Formula 1

FIA/piloti: in F1 lo scontro è totale

Nel giro di pochi anni la FIA è passata dal concedere ai piloti la piena possibilità di esprimere le loro opinioni politiche, religiose e personali ad un ban quasi totale figlio di un procedere decisamente troppo restrittivo. Già sulle maglie recanti messaggi sull’attualità e circa le cerimonie di inginocchiamento c’era stato un drastico giro di vite imposto da Liberty Media che, di fatto, aveva svuotato di significato l’iniziativa “We race as one“.

Ora la Federazione Internazionale, prendendo forse iniziative non richieste dalla proprietà, è andata oltre. L’organo di governo ha suscitato diverse reazioni pruriginose ratificando le modifiche al Codice Sportivo Internazionale che prevedono la richiesta scritta per ottenere l’avallo sul manifestare pareri o deliberare commenti su materie che investono la sfera politica, religiosa e personale.

La mossa della FIA ha determinato un allontanamento sostanziale dalle precedenti prescrizioni che citavano esclusivamente atti politici o religiosi. Divieti che emergevano in quella parte di testo normativo relativo al blocco sulla pubblicità di qualsiasi cosa che avesse carattere politico o religioso o che potesse essere pregiudizievole per gli interessi della Federazione.

Viene da sé che il nuovo quadro abbia scatenato le reazioni irate dei piloti. Lewis Hamilton ha fatto sapere che andrà dritto per la sua strada. Lando Norris ha parlato di divieto liberticida e di regole da modificare subito. George Russell, in qualità di esponente di spicco della Grand Prix Driver Association, ha espresso pesanti critiche alla mossa federale.

Fernando Alonso, Esteban Ocon e Lewis Hamilton all’uscita da una riunione della GPDA

FIA: le regole imposte ai piloti di F1

La FIA, che ora si sente accerchiata per aver oggettivamente passato il segno, ha voluto creare una sorta di manuale applicativo del codice che deriva da quello imposto dal Comitato Olimpico Internazionale:

L’attenzione in qualsiasi competizione internazionale deve rimanere sul motorsport e sulle prestazioni di team e piloti. Lo sport non dovrebbe essere usato come piattaforma per la difesa individuale. Questo principio mira anche a impedire ai partecipanti di essere messi in una posizione in cui potrebbero essere costretti a prendere una posizione pubblica su una particolare questione nazionale o internazionale quando preferirebbero non farlo“.

Il vademecum federale non si ferma qua: i driver possono esprimere le loro opinioni su qualsiasi questione politica, religiosa o personale prima, durante o dopo un evento e possono farlo nel “proprio spazio”. Quali? I social media (e ci mancherebbe!), le interviste con i media accreditati e le conferenze stampa della FIA. Ma, in quest’ultimo caso, solo in “risposta alle domande dirette dei giornalisti accreditati“. Come dire: se non ti faccio la domanda inerente una data questione non hai diritto di esprimerti. La libertà d’espressione accartocciata e gettata con sprezzo nel bidone dei rifiuti.

Ma andiamo avanti perché non è finita qua: i conducenti non sono autorizzati a fare dichiarazioni sulle questioni in oggetto durante le attività in pista come la parata o durante le procedure pre o post-gara (podio), la sala di pre-podio o le foto di gruppo di inizio e fine stagione.

La provocazione di Sebastian Vettel per protestare contro il divieto di indossare anelli e altri oggetti durante le gare

Ma l’ente guidato da Mohammed Ben Sulayem, che per queste iniziative si è fatto un bel po’ di vuoto intorno, sa essere anche “magnanimo” e “concessivo”. I divieti di cui sopra possono essere “spezzati” se FIA concede ai piloti un’esenzione “in via eccezionale e caso per caso”. Domande che vanno presentate con almeno quattro settimane di anticipo, a meno che non si trovino in circostanze eccezionali. Voglio esprimere il dissenso per un fatto di cronaca recente e lo posso fare, se mi danno l’avallo, un mese dopo. Abominevole. Ridicolo. Inaccettabile.

Place de la Concorde non poteva far mancare la lista di cose che non si possono fare. Tra queste le dichiarazioni che facciano riferimento a qualsiasi persona politicamente associata o politicamente sensibile, viva o morta che sia. Ma anche allusioni a partiti politici, governi nazionali, movimenti separatisti, conflitti politici o militari o qualsiasi atto o evento politico specifico.

Per le dichiarazioni religiose, la FIA vieta i riferimenti ad un culto, pratica spirituale o qualsiasi cosa critica o ostile alle credenze religiose o spirituali altrui. Chiusure a cui corrispondono risibili aperture: “I gesti religiosi non di proselitismo, come indicare il cielo non devono essere considerati dichiarazioni religiose proibite“.

Questo, per sommi capi il quadro, chiaramente i commissari di gara debbono applicare delle sanzioni per le eventuali infrazioni. Che vanno da un rimprovero a una multa, ma che possono essere ben più pesanti: arretramento in griglia o una penalità di tempo. In ultima istanza potrebbero persino prevedere sospensioni o esclusioni dai gran premi. Manca la gogna, il pubblico ludibrio, la colonna infame e la lapidazione in piazza.

Mohamed Ben Sulayem, Presidente Federazione Internazionale dell’Automobile

FIA: piloti, team e F1 irritati

E’ quindi automatico che i piloti siano sul piede di guerra e che i team che, pur mantenendo un atteggiamento più defilato, stanno spingendo affinché la FIA ammorbidisca le sue posizioni dispotiche. Liberty Media è alla finestra ma ha chiesto, ed ottenuto, che Mohammed Ben Sulayem facesse un passo indietro delegando ad altre figure mansioni che lo portavano ad essere troppo presente in F1.

Ma gli americani non sono santi. Anzi, sono stati loro i primi ad esigere quella stretta che è stata il brodo di coltura dentro il quale la FIA ha potuto far germogliare il proprio delirio di onnipotenza. Aver depotenziato il “We race as one” è stato un autogol clamoroso soprattutto perché non c’è stato alcun intervento mentre a Parigi si mettevano bavagli e si costruivano muri mediatici.

Siamo così lentamente giunti all’assurdo: la Federazione che vuole piloti-bamboline da guidare. Entità “anespressive”, uomini senza ideali che debbono pilotare e basta. Una concezione retrograda che ahinoi, trova consensi in una buona fetta di tifoseria che evidentemente, in una atteggiamento pecorile, preferisce essere gestita passivamente piuttosto che lottare per le proprie idee. I conducenti devono potersi esprimere non in quanto personaggi influenti, ma come esseri umani con il sacrosanto diritto di parola e d’opinione.

La FIA, invece di lanciarsi in campagne assurde, pensi a fare le cose per bene fissando problemi atavici come direzioni gara non sempre efficaci, revisioni finanziarie che durano mesi e giungono a sentenze di compromesso e decisioni su penalità che impiegano troppo per essere definite e applicate. Per non parlare di una giurisprudenza ondivaga e mai coerente a se stessa. I valori dello sport si tutelano con eventi puliti e corretti da un punto di vista procedurale, non di certo vietando una maglia che reca un messaggio politico sano.


Autore: Diego Catalano – @diegocat1977

Foto: F1
, FIA

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Diego Catalano