Nonostante il mondiale di F1 2023 sia alle porte, l’analisi di quanto accaduto la passata stagione è un ottimo esercizio affinché alcune sbavature non si ripetano nell’ottica del continuos improvement. Ferrari (leggi qui le anticipazioni tecniche sula progetto 675) è sicuramente la scuderia che ha pagato il prezzo più elevato, a causa di importanti defezioni nella gestione operativa in pista e in fase di realizzazione della power unit 066/7.
A farne le spese è stato Mattia Binotto, ex responsabile della gestione sportiva che, per assurdo, ha scontato a caro prezzo il grande avvio di campionato che lasciava presagire un’annata trionfale per il Cavallino Rampante. Lo svolgimento della stagione ha evidenziato lacune troppo evidenti in diverse aree per poter ambire ai titoli iridati.
Una delle voci più autorevoli sulle sorti del team di Maranello è Jean Alesi. Il francese è stato uno dei piloti più amati dal popolo della rossa, grazie allo spirito combattivo che, in diverse circostanze, ha compensato le lacune delle monoposto italiane in una delle fasi più buie della storia della squadra modenese.
Nonostante un talento cristallino, l’esperienza di Jean in Ferrari è stata costellata da cocenti delusioni, figlie di un gap tecnologico e strutturale troppo grande per poter combattere contro Williams, McLaren e Benetton. Chi meglio di lui può comprendere la frustrazione vissuta da Leclerc e Sainz nel 2022?
Attraverso una recente intervista, il cinquantottenne di Avignone ha fornito la sua chiave di lettura sull’operato a due volti del Cavallino Rampante, dove per un certo periodo la F1-75 era parsa la monoposto di riferimento:
“Migliore non significa assolutamente perfetta e difatti poco a poco è subentrato qualche problema di affidabilità manifestatosi a più riprese, privando la squadra di risultati che sarebbero stati molto importanti e meritati. Da lì è cominciato il lavoro di grande lavoro di affinamento in ottica futura e sono certo che i due filoni di impegno riguardano proprio il raggiungimento di un ottimo livello di affidabilità da una parte e del miglioramento della capacità di produrre strategie dal muretto, dall’altra”.
Una sorta di déjà vu per Jean. La Ferrari 412 T2 del 1995 aveva espresso un grande potenziale nella prima parte della stagione, ma i numerosi cedimenti meccanici unitamente ad uno sviluppo deficitario, condannarono la vettura progettata da John Barnard a una seconda parte di campionato deludente.
Bontà dell’auto che secondo la leggenda fece esclamare a Michael Schumacher la famosa frase: “Come avete fatto a perdere il mondiale con un motore del genere?”. Negli anni a venire, Il Kaiser ebbe modo di capire che oltre alla monoposto mancavano tanti ingredienti per poter ambire al titolo iridato.
In relazione al “siluramento” di Mattia Binotto, Alesi ritiene che il manager di origine svizzera abbia pagato il prezzo di uno step prestazionale enorme che inevitabilmente ha prestato il fianco a noie tecniche. Così come l’impreparazione della gestione relativa alle operazioni in pista che si è dimostrata ancora acerba nel momento in cui si è alzata l’asticella della posta in palio:
“Lo scorso anno, dal punto di vista delle tattiche, Ferrari è stata a tratti inguardabile. C’è stato anche un miglioramento innegabile, un salto di qualità, ma troppo spesso accompagnato da troppi problemi. Alla fine, come spesso succede in questi casi, a pagarne le conseguenze è stato Mattia Binotto“.
L’ex ferrarista, inoltre, ha fornito la sua opinione in merito alla gestione della coppia Leclerc/Sainz. Anche su questo tema Jean ha avuto modo di vivere sulla propria pelle i presunti favoritismi verso il proprio compagno di squadra. D’altronde come dimenticare l’emblematico attacco a Jean Todt, attraverso la stampa, al termine del Gran Premio dell’Estoril 1995, dove gli venne chiesto di cedere la quarta posizione in favore di Berger?
Il tempo ha conferito ad Alesi la maturità per fornire un’opinione controcorrente in merito alla presunta preferenza di Binotto verso Carlos Sainz:
“Ci sono state delle volte in cui Leclerc è stato danneggiato dalla strategia adottata, ma guai pensare che questo sia avvenuto perché qualcuno nell’ombra tramava per far perdere il pilota monegasco a vantaggio di Sainz. Questa sarebbe una ricostruzione allucinante, che non sta né in cielo né in terra”, sostiene l’ex ferrarista.
In F1, l’empatia di un team principal verso uno dei piloti può e deve limitarsi alla sfera umana. Il trattamento ricevuto dalla squadra viene definito in sede contrattuale, così come l’eventuale rapporto di forza con il proprio team mate. Una constatazione verosimile dal sapore amaro, in quanto tale contesto certifica che, le sole performance in pista, non sono sufficienti a stabilire una gerarchia se non espressamente specificata nei voluminosi contratti dei piloti…
Autore: Roberto Cecere – @robertofunoat
Foto: Scuderia Ferrari