Si può pensare di impegnarsi attivamente in F1 per campanilismo? Per mostrare al mondo intero di essere più forte del vicino di casa esternalizzando una lotta commerciale portandola su scala globale? A vedere cosa sta facendo Audi la risposta è affermativa. Chiaramente non è l’unica ragione per la quale la casa dei Quattro Cerchi ha deciso di abbracciare il Circus dei gran premi. Ci sono motivazioni grosse che investono diverse aree di interesse di un colosso automobilistico, dalla tecnica al ritorno commerciale.
E’ ovvio che quello sportivo sia un frangente più immateriale, meno misurabile, nel quale intervengono altri valori: orgoglio, rivalsa, voglia di mostrarsi più forte. Elementi che, combinati a quelli più pratici, muovono la volontà di un gruppo aziendale che intende primeggiare anche laddove si scontrano i primi della classe. I marchi più conosciuti, gli ingegneri più bravi e i piloti più forti e famosi. Una vetrina senza eguali a livello mondiale.
Audi lo sa e ha immediatamente buttato la cosa su una sfida intra-tedesca, andando prontamente a stuzzicare i rivali della Mercedes “rei” di non costruire i motori nella terra natia. “Siamo orgogliosi che ci sia di nuovo una casa con sede in Germania iscritta al campionato del mondo di F1“. Così aveva parlato Adam Baker, responsabile Audi, nel giorno in cui il gruppo di Ingolstadt annunciò, a fine agosto in quel di Spa Francorchamps, la discesa in campo.
Una frecciata ai rivali di Stoccarda che i motori li progettano, costruiscono ed assemblano in terra d’Albione, in quella Brixworth che era base operativa della Ilmor fondata da Mario Illien e Paul Morgan che è stata assorbita, compresa di attrezzature, competenze e maestranze, dalla Stella a Tre Punte.
Al di là delle provocazioni, il marchio sportivo della Volkswagen farà il suo cammino in Formula 1 evitando strappi e procedendo gradualmente. Ambizioni che vanno di pari passo al realismo, senza che un concetto soverchi l’altro. Audi, insomma, non vuole spaccare il mondo per evitare di rimanere essa stessa spezzata dalla pressione tecnica che la serie a ruote scoperte genera. L’obbiettivo è provare a centrare la prima fila nel 2029, ossia tre anni esatti dopo il debutto dell’asfalto.
Lo ha spiegato Adam Baker in una recente intervista concessa ai colleghi della Bild, autorevole quotidiano tedesco. “Lo sviluppo di un’unità ibrida di Formula 1 è una delle sfide più grandi che un ingegnere possa affrontare. Essere partiti la scorsa estate non appena le regole sono state ufficializzate è stato cruciale per noi“. Un anticipo sui tempi che non è sinonimo di vittoria automatica al primo giorno di scuola. Per ora, a Neuberg, dove sorge il comparto motori della casa tedesca, 240 addetti sono già in piena operatività mentre le strutture sono oggetti di ampliamento.
A differenza di Red Bull Powertrains (leggi la notizia), Audi è configurata come un nuovo costruttore. Il che sta a significare più ore di lavoro ai banchi dinamici e ben 25 milioni di dollari in più da investire in un triennio che gli altri dovranno passare a sfidarsi in pista e a progettare i nuov motori senza MGU-H. Vantaggi che potrebbero reverberarsi immediatamente sulle performance, al di là della calma predicata a gran voce da Baker.
pazienza che viene ribadita nel seguente passaggio: “Abbiamo annunciato la nostra partecipazione prima di qualsiasi altro costruttore negli ultimi decenni. Sappiamo e rispettiamo l’entità della sfida che ci attende. Faremo un buon lavoro per il 2026, non ho dubbi su questo. Nella prima stagione si tratterà di avere il massimo livello di affidabilità possibile. Poi vogliamo continuare a migliorare. Il nostro obiettivo è quello di essere in prima fila nel terzo anno e per questo abbiamo bisogno di un motore al top. Vogliamo dimostrare cosa rappresenta il Made in Germany: un motore affidabile al massimo livello“.
L’approccio imposto da Audi è l’opposto di quello che hanno mostrato Ferrari e Alpine nel 2022. Le due aziende hanno spinto forte sulle performance penalizzando l’affidabilità. Forse proprio questo esempio non proprio edificante ha convinto i vertici di Ingolstadt a mettere al centro dell’operazione la solidità che, tra l’altro, è un concetto tipico che si associa all’idea di propulsore tedesco. Sul frangente in oggetto, Mercedes, pur uscendo dal campionato scorso con una sola vittoria, ha vinto a mani basse con i suoi V6 che sono stati molto meno colpiti da défaillance tecniche rispetto agli omologhi.
Fondere solidità e prestazioni non sarà facile, ecco perché Baker continua a predicare calma allargando l’arco temporale della competitività fino al 2029. L’obiettivo dichiarato in un’altra intervista è quello di conquistare un mondiale prima della fine degli Anni Venti. Andreas Seidl e i suoi uomini lavoreranno proprio per soddisfare questo target.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Audi Sport, Mercedes AMG High Performance Powetrains