Idea, suggestiva ma verosimile. In F1, a volte, tutto potrebbe essere molto più semplice di quello che sembra. Il recente terremoto abbattutosi sulla storica Scuderia Ferrari, in merito alle risultanze insufficienti nella gestione del team, ha prodotto l’allontanamento di Binotto dalla rossa.
Cinque lustri abbondanti spesi alla corte di Maranello. Diverse le soddisfazioni raggiunte, sostiene Mattia, molte figure barbine racimolate, aggiungiamo noi. D’altronde sono i numeri che parlano. In più, vale la pena sottolinearlo, quando di nome fai Ferrari, l’obbiettivo minimo è vincere. O perlomeno, senza essere troppo perentori, il target accettabile comprende un contesto dove la squadra resta in lotta sino al termine del campionato.
Scenari dissimili da quelli appena menzionati non sono accettabili. Lo pensano i tifosi, gli addetti al lavoro, i media e gli stessi tecnici, ingegneri, meccanici e piloti che lavorano in GES. Stesso discorso per la dirigenza, spesso assente ma ora più decisa che mai a fare la mossa giusta. Uno scossone che possa destare dal torpore un cavallino azzoppato, bolso, ombra di stesso da tempo memore.
Prendendo in esame la situazione attuale che attanaglia la governance di Maranello, una considerazione sorge spontanea. La premessa che anticipa la domanda è questa: L’attuale gruppo di lavoro, tutto sommato, a livello tecnico ha dimostrato di saperci fare. Il progetto di base della F1-75 ne ha dato prova. É mancata la capacità di sviluppare l’auto, di gestire strategie, comunicazione, piloti e rapporti con la FIA.
Espletata la premessa arriva il quesito: una soluzione interna, a questo punto, non potrebbe risolvere diversi problemi e, soprattutto, offrire quella coerenza e stabilità che una qualsivoglia azienda necessità per il raggiungimento dei propri aneliti?
Laurent, il D’Artagnan “romagnolo”, ha le carte in regola per assumere un ruolo così delicato all’interno del mondo Ferrari? Il francese, dall’alto dei suoi quarantacinque anni, possiede caratteristiche e baglio tecnico per guidare la scuderia modenese in questo mare in tempesta nel quale attualmente naviga.
Rispondere a questi interrogativi risulta parecchio complicato. Ciononostante ci si può provare attraverso alcune congetture. Innanzi tutto analizziamo un fatto: non siamo così sicuri che la dirigenza sia alla ricerca di un team principal O meglio ancora: dopo aver sondato il terreno in tal senso, resasi conto che le figure bramate (Horner e Seidl per fare un esempio) non erano disponibili, potrebbe valutare una soluzione interna.
Mekies, proprio questa sera, rappresenterà la Ferrari al gala annuale che la Federazione Internazionale propone ogni anno. Una sorta di festa di fine anno dove tutti sono contenti a prescindere dai risultati. Cibo e alcol gratis scorrono a fiumi. Risate, abbracci e tutti si vogliono bene, più o meno. Un ambiente costruito ad hoc che francamente esprime inutilità.
Malgrado l’ultima frase dello scritto esprima una certa repulsione verso manifestazioni del genere, quello odierno resta pur sempre un evento ufficiale al quale partecipare a testa alta. La figura designata a portavoce, relatore, delegato o come si preferisce definirla, ha un nome ben preciso: Mekies. A conti fatti, definire “sola combinazione” questa scelta pare alquanto riduttivo. Perplime, insomma…
Esiste un altro fatto interessante sul quale basa la congettura sopracitata. Nell’ultima parte del mondiale 2022, in un paio di occasioni, l’ex commissario della FIA ora ferrarista ha occupato il ruolo di team principal vista l’assenza di Binotto. E a quanto pare, secondo le informazioni raccolte da Formula Uno Analisi Tecnica, lo ha saputo fare con una certa nonchalance…
Benché il gioco di parole del sottotitolo non sia poi così troppo originale, è comunque in grado di esprimere un concetto forte e chiaro: Simone, al secolo Resta di cognome, potrebbe fare nuovamente le valigie direzione Romagna. Le sue doti tecniche sono indiscutibili. Aggettivo, quest’ultimo, che pare molto effettivo se accumunato al rapporto burrascoso con Mattia. Tra i due, infatti, pare non scorra affatto buon sangue sotto il profilo meramente lavorativo. Non è un mistero.
Ecco perché, in tal senso, la recente “defenestrazione” del manager di Losanna potrebbe aprire ad un ritorno del figliol prodigo. Il progettista cinquantaduenne di Faenza vedrebbe di buon occhio un rientro alla base, conscio che il direttore tecnico della Ferrari, attualmente, resta un ruolo scoperto in GES.
Una “soluzione interna” che andrebbe a limitare curva di apprendimento e conoscenza dei metodi di lavoro. Un panorama del genere, oltre ad offrire vantaggi legati alle tempistiche, garantirebbe una continuità tecnica e dinamica spesso evocata e spesso fattuale durante la gestione Montezemolo. Senza contare la “scissione” dei due ruoli, team principal e direttore tecnico, che Binotto ha svolto dal 2019 senza successo.
Resta da capire, lo faremo solamente a gennaio, quali sono le reali strategie della scuderia italiana. L’attuale silenzio dirigenziale potrebbe essere un bene. Si può infatti interpretare tale atteggiamento come necessità di ripartire senza fare proclami, contesto nel quale Ferrari deve gioco forza immergersi per rendere effettiva la bramosia verbale, verso la vittoria, troppo spesso sciorinata a vanvera.
Autore: Roberto Cecere – @robertofunoat
Foto: Scuderia Ferrari
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Si è una buona soluzione. Mekies TP e Resta DT