12/11/2021. Una data storica, uno spartiacque per la F1. Quella domenica di metà dicembre resterà per sempre scolpita negli annali perché ha decretato il presentarsi di diverse novità. La prima è l’ascesa al soglio iridato di Max Verstappen che spezza l’imperio – e così giungiamo al secondo momento cardinale – di Lewis Hamilton e della Mercedes. Ma gli effetti di quel gran premio chiusosi tra furiose e legittime polemiche scaturite dal disastro di Michael Masi sono stati ben più ampi.
Non ci riferiamo alla rivoluzione tecnica subentrata nel 2022. Quello era un cammino già tracciato. La serie di errori deflagrati in quel di Abu Dhabi hanno costretto la Federazione Internazionale, sotto l’impulso di Liberty Media, a rivedere procedure ed a sostituire uomini che occupavano ruoli chiave forse senza averne le competenze.
Ecco perché il 12 dicembre 2021 è una cesura temporale per la F1. Ma tutto il castello di provvedimenti messo su da Mohammed Ben Sulayem e dai suoi collaboratori ha funzionato? A che punto sono le riforme? Sono state efficaci o servono ulteriori ricalibrazioni? Vediamo qual è lo stato dell’arte dopo un anno e un giorno da quegli eventi la cui eco non s’è ancora sopita.
Molto è cambiato, ma rimangono diversi problemi irrisolti. Questo va specificato immediatamente ed a chiare lettere. L’episodio più clamoroso dell’anno passato, inutile dirlo, è quello che riporta al modus operandi applicato da Michael Masi, il direttore di gara australiano giubilato dopo topiche talmente grosse da non poter passare inosservate.
Il manager aveva pasticciato con le auto da sdoppiare creando un caso unico nel motorsport, una circostanza che non aveva totale la copertura normativa. Si è detto che il direttore aveva poteri straordinari da attivare in circostanze eccezionali. Che non erano quelle di Abu Dhabi 2021. Quindi, per sanare del tutto il testo normativo evitando di giungere nuovamente ad interpretazioni fantasiose o di comodo, la FIA ha inteso limitare ulteriormente le aree grigie.
Da qui la riscrittura dell’intera procedura che in stagione ha funzionato così bene da determinare l’arrivo del GP di Monza proprio dietro la vettura di sicurezza (al netto dell’errore di piazzare la safety dinnanzi al terzo e non davanti a chi guidava la gara). Ma anche questo non è piaciuto perché terminare le operazioni in regime controllato è l’esatto contrario dell’idea di “show a tutti i costi” che ha in mente Liberty Media. Ecco che sono al vaglio ulteriori modifiche in un già agitato processo di consolidamento del diritto sportivo.
Il superamento dei limiti della pista è stato un altro elemento che ha prodotto dei grattacapi nell’acceso campionato passato. La F1 era apparentemente scivolata in un sistema vago in cui ai piloti non era permesso tagliare alcune curve su determinate piste. Cosa consentita altrove. Dopo 22 gare non abbiamo osservato sensibili miglioramenti e, anche a causa della direzione gara bicefala, non c’è stata una coerenza interpretativa su casi simili tra loro. Forse per questo, nella fase finale del mondiale, Eduardo Freitas è stato congelato con Niels Wittch a prendere il comando della situazione.
Qualche grado di confusione l’abbiamo osservato anche sulla restituzione della posizione in caso di sorpasso avvenuto oltrepassando i limiti del tracciato. La nuova procedura prevedeva che i team avessero dovuto decidere se restituire la posizione senza alcun intervento da parte del controllo gara. Se si fosse acclarato un indebito vantaggio da parte di un conducente sarebbe scattata la procedura d’infrazione. Nulla di ciò è accaduto, visto che la direzione gara e il collegio giudicante sono dovuti intervenire preventivamente. Esattamente come si verificava in passato.
Dove abbiamo notato dei miglioramenti è nell’interlocuzione tra le squadre e la direzione. Non che la dialettica sia stata del tutto cassata, ma il fatto che i messaggi non siano più trasmessi in diretta mondiale ad uso e consumo dei tifosi ha aiutato a non sentire più quelle stucchevoli lamentale e quelle indebite pressioni che caratterizzavano i mondiali precedenti.
La guida sdoppiata era stata “venduta” come la panacea di tutti i mali. Il taumaturgo Mohammed Ben Sulayem a sanare i difetti della F1 con la sola imposizione delle miracolose mani. Niels Wittich ed Eduardo Freitas hanno dato vita ad una giurisprudenza ondivaga figlia di quella incoerente in uso in precedenza. La gestione delle operazioni durante il GP di Suzuka è stata la pietra tombale su questo paradigma a due punte.
Modalità d’amministrazione che si ricollega ad un altro punto critico dell’architrave procedurale del 2022: il controllo remoto del gran premio. La VAR che doveva analizzare e assistere i direttori nelle decisioni complicate e controverse ha zoppicato. Il centro remoto di Ginevra non ha mostrato quella solerzia operativa che vendiamo, ad esempio, nel calcio. Anzi, alcune decisioni sono arrivate col solito ritardo abominevole. Fatto non tollerabile nell’era delle informazioni che viaggiano alla velocità della luce.
In conclusione, quelle regole riscritte e rimodulate per rimuovere le ambiguità non hanno pienamente fatto il loro dovere. Come accaduto per il budget cap, il balance of performance e il nuovo contesto tecnico, non possiamo essere spietati censori e bocciare dal tutto l’impianto faticosamente eretto dai decisori. Serve altro tempo per calibrare meglio le dinamiche operative. Ma non possiamo immaginare che questo arco sia troppo ampio. Già nel 2023 servono risposte concrete ed efficaci.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, FIA