Formula 1

F1: l’eccesso di pressione che determina il reset

 

Due stagioni in Toro Rosso, cinque in Red BullDaniel Ricciardo ha speso metà della sua carriera in F1 nell’ecosistema che fa riferimento al gruppo austriaco. Viene da sé che, dopo anni difficili e avari di soddisfazioni (eccezion fatta per quel Gran Premio d’Italia vinto mentre Max Verstappen e Lewis Hamilton giocavano all’autoscontro), il pilota di Perth ricercasse un atollo sicuro al quale aggrapparsi per evitare di colare a picco nell’oblio. Da qui il ritorno alla casa madre, anche se in un ruolo da comprimario. Che è forse ciò che serviva al professionista e all’uomo in questa fase della sua vita.

I quattro anni divisi tra Renault e McLaren non saranno ricordati a lungo. Daniel sembrava un conducente in rampa di lancio, pronto a costruire la sua ascesa verso il titolo mondiale. Ed invece lo abbiamo visto annaspare nelle difficoltà che si sono acuite con le vetture di nuova generazione che proprio non si sono adattate allo stile dell’ex HRT. Woking non ha fatto molte cerimonie nel giubilarlo per sostituirlo col talento cristallino di Oscar Piastri, ingaggiato dopo una battaglia legale con Alpine alla quale pareva essere destinato.

Ricciardo ha dovuto accettare il male minore: tramutarsi in cavallo di ritorno per non uscire dal giro buono, quello della F1. In altre categorie avrebbe avuto le porte spalancate, ma lui sogna e spera di rimettere piede nella massima serie. E riapprodare in una compagine che possiede ben quattro auto (perché in AlphaTauri le decisioni che contano non le prende di certo Franz Tost) può essere quel viatico per un ritorno veloce. Addirittura anticipato rispetto al 2024, data che “The Honey Badger” ha puntato.

Un sorridente Daniel Ricciardo (McLaren F1 Team), ottimista malgrado le problematiche con la MCL36

F1. Daniel Ricciardo: una pedina per tenere a bada Sergio Perez?

Ma l’opzione Ricciardo potrebbe avere un altro scopo. E gli sguardi vanno dritti a Milton Keynes. La riserva ufficiale della Red Bull e dell‘AlphaTauri è e resta Liam Lawson. Quale sarà quindi il ruolo dell’australiano? Ufficialmente verrà coinvolto nel lavoro al simulatore oltre che nel testing in pista (quando il regolamento lo permette). Ma anche nelle attività di natura commerciale. Ma non possiamo pensare che sia stato ingaggiato per girare il mondo su un modello di F1 datato a fare donuts su circuiti minori o improvvisati pubblicizzando il brand delle bibite energetiche.


Ricciardo è un’arma nella mani di Helmut Marko e Chris Horner. Un pungolo, una sorta di deterrente per evitare intemperanze e alzate di capo. Di chi? La risposta è scontata e banale: Sergio Perez ovviamente. Il messicano, nel 2022, è stato qualche volta riottoso, refrattario a seguire certe indicazioni del suo team. L’episodio di Monaco (di cui abbiamo dibattuto in questo focus telemetrico, leggi qui) e qualche scia negata al caposquadra designato hanno indispettito la dirigenza che non ha mai pensato all’allontanamento. Ma che ora ha immaginato di farsi trovare pronta nel caso in cui le disobbedienze dovessero verificarsi ancora.

Dopo i fatti del Brasile, quando la tensione tra Verstappen Perez è esplosa in diretta mondiale, è parso chiaro, al di là delle smentite di rito, che il rapporto tra i due si sia incrinato. Red Bull deve preservare il proprio investimento che si realizza in un contratto mostruoso e lungo somministrato all’olandese che lo ha accettato di buon grado. Ecco che Sergio potrebbe essere la vittima sacrificale di un modello che premia il singolo a scapito del gregario che non sempre riesce ad accettare il ruolo.

Daniel Ricciardo e Chirs Horner (Oracle Red Bull Racing) sugellano il rinnovato accordo – Stagione 2022

F1. Ricciardo: una pausa depressurizzante

Ricciardo probabilmente non ha accettato il ritorno in Red Bull per giocare il ruolo della spina nel fianco. La cosa, per lui, si verificherà eventualmente in via incidentale. La verità è che l’australiano sentiva la necessità di fermarsi, di mettersi in pausa, di allontanare le pressioni negative per ripartire di slancio. Lo ha ammesso egli sesso a Beyond the Grid: “Più passavano i giorni e, soprattutto con le tre gare consecutive Spa-Zandvoort-Monza, più mi è diventato chiaro come nella mia situazione non si trattava di una telefonata; si trattava di riconoscere che, in definitiva, non volevo gareggiare nel 2023“.

Sono contento che un top team non mi abbia contattato perché è uno di quelli in cui probabilmente ti senti in dovere di firmare. Ma credo che nel mio intimo desiderassi solo di staccare. Si potrebbe parlare di un burnout, non ho paura di ammetterlo. Non voglio dire di essere l’unico pilota a sentirsi così, ma direi che non sono un normale sportivo che si limita a dire che la pratica rende perfetti. A volte, più faccio e più mi perdo per strada: sento che una pausa, un po’ di tempo libero, mi permetterebbe di tornare più forte“.

Daniel Ricciardo (McLaren)

Il 2023 di Ricciardo sarà costruito su un doppio binario: da un lato l’essere disposizione del team per sviluppare la RB19, per ottemperare a questioni commerciali e, perché no, ad essere pronto in caso di necessità; dall’altro ricostruire pezzo dopo pezzo se stesso per ripartire di slancio dopo una fase della carriera oggettivamente deludente nella quale è uscito con le ossa rotte dal confronto interno con Lando Norris.

Ricciardo ha deluso le attese della McLaren e soprattutto ha operato al di sotto di quanto che egli stesso si era prefissato. Ed è questo l’aspetto più difficile da gestire nei prossimi mesi se si vorrà davvero ripresentare tirato a lucido nel 2024 per essere titolare e non riserva. Magari proprio in quella Red Bull che lo ha consacrato come uno dei piloti più rilevanti di questa epoca sportiva.


Autore: Diego Catalano – @diegocat1977

Foto: F1, McLaren, Oracle Red Bull Racing

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Diego Catalano