Formula 1

Budget cap: il tetto di spese penalizza le scuderie medio piccole

Il budget cap è stato introdotto in F1 nella stagione 2021. Dopo due anni di convivenza in cui è stato necessario riadattare le procedure interne, i team sembrano essere giunti ad un miglior livello di comprensione di uno strumento che, nella sua scrittura regolamentare, ha mostrato le solite aree grigie che sono una costante nei testi di riferimento della categoria regina del motorsport.

Che alcuni problemi ci siano stati, specie da un punto di viste interpretativo, è palese ed è la storia a raccontarlo. In due anni di operatività, difatti, sono tre le franchigie che hanno incontrato delle difficoltà. Williams ed Aston Martin si sono rese protagoniste di violazioni procedurali. Diverso è il discorso per la Red Bull che, pur essendosi macchiata di un’infrazione definita di “entità minore”, ha comunque superato i limiti di spesa imposti per la stagione 2021. Quel che ne è scaturito, dopo un patteggiamento tra la FIA – in veste di pubblica accusa e di giudice – e il team, è cosa nota e ampiamente affrontata anche sulle colonne di FormulaUnoAnalisiTecnica.

Milton Keynes, al termine di un processo mediaticamente troppo esposto e che ha fatto storcere il naso a qualcuno dei protagonisti, ne è uscita con una pena pecuniaria che non sarà sottratta al budget totale adoperabile nel 2023 e con una limitazione del 10% allo sviluppo della RB19 che verosimilmente, al pari delle concorrenti, vedremo nella seconda metà di febbraio.

Christian Horner (Red Bull) e Mohammed Ben Sulayem (presidente FIA) al termine dell’incontro dopo le FP1 del gran premio di Austin

F1. Budget cap: uno strumento da perfezionare

La questione è tutta qui: il limite al budget ha davvero penalizzato le scuderie con gli apparati più grandi? A dare un’occhiata ai mondiali 2021 e 2022 la risposta è un secco no. Al di là del rimescolamento che ha visto Mercedes retrocedere dalla prima alla terza piazza nel Costruttori, sono sempre le solite “tre sorelle” a guidare la Formula Uno con un solco sulla concorrenza che nel secondo anno in cui l’istituto è stato applicato si è addirittura aperto.

Messa in questi termini sembrerebbe una bocciatura senza appello. Se sarà davvero così lo sapremo nei prossimi anni. La norma si era resa necessaria, nella testa di chi l’ha teorizzata negli uffici di Liberty Media Corporate, per compattare valori che in Formula Uno tendevano a stare troppo lontani tra essi. Con la naturale conseguenza di avere o dei cicli dominati da un solo team o dei blocchi di potere di un paio di scuderie con altre otto a fare da spettatrici inerti di uno show più grande di loro.

Inutili girare intorno alla questione: se tra qualche anno assisteremo ancora all’imperio dei singolo o di una ristretta élite allora potremmo affermare che l’impianto filosofico impostato dalla proprietà non ha centrato il bersaglio. In tal caso, allora, diremmo che i team, ancora una volta, sono stati in grado di trovare scappatoie organizzative per aggirare le limitazioni. Un corso d’acqua che, col tempo, erode e valica gli argini artificialmente costruiti dall’uomo.

Interno del reparto AMG High Performance Powetrains sito in Brackley (UK)

F1. Il budget cap rischia di penalizzare i team più piccoli?

Il processo di riadattamento cui facciamo riferimento è in realtà già in corso. Con risultati brillanti. E a spiegarlo è chi non appartiene alle scuderie di primissima fascia, ma chi è là nella zona mediana a sgomitare provando, tra difficoltà e sogni spesso spezzati, a risalire la china per essere il parametro di riferimento. “I team più grandi – ha spiegato Otmar Szafnauer, team principal della Alpine stanno cercando di sfruttare o avere una migliore comprensione di dove sono alcune scappatoie o alcuni cambiamenti organizzativi da fare per inserire effettivamente più persone a parità di limite di budget“.

Se all’inizio si riteneva, a giusta causa, che le strutture più snelle potessero meglio gestire il nuovo quadro finanziario votato ad una maggiore rigidità, la prassi sta raccontando altro. Le scuderie più grandi hanno altri programmi di corse o dipartimenti tecnologici non motoristici in cui hanno spostato e allocato personale che, alla bisogna, può essere richiamato alla base. Vedasi Mercedes che ha contribuito al programma vela del gruppo INEOS, Ferrari che si è lanciata nel WEC e, tramite Maserati, nella FE e Red Bull che ha investito risorse nella produzione della hypercar firmata da Adrian Newey.

L’ingegnere rumeno naturalizzato statunitense ha spiegato come siano utili i reparti tecnologici extra team nello spostare uomini per tenerli “caldi” e sempre a disposizione quando le contingenze lo richiedono. “Abbiamo un gruppo esterno, ma è ancora piccolo. Stiamo costruendo un tutore da sci e ci sono tre progetti in corso, comprese le parti per l’auto stradale Alpine. Avevamo alcune persone che stavano andando in pensione e potevamo usarle. Ed è quello che abbiamo fatto“.

Pierre Gasly (Alpha Tauri F1) ed il suo futuro team principal Alpine Otmar Szafnauer

F1. Spacchettamento aziendale la via per superare i limiti di spesa?

Il ragionamento di Szafnauer è semplice e lineare: un team di dimensione medio-piccole senza altri progetti paralleli da mettere in cantiere non ha altra via che quella di licenziare il personale in sovrabbondanza visto che non lo può riallocare per richiamarlo se la necessità e il budget restante lo consentono. In questo panorama, quindi, realtà meno strutturate debbono compulsivamente licenziare e assumere maestranze in un circolo dispendioso e certamente dispersivo di competenze che, una volta libere, possono rispondere alle chiamate che arrivano da realtà terze.

Quindi la nuova frontiera è quella che conduce alla creazione di sub-strutture che si accendono e si spengono in base ai bisogni della scuderia controllante. In questo modo si ottiene un duplice vantaggio: non si dilapida il capitale umano e lo si tiene pronto per il reintegro dopo che non è stato inutilmente parcheggiato ma attivamente valorizzato con progetti altrettanto validi ed ambiziosi. E questo modo di procedere è di certo più semplice per un team che alle spalle ha grandi intelaiature piuttosto che per una realtà di dimensioni modeste senza sbocchi in altri settori.


Autore: Diego Catalano – @diegocat1977

Foto: F1, Alpine, Mercedes AMG, Oracle Red Bull Racing

Infografica: Roberto Cecere

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Diego Catalano