace deludervi, ma non troverete la risposta in queste righe. Anche perché, se le avessimo, non faremmo informazione, ma saremmo al timone del vascello rosso. Possiamo provare a capire cosa non ha funzionato e, di conseguenza, a fare delle valutazioni su quelle che saranno – o potrebbero essere – le più efficaci procedure che il manager francese intende inserire nel contesto operativo della storica compagine italiana.
Una cosa è certa: la Ferrari deve fare uno “switch” mentale. La cosa più semplice e, al contempo, la più complessa. Il Cavallino Rampante deve rivedere se stesso all’interno dell’ambiente in cui opera. Sono troppi anni che il team partecipa senza vincere. Sforzi immani sono stati profusi, ma c’è sempre stata la sensazione che, ad un certo punto, ci sia adeguasse alla normalità. All’essere parte di un meccanismo e non l’ingranaggio che lo fa muovere.
E’ una situazione paradossale: la F1 e i suoi seguaci vedono la Ferrari come il team per antonomasia; dall’interno non sempre si percepisce tale grandezza. Il distacco quasi asettico della proprietà dalle cose corsaiole ne è cartina di tornasole. Una dinamica che non ha funzionato e che forse, dopo la stagione Marchionne in cui i vertici erano nuovamente molto presenti, verrà finalmente superata con un Benedetto Vigna più coinvolto nelle faccende sportive. Perché sperare che John Elkann sia più inglobato nella passione rossa è esercizio ormai superfluo.
Riavvolgiamo il nastro all’aprile del 2019. Baku, Gran Premio di Azerbaijan. La Mercedes domina con una doppietta senza appello con Valtteri Bottas a precedere Lewis Hamilton. Il duo stellato tiene alle spalle agevolmente Sebastian Vettel. Charles Leclerc, quinto sotto la bandiera a scacchi, ottiene un inutilissimo giro veloce da cui scaturì quel maldestro tentativo di spinta motivazionale di John Elkann che, ahinoi, è passato agli annali: “La Mercedes è più forte e più fortunata, ma il giro veloce l’abbiamo fatto noi. Lo spirito in Ferrari è buono e c’è tanta voglia di vincere e soprattutto il campionato è ancora lungo. Forza Ferrari“.
A volte un dignitoso silenzio vale più di mille parole. E forse sarebbe meglio che quell’affermazione da cui sono fluiti milioni di meme fosse rimasta nella testa del rampollo della famiglia che detiene la maggioranza del pacchetto azionario ferrararista. Quel modo di procedere è evidentemente contagioso se consideriamo le recenti dichiarazioni di Marc Gené, uomo immagine del Cavallino e commentatore televisivo ormai affermato. Leggiamo:
“Quest’anno la Ferrari è partita molto bene, andando in testa ad entrambi i campionati. Poi abbiamo avuto un momento di difficoltà, ma abbiamo concluso l’anno al secondo posto, davanti a una delle due Red Bull. È stato un anno positivo, ma non quanto avremmo voluto, perché tutto ciò che è meno della vittoria, per il DNA della Ferrari, non è conforme agli obiettivi“.
Nulla da eccepire direte. Finché non arriviamo al seguente passaggio nel quale si materializzano gli spettri “elkaniani”: “Quest’anno abbiamo ottenuto più pole position di qualsiasi altra vettura e questo ci dice che la macchina è buona. La monoposto 2023 è stata progettata dagli stessi tecnici. Dobbiamo perfezionarci nei diversi momenti del fine settimana, ma se la vettura sarà veloce come quella del 2022, potremo lottare per il mondiale“.
No, Non basta perfezionare alcuni momenti del fine settimana. Serve metter su una macchina che sappia essere concreta quando serve. Ossia di domenica, sui 300 chilometri di gara. E’ necessario fissare un programma evolutivo come lo impostano in Red Bull, Mercedes e in qualsiasi altro team. Altrimenti ci si ritrova a metà stagione col cerino in mano ed a spostare i sogni di gloria all’annata successiva.
Deve arrivare un cambio di passo operativo e anche mediatico. Giustificazioni, spallucce, adeguamenti passivi allo status quo servono a trovare comodi alibi da offrire in pasto ad una tifoseria che non ne può più delle attese. Anche sul fronte della comunicazione Ferrari deve proporre gente che s’incazza, personaggi che sbraitano, rappresentanti che urlano e che danno seguito con i fatti alle intenzioni inziali.
Frédéric Vasseur, per collegarci all’incipit del pezzo, deve quindi portare tutto ciò in un ambiente che, duole constatarlo, si è assuefatto ad essere spettatore non pagante. Ferrari deve ritornare al centro del villaggio e non essere placida periferia residenziale. Ne va del bene della Formula Uno, ne va del nome della gloriosa scuderia. Poi le battaglie sportive si possono perdere, è un normale processo, ma c’è modo e modo di condurle.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari