Dare e avere. Entrare nel ristretto novero dei 24 gran premi di F1 non è affatto semplice. Gli organizzatori delle gare debbono superare una serie di test ed offrire delle garanzie che diventano sempre più difficili da ottenere. Innanzitutto i circuiti che compongono il calendario devono soddisfare precisi requisiti tecnici. La FIA è molto severa e non concede l’omologazione troppo alla leggera. I tracciati debbono essere in possesso della certificazione di Grado 1 che viene assegnata a tutte le piste nelle quali sono presenti determinate misure di sicurezza necessarie ad ospitare il Circus.
Si tratta di una serie di punti descritti da un testo normativo apposito che stabiliscono con nessun margine di tolleranza le caratteristiche dei box, la larghezza della sede stradale, le specificità delle vie di fuga che devono avere conformazione e capacità frenante che dipende dalla velocità e dagli angoli delle curve, e così via. Per arrivare a soddisfare queste impellenze strutturali gli organizzatori investono costantemente cifre ingenti. Vedasi, casi più recenti, Spa Francorchamps che ha rifatto il layout della mitica Eau Rouge – Raidillon con tanto di vie di fuga, e la stessa Imola che ha dovuto apportare una serie di migliorie per riabbracciare il Circus dopo anni di stop.
Basta questo? Assolutamente no. Una volta passato lo scoglio dell’esame di Grado 1 che si tiene dinnanzi agli organi federali il candidato si deve sedere dinnanzi ad una giuria ben più severa. Quella composta dai professori di Liberty Media Corporate. Che di lavoro fanno gli economisti. Eh sì, perché chi vuole avere l’onore di vedere i bolidi della Formula Uno sfrecciare sui propri cordoli deve sborsare molti dollari. La proprietà della serie non svende il prodotto ed esige bei pacchi di danaro per concedere ad un dato gruppo di organizzare l’evento. Che tale deve essere: un happening globale in cui l’azione in pista è uno dei tanti momenti. Ma non il solo.
Ecco che Stefano Domenicali e gli uomini che rappresenta chiedono e pretendono infrastrutture, spazi per l’intrattenimento, serate mondane, concerti oceanici e tutta una seria di manifestazioni correlate che, più passa il tempo, più diventano il fulcro intorno al quale si avviluppa il weekend di gara. Ne sanno qualcosa gli organizzatori di Le Castellet che non hanno visto il contratto rinnovato perché il circuito, oltre alle sessioni, non offriva granché. Lo hanno capito in Belgio dove stanno provando – con buoni risultati – a trasformare i boschi delle Ardenne in un polo attrattivo che non sappia offrire solo motori, panorami mozzafiato e alberi antichissimi.
Questo attiene al concetto di avere, ma Liberty Media deve anche dare. O sarebbe meglio dire “dovrà dare”. Uno degli elementi principali su cui è stata basata la Formula Uno del presente e del futuro è la razionalizzazione dei week end di gara. L’anno scorso si è provato a compattare l’evento a soli tre giorni spostando le canoniche conferenze del giovedì al venerdì mattina. La stessa Monaco ha dovuto svendere la tradizione stringendo il fine settimana che vedeva le libere al giovedì e un venerdì a motori spenti. Atto necessario per espletare quei rituali mondani che da sempre erano la peculiarità del cittadino rivierasco.
L’esperimento delle interviste al venerdì mattina è durato ben poco e, dopo qualche gara, si è ristabilito il classico format che prevede che i piloti parlino in diversi gruppi nella giornata del giovedì. Il momento delle interviste era stato troppo svilito e i media, a giusta ragione, avevano spinto affinché si ristabilisse il giusto spazio informativo. Una pressione fatta soprattutto dalle televisioni che pagano sonante moneta per accaparrarsi i diritti di trasmissione e di divulgazione: dare e avere, appunto.
Ma ora a bussare alla porta di Liberty Media Corporate arrivano anche altri soggetti. Ossia quegli organizzatori di cui sopra. Non che ci sia un movimento compatto a dolersi, per ora siamo alle schermaglie inziali. Ma qualcuno ha rotto il silenzio ed ha preso ad aprire una piccola breccia verbale in un sistema autoreferenziale e che non ama essere messo in discussione. Ma se ti chiami Silverstone e sei il tracciato che ha ospitato il primo Gran Premio della storia della Formula Uno allora qualche diritto di esposizione per blasone ce l’hai.
Il parere arriva da un uomo influente nel suo settore. Stuart Pringle, direttore del circuito inglese, ha chiarito che sta pressando i vertici della F1 affinché estendano il weekend di gara. La proposta è quella, come spiegato in precedenza, di iniziare le operazioni in pista sin dal giovedì. Non solo Formula Uno, ma anche altre categorie coinvolte in un evento più globale.
“Vorremmo estendere il weekend di gara. Sto premendo molto sui vertici della Formula Uno poiché ritengo che debbano cambiare il format del fine settimana. Quando l’ho proposto mi hanno detto che c’è la FIA che deve fare i vari test sul circuito e cose del genere. Beh, allora dico, fate queste cose un giorno prima. Facciamo qualcosa il giovedì“.
“Ci sono tante persone che arrivano e vogliono vedere lo spettacolo – ha arringato Pringle – Tre giorni non sono affatto abbastanza. Rendiamo l’evento più grande. Le persone arrivano a Silverstone il martedì, montano la tenda e poi basta così fino al venerdì. E invece diamo loro l’intrattenimento che meritano“.
La cosa cozzerebbe con la logistica della Formula Uno che è sempre più fitta di impegni e di spostamenti nonostante la famigerata regionalizzazione del calendario strombazzata con troppa foga e mai seriamente messa in cantiere proprio per andare incontro alle necessità temporali di chi paga per avere le vetture sul proprio asfalto. Un compromesso potrebbe essere possibile laddove insistono gare geograficamente prossime.
Il Circus, quindi, dovrebbe sviluppare quell’elasticità necessaria a prevedere due tipologie di evento: quella canonica a tre giorni e una nuova a quattro giornate nelle quali introdurre nuovi eventi o magari spalmare meglio i vecchi. Statene certi che se la cosa potrà produrre utili e ricavi, dagli uffici di Liberty Media ci saranno dirigenti pronti a tendere prima l’orecchio e poi la mano.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing, Silverstone Circuit