Dopo una stagione di F1 chiusasi con l’ennesima delusione e con una nuova ristrutturazione interna per una squadra che, dopo le dimissioni di Mattia Binotto, deve trovare un nuovo capo della GES e forse anche un leader delle “cose tecniche”, i tifosi della Ferrari sperano che il campionato che scatterà il cinque marzo prossimo, in Bahrain, possa essere finalmente foriero di gioie, trionfi e soddisfazioni. Quelle che avevano assaporato dopo l’abbrivio del 2022 in cui era emersa prorompente una F1-75 che sembrava essere il benchmark della categoria.
Sappiamo poi com’è terminata: la Red Bull che inizia a dimagrire e a progredire, la Ferrari che si smarrisce come troppo speso accaduto nella sua esperienza. Rette che si incrociano sullo stesso piano e che vanno a determinare il più scontato degli epiloghi: i rivali scrivono record e pagine di storia, il Cavallino Rampante azzoppato a leccarsi le ferite. Con tutta la tipica teoria di polemiche e tensioni interne ad un mondo che quasi mai sa compattarsi, sconquassato com’è dalle correnti e della lotte di palazzo.
Sono quattro i comparti rivelitesi inefficienti nel 2022 “rosso”. Sintetizzando all’estremo, sono i seguenti:
Ma l’elemento frenante per antonomasia è da ricercare nella riuscita dell’unità propulsiva. Il progetto 066/7 è stato basato su una chiara filosofia: essere aggressivi a scapito dell’affidabilità che sarebbe stata recuperata in corso d’opera. Lo tesso approccio scelto da Renault con Alpine che ha avuto il medesimo epilogo: una pletora di ritiri e una lunga scia di sostituzioni di parti interne con relative penalità figlie di una soluzione annunciata ma mai applicata. Un fallimento concettuale evidente. Che ha determinato l’andamento a passo di gambero del team.
Dopo le avvisaglie post Gp di Spagna, il doppio e fragoroso ritiro di Baku e l’esplosione del V6 turbo-ibrido di Carlos Sainz in quel di Spielberg, la Ferrari ha dovuto ricalibrale la sua annata. Mattia Binotto, dopo il Montmelò, parlò di soluzioni di breve temine ai problemi deflagrati in maniera inattesa. In realtà poco si è fatto visto che ci si è limitati ad abbassare la potenza media disponibile sulle lunghe distanze e a programmare continui avvicendamenti di parti interne della PU.
I risultati sono stati piuttosto deludenti ed i passi indietro di tutti gli equipaggiati da Maranello sono apparsi sensibili. Non solo la F1-75, ma anche la Haas VF22 e l’Alfa Romeo C42 hanno mostrato una decisa frenata tecnico-prestazionale dopo un avvio brillante: stessi problemi, stessi risultati.
La Ferrari ha quindi posticipato alla stagione prossima, pagandone le conseguenze, la soluzione dell’enigma d’affidabilità. Un cammino, quello del miglioramento della solidità, reso possibile dal regolamento tecnico che permette ad ogni team di presentare una richiesta alla FIA durante il periodo di omologazione per apportare modifiche agli elementi della power unit registrati. Rivisitazioni che possono essere impostate solo ai soli fini di affidabilità, sicurezza, risparmio sui costi o cambiamenti minimi consentiti.
La procedura è complessa a proviamo a semplificarla in poche righe: la richiesta viene presentata per iscritto all’ufficio tecnico della Federazione e deve contenere le necessarie motivazioni di supporto. Comprese prove evidenti dei guasti. E a Maranello, ahinoi, ne posseggono tante e di convincenti. Successivamente La FIA informa tutti i team delle modifiche che quel dato motorista intende approntare. Se la Place de la Concorde, a sua assoluta discrezione, ritiene che questi cambiamenti siano accettabili, lo comunica al soggetto interessato che può procedere.
Durante il freeze (che scadrà il primo gennaio 2026, ndr) sono inoltre consentite modifiche minime alle seguenti componenti delle unità turbo-ibride: sistema di cablaggio, sistema di scarico, posizione del turbocompressore (entro 20 mm dalla posizione originale rispetto al ICE), clock turbo, supporti turbo, posizione dei wastegate con alloggiamenti e tubazioni e posizione delle valvole pop-off con alloggiamenti e tubi.
La Ferrari ha quindi giocato in difesa per lunga parte del mondiale rinviando all’anno nuovo il processo di “troubleshooting” con relativa approvazione da parte della FIA del castello di modifiche necessarie per rimettere il V6 nella necessaria finestra d’affidabilità. Nonostante un campionato molto lungo, Maranello non ha saputo fissare una questione di vitale importanza esponendosi alle sferzate del vento avversario. I motoristi hanno evidentemente alzato bandiera bianca.
Chiaramente il processo summenzionato è stato già avviato. Le unità motrici 2023 girano al banco in un normale cammino di verifica del potenziale e dell’affidabilità. Nulla trapela dal reparto motori di Maranello, dobbiamo dunque affidarci a qualche dichiarazione marginale resa da chi qualcosina potrebbe saperla. “Giovedì ho incontrato Mattia Binotto, mi ha detto che il motore della prossima stagione sarà una bomba. In Emilia Romagna c’è tanto tifo per la Ferrari, e se sarà competitiva sarà positivo anche per noi, perché vuol dire che avremo un motore veloce“. Queste le parole riferite da Gunther Steiner a margine di un evento tenutosi in Italia nei giorni passati.
Scarne dichiarazioni a cui si votano i tifosi delle Rossa nella speranza che il propulsore possa adeguatamente supportare il progetto aerodinamico 2023. Ad oggi siamo nell’alveo dei desideri perché l’anno archiviatosi con sole quattro vittorie ha raccontato che le parole e i proclami vanno via con il vento.
Tra l’altro, dodici mesi fa, si parlava analogamente di un propulsore formidabile. Che lo è stato in termini di performance pura ma che non è stato in grado di esprimersi per tutto l’arco del campionato. La parola d’ordine, al momento, è attesa. Solo a stagione in corso capiremo se il reparto guidato da Enrico Gualtieri sarà stato in grado di superare le manifeste difficoltà in cui ha dovuto nuotare la Ferrari nel 2022.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari, Oracle Red Bull Racing
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Una bomba nel senso che esplode? Speriamo di no ;)