Una monoposto di F1 che diventa una tela bianca (tenete a mente questo colore), una presentazione che si terrà il tre febbraio a New York, lontano migliaia di chilometri da Milton Keynes e dall’Austria, i due poli su cui è edificato il colosso Red Bull, spifferi che diventano sempre più insistenti fino a trasformarsi in venti impetuosi. Il futuro motoristico dei campioni del mondo è sempre più vicino all’ambiente Ford, colosso americano dell’automotive che nella massima serie ha scritto pagine molto importanti.
Un tweet del 27 gennaio ha fatto drizzare le antenne ed ha confermato la nostra indiscrezione lanciata nel mese di dicembre che riconduceva ad un interesse più che concreto del gruppo industriale a Stelle e Strisce. Il direttore globale di Ford Performance, Mark Rushbrook, in un evento Nascar, aveva alluso alla possibilità di una discesa in campo ma senza offrire dettagli specifici. Che però iniziavano a fluire da altre fonti e si incastravano con una serie di dinamiche che andiamo ad osservare di seguito.
Il “carrozzone” diventa sempre più uno sport transcontinentale. Nel 2023 sarà di scena ben tre volte sul suolo statunitense. Ai Gran Premi di Miami e Austin si aggiungerà la gara di Las Vegas che, in maniera anticonvenzionale, si correrà di sabato notte. Luci e lustrini nell’appuntamento più glamour – e forse kitsch – dell’intero calendario a 23 gare. Altra istanza ricercata con forza da Liberty Media Corporate. Ma non finisce qua. La presenza di un team americano, la Haas che oggi mostrerà la sua livrea, conferma lo spostamento d’asse che sarà completato con un altro dettaglio: dopo diversi lustri un pilota yankee calcherà le piste della massima serie. Parliamo di Logan Sargeant di Fort Lauderdale, Florida, ingaggiato dalla Williams in luogo del partenente – e deludente – Nicholas Latifi.
Quindi, ricapitolando, abbiamo proprietà, team, pilota e circuiti “born in USA”. Una nuova franchigia, leggasi Andretti/Cadillac, spinge alle porte della F1 e probabilmente verrà premiata nei suoi sforzi. Cosa manca per cementare ulteriormente il cambio del fulcro geografico della Formula Uno? Un motorista. E quale azienda più di Ford è sinonimo di Nuovo Continente? Dal campo delle ipotesi iniziamo ad entrare in una fase molto più concreta.
Come scritto in apertura, è Red Bull il fulcro di questo processo. Tutto parte dal mancato accordo con la Porsche. Quando i documenti erano praticamente firmati e diverse società che ratificavano il legame erano state registrate in alcuni Paesi, è arrivato il passo indietro: Milton Keynes aveva deciso di non cedere la sua indipendenza al colosso dell’automotive che chiedeva maggiori poteri decisionali. Ecco che Volkswagen era rimasta col cerino in mano dirottando tutte le forze su Audi che si è sposata con Sauber la quale concederà più margini di manovra – e un pacchetto azionario di minoranza – di quanti ne avrebbe offerti la scuderia creata da Dietrich Mateschitz.
Red Bull si trova con un reparto powetrains in pieno sviluppo ma senza delle reali capacità operative. Vero è che l’arco temporale è abbastanza dilatato, ma il 2026 è dietro l’angolo. La campagna di recruiting operata anche ai danni di Mercedes ha permesso di creare una prima intelaiatura che, probabilmente, non è ancora in grado di imbastire da zero un’unità motrice capace di competere con imepri come la succitata Audi, Mercedes, Renault e Ferrari. Per tal ragione i campioni del mondo in carica non si sono affrancati dai servigi della Honda che continua a produrre a Sakura i V6 che poi vengono assemblati nel sud dell’Inghilterra.
Honda, il cui disimpegno è più di facciata che formale, tanto che il suo logo è riapparso sulle fiancate della RB18 per restarci, potrebbe decidere di estendere la permanenza anche oltre il 2025. Il marchio asiatico vorrebbe proseguire da solo, stimolato dalle possibilità che offrono le nuove architetture motoristiche definite dal Consiglio Mondiale del Motorsport al quale continua a presenziare come motorista del futuro. Una sfida per una realtà che non vuole accontentarsi di vincere facile, nella piena aderenza all’etica del lavoro nipponica. Red Bull, a questo punto, rimarrebbe spiazzata. E visto che gli austriaci non usano farlo, stanno veleggiando con determinazione verso la Ford.
Se, come pare, il costruttore giapponese proseguirà da solo o si commiaterà dalla F1 allora Ford, col benestare dei Liberty Media, potrebbe rientrare in uno sport che, in passato, ha profondamente segnato col versatilissimo motore Cosworth DFV che ebbe una vita sbalorditivamente lunga visto che parliamo di tre lustri di gloriosa attività. Ma non solo. Bisogna anche ricordare che il primo titolo di Michael Schumacher, nel 1994, arrivò proprio grazie ad un propulsore dell’azienda del Michigan.
Un piccolo miracolo tecnico in un’era in cui imperversavano i più potenti V10 e V12. Ma la duttilità di quel gioiellino leggero ed elastico nell’erogazione, abbinato ad un telaio straordinario e alle doti di guida del Kaiser, contribuì a scrivere una pagina di storia che i vertici di Deaborn stanno seriamente pensando di rinverdire.
Red Bull, in tal senso, sarebbe un partner strategico perché ha un reparto powetrains in via di sviluppo e non chiederebbe altro che rimpinguarlo di tecnici, maestranze, competenze e risorse finanziarie. Inoltre, considerando l’approccio “soft” della Ford che ha mantenuto spesso una posizione più defilata, si creerebbe quel contesto che si adatterebbe alla brama di Milton Keynes di dirigere a modo suo le operazioni.
Le tessere del puzzle ci sono tutte, ora vanno solo sapientemente incastrate. Venerdì prossimo potrebbe quindi giungere la conferma definitiva di un accordo troppo chiacchierato per essere considerato immaginario. Ulteriori conferme giungono dall’olanda di Max Verstappen dove si dicono sicuri (a farlo è il De telegraaf, non una testata qualunque) che il 3 febbraio sarà il “Ford day“. Pochi giorni e capiremo se il matrimonio sarà consumato e soprattutto su quali basi sarà fondato. E da quel momento inizieremo ad interrogarci sul futuro della Honda.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Benetton, Oracle Red Bull Racing